Pedalando per il Popolo Saharawi

Storia di un viaggio di solidarietà in bicicletta
Ottobre 2010/Febbraio 2011
8000 Km

lunedì 29 novembre 2010

Buon cibo e belle persone

4 giorni a Jujuy... se me lo avessero detto non ci avrei creduto neppure io. Invece la casualità ha voluto portarmi in questa cittadina per tenermi più del tempo previsto. Dopo il confine i kilometri sono corsi via veloci e sono atterrato nel centro di una città “europea” in cerca di Calle San Martin 662 trovata come sempre con le indicazioni dei passanti. A quell'indirizzo c'è la sede del GVC, l'organizzazione che mi sta appoggiando tantissimo in questo viaggio. Il contatto è con Valentina che sta gestendo un progetto di sviluppo nella Puna (territorio vulcanico che si trova in altura) argentina sopra a Jujuy. Coordina un gruppo che mi accoglie come gli altri in Peru e Bolivia, cioè alla grandissima. Rafael, un ragazzo colombiano, mi porta a fare il giro degli organi di stampa. Si parlerà di Sahara Occidentale e del mio viaggio nel Tribuno e nel Pregòn, 2 giornali locali. Un paio di interviste alla TV chiudono le relazioni con la stampa che qui sembrano essere molto informali. La prima notte vengo ospitato da Rafael e dalla sua ragazza e per loro cucino una pasta con le zucchine, chiacchieriamo di Colombia e poi a letto. Il giorno seguente faccio in tempo a portare in lavanderia un po' di roba, prelevare finalmente denaro con la carta di credito (il PIN è giusto!!!!!), comprare un po' di cibo per il viaggio e una torta per festeggiare con tutto il GVC l'accoglienza ricevuta. Davvero grazie!!
Le casualità vanno colte ai avevo al volo e a volte bisogna lasciarsi trasportare, e allora ripesco il numero di cellulare che mi aveva lasciato Gustavo, il motociclista incontrato sulla strada verso Tupiza mentre imprecavo sulle calaminas, mi aveva detto “ma tu sei matto a venire fin qui in bici” e io gli avevo risposto “e tu invece sei normale che sei qui come me?” . Dopo aver chiacchierato e condiviso la passione per la bici mi aveva lasciato il suo numero raccomandandosi “quando passi per Jujuy chiamami!”. Infatti lo chiamo, è in città, in cinque minuti ce l'ho davanti in moto. “Ti propongo di mangiare insieme, ci facciamo un giro in bici e stasera andiamo in un posto al lago dove domani devo sbrigare un lavoro rapido”. Alè! Siamo già d'accordo, prendo le borse e lo seguo verso casa sua, 5 km fuori città, ci mangiamo un po' di formaggio con sciroppo di canna da zucchero che è una delizia. Ci raggiunge poi “il nano” (tutti hanno un soprannome) con cui si va a fare un giretto tranquillo in bici. La sorpresa è che Gustavo ha una Recumbent, un tipo di bicicletta con cui si pedala quasi da sdraiati e che me la fa usare. 25 Km in cui provo per la prima volta questo aggeggio e devo dire che mi è piaciuto parecchio, oltre che raggiunge comunque velocità che noon avrei mai pensato. Dopo una doccia andiamo all'appuntamento con l'agrimensore che viene con noi per il lavoro del giorno dopo. La punta è alle 18.30, ma non si vede nulla fino alle 19, quando appare il nostro uomo che con una sincerità disarmante dice che è stato a giocare a pallone e che in 10 minuti è pronto. Scende dopo 50.... Con un ritardo vergognoso partiamo e ci fermiamo a mangiare da “zapallo”, un amico gordo che si dichiara vegetariano tra lo stupore e soprattutto la tristezza degli altri 2. Mangiamo un po' di riso con verdure ma un poco di famina rimane. Qui si dice “me cago de hambre”, tanto che abbiamo le chiavi di una casetta in piena campagna per dormire, entriamo in cucina e non c'è quasi niente. Gustavo si guarda intorno e disperato sentenzia che “non c'è niente, solo un po' di pasta e del sale”, io lo guardo e domando “come mai un argentino non ci vede niente mentre un italiano pensa che non serva molto altro?”. Io ai fornelli, Gustavo a comprare da bere, in breve la pasta, con formaggio filante che mi era rimasto nello zaino, è servita. La compagnia è divertente. Gustavo ha 50 anni, è ingegnere, ha figli da 2 mogli da cui è separato ed è oltre che divertente, di una accoglienza strepitosa. La mattina seguente passiamo alla Finca di Santa Anita http://www.santaanita.com.ar/ che è gestita da un altro amico di Gustavo che viene con noi. Non prima di una sostanziosa colazione in questo agriturismo, presidio di Slow Food, a base di formaggio di capra, biscotti marmellate fatte in casa, mate e caffè.
Il lavoro da fare nelle intenzioni sarebbe dovuto durare tipo un paio d'ore. In realtà l'appezzamento che raggiungiamo è molto più grande delle attese e il lavoro si protrarrà tutto il giorno. Al centro del terreno c'è la villa che si affaccio sul lago. Un saluto, 2 chiacchiere con il padrone, e mi ritrovo all'interno mentre mi offre un vino rosso locale con un po' di formaggio. Nel frattempo arriva la figlia con un amica e, sempre mentre gli altri lavorano, io mi siedo a tavola a pranzare e a parlare del mio viaggio e soprattutto di Italia e dei trascorsi del padrone di casa nel nostro Paese, arrivando perfino a parlare di Castelvetro... La giornata è calda e che fare?!?! Un bagnetto in piscina mentre si beve un poco di mate sembra essere una ottima idea. Le 2 ragazze e la vista sul lago sono un piacere per i miei occhi. Un paio di orette e poi verso le 17 ci facciamo un te con biscotti, formaggio e altre cosine buone. Leggo un po' un libro su come si fa un buon vino quando arrivano gli altri che finalmente hanno terminato il lavoro. Birretta e poi via verso la Finca. Gustavo è troppo stanco per tornare a casa e quindi dormiamo li. La cena è spettacolare, all'aperto con cibo sano e con un tetto pieno di stelle. Arriva un punto in cui si spegne la luce, arriva una chitarra e comincia la magia di un piccolo concertino improvvisato con musica tipica in cui ognuno canta quello che conosce. La temperatura è da maiche corte e il cielo è da paura, fantastico.
Questa mattina ci svegliamo con un cielo nuvoloso e torniamo verso Jujuy dove mi attende un pranzo con la famiglia del fratello di Gustavo. Empanadas di formaggio, contorni vari e un ottimo cabernet sauvignon.. la differenza con la Bolivia in questo momento è abissale. La famiglia è riunita questa domenica e sta guardando l'utlima gara di Turismo Carretera, una roba argentina tipo la Formula 1. Si chiacchiera, si ride e si scherza. In questo Paese la carne è sacra e il vegetariano merce rara, ma l'argomento viene affrontato con un rispetto che in Italia ho smesso di aspettarmi, e devo dire che mi fa piacere. L'ospitalità viene davvero prima di tutto. Una volta ritornati a casa Gustavo crolla mentre io sfrutto la sua connessione rapida per scaricarmi un po' di musica nuova. Alle 21 usciamo e andiamo a mangiare una pizza innaffiata da ottima birra nera a casa della sua compagna. Ora sono quasi le 2 di notte e sono sul letto pensando a quanto sono fortunato a trovarmi qui e ad avere conosciuto tante belle persone, ma come mi capita spesso di dire “E' stato bello, ma come tutte le cose belle, prima o poi finiscono perchè ne cominciano delle altre”, e domani il mio destino si chiama Salta.

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Articolo del 29/11/2010 sul Pregòn de San Salvador de Jujuy (Argentina)
















Intervista a Canal 2 a Jujuy


A spasso con la Recumbent

mercoledì 24 novembre 2010

Bienvenido a la Republica de Argentina

“Terribile” è la parola più adatta per definire la strada (eufemismo) che ho percorso nei 2 giorni successivi al Salar. Avevo deciso di rimanere un giorno ad Uyuni, poi è mancato il feeling con la città e me ne sono andato il giorno dopo conscio delle difficolta' che avrei incontrato e pronto a dormire un paio di notti in tenda. Sebastian, che aveva già fatto lo stesso percorso in direzione opposta, mi aveva consigliato di prendere un treno, e addirittura un camionista a metà del primo giorno mi aveva offerto un passaggio. Ma non esiste, quindi sono partito e subito mi sono trovato tra pietre, calaminas continue e soprattutto sabbia, che mi ha portato a cadere un po' di volte. Dopo una di queste la macchina fotografica ha smesso di funzionare... evvai! La strada è durissima ma tengo duro e alla fine della giornata dopo 10 ore sui pedali arrivo ad Atocha dove mi lavo, ingoio un paio di panini e crollo dal sonno. Il giorno dopo alle 7 sono in sella e la strada è ancora peggiore, se possibile, di quella del giorno prima, perchè si aggiunge un continuo su e giu' e soprattutto devo pedalare tra 4000 e 4200 mt per una trentina di kilometri, e non sono piu' abituato, le gambe faticano, chiedono continuamente una pausa e a un certo punto del giorno rinuncio a stare sui pedali in salita. Scendo e spingo, poi provo a recuperare in discesa, ma le calaminas mi obbligano a frenare.. azz!! Quando ormai sono convinto che dormirò in tenda e mi comincio a guardare intorno per cercare un posto adatto, piano e al riparo dal vento, inizia la discesa verso Tupiza. In breve macino 20 kilometri e mi ritrovo vicino al fiume con 22 km di distanza da Tupiza la città “chimera”. Senza conoscere la distanza, la domando ad una ragazza che vende bibite e dolcetti. “Sei in bicicletta?” “Si” rispondo io “Allora sono 3 ore”. Anche in Peru l'abitudine è di misurare la distanza in ore e per un relativista come me non c'è di meglio. Per come siamo abituati, tra Modena e Bologna ci sono circa 35 km e ci sono sempre stati. Ad esempio tra Puno e Cusco la distanza in km è sempre la stessa da decenni, ma per i peruviani è cambiata moltissimo. 30 anni fa era di 2 giorni e mezzo mentre adesso è di 6 ore dopo l'asfaltatura della strada. Tutto è relativo!
Tornando però alla ragazza, quando mi dice che sono 3 ore, la guardo e penso “si brava, per un ciclista boliviano saranno 3 ore, ma mi hai visto?!??!” e invece le dico “Si ma mi sai dire quanti km sono?” “22” mi risponde, e tra me e me sghignazzo pensando che 22 km in 3 ore li faccio in corsetta (è arrivato il fenomeno!!) Il tratto di strada costeggia il fiume e ripropone il paesaggio del giorno prima, sembra di essere immersi nel far west, con guglie e canyon da cui ti aspetti che spunti il naso di Will coyote mentre risale dopo l'ennesima caduta. Sono 22 km di calaminas che chiudo in 1 ora e mezzo arrivando a Tupiza con una grande soddisfazione dentro, conscio di aver superato alla grande 210 tra i km piu' difficili del viaggio. La conta dei danni oltre alla macchina fotografica vede un rumore nuovo (comunque poco preoccupante del PC) e una borsa rotta che ho riparato immediatamente. Alla sera incontro di nuovo i 2 motociclisti argentini che avevo incontrato il giorno precedente e insieme andiamo a mangiare qualcosa in giro. Qui èpieno di pizzerie dove servono pizza e pasta. Di italiani neppure l'ombra. Alla fine io “sono già mangiato” e vado con loro in un messicano. Anche loro hanno dovuto fare la conta dei danni nonostante abbiamo 2 moto da fuoristrada. Portapacchi e portadocumenti rotti e un danno sotto a una delle 2 moto... Giusto per dire quanto pessima fosse la carradona. La mattina dopo ci salutiamo dopo un sempre ottimo Api e pastel, ma quando sarò a Jujuy li chiamo che ci torniamo a beccare che così Gustavo mi fa provare la bici con cui si pedala sdraiati... La strada fino al confine è per ¾ asfaltata ma le continue deviazioni per i lavori in corso, che ti rimandano su calaminas e su salite sterrate, mi sfiancano. Al confine decido di rimanere dalla parte boliviana perchè piu' economica e poi ho la possibilita' di comprare una nuova macchina fotografica; di aggiustare le mia chissà quando troverò un posto...
Al mercato, smanettone come sono, compro un cacciavite piccolo, smonto la macchina e provo a pistolarci, ma naturalmente non ci cavo nulla. Vado a letto, in un buco di camera di un posto gestito da padroni che prenderei a calci nel c... (trasero) con l'idea di svegliarmi l'indomani e andare a comprare una fotocamera che ho visto a circa 90 euri. Mentre guardo la TV pistolo con la acchina e appena l'accendo , anche se a fatica, parte e pare funzionare. Ho paura di ripetere la prova, ma tento e tutto funziona. Ancora una volta, poi un'altra e alla fine sembra essere guarita. Alè! Grande notizia mi allieta la dormita e stamattina parto tronfio e dritto verso la frontiera, cambio gli ultimi bolivianos in pesos argentini e mi metto in coda lasciando Bomba sotto la vista della polizia argentina. 90 giorni in Argentina stampati sul passaporto. “E se esco per entrare in Cile e poi rientro” “Ti diamo altr 90 giorni”. Tutto perfetto, come la strada che corre verso sud, piana, asfaltata e rapidamente mi porta a coprire gli 80 km che separano La Quiaca da Abra Pampa dove mi trovo ora. Lascio la Bolivia, di cui ricorderò soprattutto il meraviglioso Salar con il auo tramonto e la notte dormita all'interno, la pedalata a fianco del vulcano Tunupa, la solidarietà dei camionisti che mi hanno sempre salutato con il clacson, con i fanali o con una mano. Porterò con me anche quello che non mi è piaciuto, ovveroi la tendenza a fregarti con i soldi, l'eccesso che c'è nel bere, l'allergia al lavoro, la mancanza di amnutenzione di case e alojamientos specie quando si tratetrebbe solo di togliere da sotto il mio letto una bottiglia, un pallone e due dita di polvere.
Ad ogni modo come tutto ciò che ci succede, anche la Bolivia finisce nel passato e ci obbliga (ed è il suo bello) ad occuparci solo del presente e del futuro. E per me il futuro è rappresentato da 5121 km di Argentina da percorrere. Il passaggio di questo confine rappresenta un cambio che lascia il segno. Tra Peru e Bolivia non si avverte. Tra i 2 Paesi si comprende che c'è rivalità e ognuno mi direbbe che sono diversissimi, ma grossolanamente cambiano solo le forme dei cappelli delle donne :-) Ho percorso solo 80 km in Argentina ma già le differenze sono sostanziali. Di qua è tutto più pulito, ci sono utilitarie che sfrecciano sull'asfalto e soprattutto nessuno suona il clacson!!!, per fortuna ai bordi della strada i contadini rispondono volentieri con un saluto a un tuo cenno della mano. E poi la birra che finalmente comincia ad avere il sapore giusto. Da domani inizia una nuova fase del viaggio, sia perchè mi lancerò alla scoperta di un Paese vastissimo, sia perchè comincerò a perdere quota. Smetterò di pedalare SULLE Ande per pedalarci A FIANCO. Ora sto a 3500 mt, quota abituale da quando sono partito, e nei prossimi giorni scenderò sotto i 2000, verso i 1000 e sarò affiancato nel mio viaggio da montagne innevate. Pioverà più spesso di quello che ha fatto finora (quasi mai per la verità) e forse sarà meno secco. Il clima secco dell'ultima parte del Peru e di tutta la Bolivia mi ha fato bruciare le narici, inaridire le labbra e deglutire in continuazione.


Prima di partire avevo deciso di non portarmi l'MP3. Poi ho pensato che l'avrei potuto utilizzare per registrare alcuni pensieri “filosofici” che saltavano fuori durante le pedalate. Ha preferito ascoltare il mondo intorno a me, ma qualche volta, quando il panorama era noioso, non c'erano persone da salutare, c'era molto traffico, mi sono messo gli auricolari e ora ho legato aluni momenti del viaggio ad alcune canzoni.
Qui sotto, per questa prima parte del viaggio le canzoni e i contesti a cui le sento legate, mi faranno rivivere bellissimi ricordi quando le riascoltero', come mi succede per ogni viaggio.


Full disclosure – Fugazi
Salita verso Pampas – Una delle prime durissime salite peruviane in cui mi sono ritrovato a spingere per ore, questo pezzo mi ha fatto cantare nel momento della difficoltà.

Panic – Smiths
Verso Cusco – Sono carico perchè mi sto avvicinando a una delle città che più mi attirano (proveranno a rubarmi la bici..) e il ritmo di Panic mi fa cantare all'unisono con la mia pedalata.

Starálfur – Sigur Ròs
Attorno al lago Titicaca in Peru – Il lago a sinistra, poca gente in giro, è ancora presto e questa canzone dolcissima mi ha accompagnato regalandomi brividi come poche sanno fare.

Malibu gas station – Sonic youth
Sulle montagne dopo Copacabana – In cima, scorgo le prime cime innevate e il ritmo della pedalata è continuo, non faticoso, ci sono solo io a 4000 mt gustandomi il panorama.

New directions – Gorilla Biscuits
Salita da La Paz a El Alto – Mattina presto, autopista trafficata, gente indaffarata a trovare un passaggio per il lavoro. Questo pezzo mi carica per portarmi in alto, e in più per la verità mi emoziona perchè mi riporta ai miei 20 anni, a ripensarci e a vedere dove mi trovo ora. Una fantastica chiusura del cerchio.

Il circuito affascinante – Moltheni
Arrivo a Challapata – Mi avvicino al Salar, la strada è asfaltata e corre lenta e noiosa e questo pezzo
mi aiuta a continuare sorridendo. Bucherò su un mattone...

I luoghi affascinanti vanno ascoltati, specie il silenzio del Salar di cui non conservo un ricordo musicale ma l'assenza di ogni rumore, il perfetto silenzio.

giovedì 18 novembre 2010

Salar!!!!!

Finalmente è finito l'asfalto!! Non è che sono impazzito, ma la fine del bitume porta con sé la durezza del pedalare quotidiano ma dall'altra parte si apre ad un panorama favoloso. Lasciando Oruro ho preso la decisione di cambiare i pesi della bicicletta e di aumentare quello nelle borse davanti, su consiglio di Obes, in maniera da alleggerire dietro in previsione dei salti continui a cui sarà sottoposta la bici con le calaminas. Sono praticamente speedbrakers naturali, ravvicinati e continui che rendono in alcuni tratti impossibile pedalare. Dopo circa 60 Km assaporo la gioia della prima bucata! Ma non è un buco qualsiasi, monto su un mattone, di quelli che cadono dai camion e che il vento e le auto portano sul ciglio della strada, proprio dove corro io. Si apre uno squarcio nel copertone posteriore. La cemara d'aria è riparata, mentre il copertone lo sostituisco con quello di scorta e riparto fino a raggiungere velocemente Challapata. Il giorno seguente è da annoverarsi tra i belli del viaggio, specie dopo la fine dell'asfalto. Parto con l'idea di percorrere almeno 80 km e di dormire in tenda. Ho acqua e cibo a sufficienza, e non ho altro da chiedere se non gustarmi quello che i 5 sensi mi offriranno. Pedalo in mezzo a migliaia di lama e vigogne che compaiono continuamente. Il vento è presente ma accettabile e forma dei turbini che vorrebbero assomigliare a piccoli tornado di sabbia. Arrivo alla grande dopo molti saliscendi a qualche km da Tambo Tambillo e decido di meritarmi, dopo 92 Km un bel “refresco”. Ma dov'è il portafoglio?!??!?! Penso e ripenso a dove potrebbe essere e decido di tornare indietro fino all'ultimo punto in cui mi sono fermato a mangiare, 5-6 saliscendi fa. Nel tragitto mi dico che alla peggio perdo poco denaro (i pezzi grossi li tengo divisi dentro le borse) una carta di credito e soprattutto la patente. Ma dopo aver ritrovato la bici, il perno del portapacchi di dietro in Peru, vuoi che non ritrovo anche il portafoglio? Fortuna e determinazione mi ridanno il tutto che era scivolato dalla tasca della giacca quando mi ero seduto su un'altura. Con un sorriso a 100 denti ritorno a ripercorrere per la terza volta gli stessi 6 Km ma il regalo in arrivo è una bella tempesta di sabbia che rende a volte impossibile camminare (il vento è perfettamente contrario) e a volte anche solo vedere a 50 metri. Arrivo dopo tanta spinta al pueblito in cui mi ero fermato ma tutto è chiuso, il tempo fuori ha costretto in casa tutti, ma non un professore di scuola a cui mi avvicino con gli occhi semichiusi per riparami dalla sabbia. “Desculpe, puedo poner la carpa aqui acerca de la escuela?” “Claro, puedes ponerla aqui afuera que hay poco viento”. E' fatta!, rimango solo e trovo un posto alternativo. E' una casupola che funge da cucina per la scuola. Lo spazio dentro è perfetto per farci stare bicicletta e tenda e il forno è un ripiano perfetto per il fornello. Le operazioni di montaggio e cucina vengono osservate da una scolaretta che si era dimenticata il quaderno a scuola che si ritrova una curiosa novità davanti agli occhi. Prima che sia buio, è pronta la mia zuppa di vermicelli in cui immergo una empanada di formaggio, delizia! Completo la cena con una polpetta di mais con ripieno di riso e verdure ed una mela, poi metto in ordine e mi infilo nel sacco a pelo. Questa mattina la temperatura in tenda è di 3° e mi vesto al calduccio del sacco, esco con un bel sorriso e con calma smonto la tenda e preparo la bici. Mi aspettano “solo” 50 Km, i peggiori di questo viaggio boliviano. Stanno rifacendo la strada e molti tratti sono pietrosi, con calaminas onnipresenti. La bici sobbalza continuamente e la velocità diminuisce. Al lato della strada ci sono altre sterrate che si sono formate con il passaggio di auto e camion alal ricerca di alternative più praticabili. Quando riesco le imbocco, ma spesso finisco in mezzo alla sabbia, e spingere è faticoso sul serio. Dopo un'infinità di saliscendi e aver terminato l'acqua giungo a Salinas, meta di giornata, mi trovo da dormire, una doccia, pulisco gli ingranaggi della bici e faccio provviste in attesa della tappa più attesa. E ieri è sttato il giorno fatidico. Ho dormito poco perchè il pensiero andava sempre al Salar, alle tante volte che ho sognato di calpestare quei metri di sale. I primi 30 km sono un incanto. Viaggio da solo, intorno a me il nulla, davanti il vulcano Tunupa. Gli giro attorno, so che il Salar si trova ietro al vulcano ma la certezza della strda non l'ho mai. Mi fermo in un villaggetto in cui una signora un po' sorda mi conferma che la direzione è giusta. Comincio a salire spingendo sui pedali nei molti tratti di sabbia. Sono carico, non vedo l'ora di cominciare a vedere bianco. Il sentiero sin inerpica e mi trovo in uno scenario da mountain bike sul nostro appennino, solo con la bici carica. Ad una scuola di un villaggio sperduto mi fermo di nuovo a chiedere e vengo subito accerchiato da bimbi curiosi. Il maestro mi spiega per filo e per segno le possibilità che ho di visitare i luoghi a lui conosciuti, ed alla fine mi indica la strada da seguire. Con concitazione proseguo la salita fino a che non scorgo una linea bianca. Nuvole? Ma che nuvole, ci siamo. Mi si bagnano gli occhi, l'emozione è forte e mi si stampa sulla faccia un sorriso che non mi caverò più per tutto il giorno. Scendo a palla nel paesino a valle che attrverso in un attimo dirigendomi verso una striscia di terra che si immerge nel salar. Le piste si biforcano ma la mia è senz'altro quella dritta. Mangio una mela, inforco Bomba e mi lancio nella più bella incredibile pedalata della mia vita. Il Salar de Uyuni (o di Tunupa) è di un bianco accecante che si perde all'orizzonte, Intorno a me solo sale che si modella a formare esagoni. Impiego 2 ore per arrivare all'Isola di Incahuasi senza mai incrociare una macchina. Io e basta e mi sembra un sogno. All'Isola arrivano di continuo jeep da Uyuni piene di turisti che si cimentano in foto acrobatiche o in composizioni sfruttando la profondità del panorama. Come unico ciclista provoco la curiosità di un po' di gente che mi saluta, viene a fare 2 chiacchiere per sapere da dove vengo, che giro sto facendo, e stupendosi ad ogni risposta. Non essere vincolato a tour o a orari mi dà quella libertà di cui vado in cerca. Avrei voluto dormire in tenda, ma il ale è troppo duro e non ho nulla da mettere sotto la tenda che quindi ho paura si taglierebbe in piu' punti, e mi serve ancora parecchio. Mi faccio dare le chiavi del rifugio che ha una vetrata che spazia sul Salar, mi cambio e mi concedo una birra mentre osservo l'isola svuotarsi. Rimango solo io e qualche abitante del luogo che l'indomani riprnderà a vendere cibo e biglietti di ingresso all'isola. Unico inquilino mi faccio una passeggiata al tramonto sfidando un vento fortissimo che in questi giorni è sempre presente nel pomeriggio. Niente luce nel rifugio, mi godo dalla vetrata un cielo stellato illuminato da una luna quasi piena.


Stamattina alle 6 cominciano ad arrivare i primi turisti, io mi preparo e quando sto per partire... “gli occhiali?!? Porc!” Torno tra i cactus ma niente, forse mi sono caduti ieri sera, poco male, devo solo farmi qualche ora sul Salar con il sole che picchia da sopra e da sotto per riflesso... Mi incremo per bene, mi copro ogni parte del corpo e per ovviare alla mancanza degli occhiali creo una specie di berretto sotto al cappuccio della giacca. La pista è moto più scorervole di ieri e la velocità si mantiene sui 30 Km/h. Lo spettacolo è quello di ieri, ma tutto molto più aceccante :-) Alcune jeep si fermano per farmi una foto, un ragazzo corre per riuscire a farmi uno scatto anche lui, un gruppo di ragazze all'hotel de sal (fatto tutto di sale in mezzo al Salar) sono “impressed” quando dico loro che vengo da Lima. Insomma l'uomo in calzamaglia attira l'attenzione! Esco dal Salar con una scorciatoia consigliatami da una guida e di nuovo sabbia e calaminas che mi accompagneranno con continuità sicuramente fino alla fine del tragitto boliviano. Uyuni proprio non mi piace. L'idea era di fermarmi un giorno ma la sensazione non è quella giusta e domani si va. Sono stato al mercato a fare un po' di compere alimentari per rendermi indipendente per almeno un paio di giorni. Mi lascerò dunque alle spalle il Salar, un luogo che rimarrà scolpito nella mente per il resto della mia vita, soprattutto per come l'ho vissuto.

Per le foto cliccate a destra sulle foto. L'album e' Salar!!!!


Qua sotto un video di una pedalatina sul Salar...

domenica 14 novembre 2010

Arrivo ad Oruro e gitarella a Cochabamba

A La Paz la notiziona e' che per uscire dalla citta' che si trova in una buca, devo di nuovo risalire a El Alto, quindi di primo mattino, con il fresco, mi metto in sella e comincio a pedalare su questa stradona in cui i mezzi sfrecciano e le persone sbucano da ogni dove per prendere un autobus. Una volta domata anche questa salita la strada si fa bella pianeggiante, sull'altopiano a 3700 mt , un po' su e un po' giu' ma bello liscio fino alla mia meta di giornata, Patacamaya. Solo una tappa intermedia verso Oruro che raggiungo il giorno dopo. In strada faccio anche 2 incontri con altri biciclisti, Victor e Marie una coppia francese che ha un progetto legato al microcredito (http://www.cyclocredit.com/) e Sebastian Diaz un argentino che mi ha fatto assaporare l'accento che fra qualche settimana mi accompagnera' fino alla fine del mio viaggio. Sto pedalando bene, il sorriso non mi manca e decido di mettere a riposo Bomba e di andare a trovare la famiglia Restelli a Cochabamba. La cognata di Alberto abita qui ad Oruro e mi fa il favore di tenermi la bicicletta, cosi' che mi infilo su un bus e in 4 ore sono a CBBA (cosi' viene abbreviato il nome della citta') dove incontro subito Daniele. Lui e sua moglie Elisa (http://www.iltarloboliviano.it/), che e' fisioterapista, sono in Bolivia da Gennaio 2010 e contano di restarci fino alla meta' del 2012 in una missione della diocesi di Bergamo. Elisa si occupa di fisioterapia sia in alcuni centri che a casa delle persone, alcune delle quali ho potuto conoscere ieri pomeriggio. Daniele lavora con i detenuti che ora stanno producendo biglietti natalizi gia' "ordinati" dall'Italia. Hanno poi in piedi il progetto di costruzione di un laboratorio per la produzione di carrozzine per disabili e la consegente formazione di personale locale che poi se ne occupi direttamente. La famiglia Restelli e' completata da Alessandro ed Irene, 2 bimbi felici che stanno sperimentando la diversita' e l'integrazione culturale. Crescere in un contesto "meno viziato" come e' sicuramente quello boliviano li arricchira' tanto come penso stia facendo con i loro genitori, premiandoli per la bella scelta che hanno fatto di trasferirsi per un tratto di vita in Bolivia. Davvero una bella famigliola a cui auguro un bell'avvenire.
A me invece il futuro riserva il tanto ambito Salar de Uyuni , una delle mete piu' attese del viaggio, che conto di raggiungere e attraversare nei prossimi 5-6 giorni lasciando l'asfalto per tornare allo sterratone che mi accompagnera' per un bel po'.
Non vedo l'ora di avere qualche metro di sale sotto le ruote!!!

Clicca sulla foto qui sotto per vederle tutte

mercoledì 10 novembre 2010

Bolivia!

E la prima frontiera è andata! L'emozione di avvicinarsi alla fine della prima parte di questo fantastico viaggio. Mi piace pensarlo diviso in 4 parti: Il Peru' con la sua cultura e le sue tradizioni, la Bolivia con la natura nella sua espresione più grandiosa, il nord dell'Argentina con le sue distese sconfinate e naturalmente la Patagonia che nel mio immaginario non ha bisogno di aggettivi. Al controllo boliviano quando mi chiedono quanto voglio restare faccio "se mi dai 60 giorni li prendo" e la risposta è stata un bel timbro sul passaporto. La notte arrivo a Copacabana, questo posto costruito per i turisti che una volta magari viveva di pesca e oggi vede pullman carichi di dollari arrivare in continuazione. Il mattino dopo parto presto con l'intenzione di farmi i "miei" 70 kilometri. I primi 40 kilometri sono di montagna e mi regalano i primi scorci su montagne innevate che mi bagnano gli occhi. In mezzo attraverso lo stretto di Tiquina. Io e Bomba saliamo su un affare di legno e una signora che sta su una macchina si fa il segno della croe poi si gir verso di me, mi indica in basso da dove filtra un po' d'acqua e mi dice di dire qualcosa al guidatore. "Ma va là sgnoura!". Dopo 70 kilometri mi fermo in un posto dove non c'è nulla per dormire. E' mezzogiorno, la strada ha un asfalto particolarmente liscio, mi dicono che non pioverà... che faccio? Via a pedalare con buona media e in 3 ore mi accoglie El Alto, il quartiere-città che sorveglia dall'alto la capitale. Dopo uno slalom di 40 minuti in questa zona popolare arrivo al desvio per La Paz L'emozione anche in questo caso è grande, vedere la città li, immensa, che ti appare di colpo.. Mi fiondo in un downhill di 400 metri su asfalto che mi spara dritto in centro dove mi trovo un qualunque albergo e contatto subito Alberto di GVC per sapere se hanno qualcosa in pentola per me. Il giorno dopo i ragazzi di GVC mi riservano un'accoglienza fantastica, di quelle che sei già amico di tutti dopo 10 minuti. Alberto in pochissimo tempo mi ha organizzato insieme agli altri 3 interviste con TV nazionali e locali e una radio. Mi "danno" un tecnico che mi aggiusta il PC che era andato in crash e mi stanno vicino per qualunque problema abbia. Davvero garzie ragazzi!
Il livello delle TV questa volta è stato molto alto anche perchè mi trovo nella capitale, e di questo devo ringraziare Gianfranco di Abancay che mi ha fornito il contatto. E' stata l'occasione per parlare di Sahara Occidentale, della sua storia, per creare curiosità ed interesse verso questo popolo. Per parlare degli ultimi gravi accadimenti di El Ayoun di cui qui non arriva nulla e ho trovato l'interesse dei conduttori. Mi sono poi anche divertito a vedermi nello studio con la divisa ufficiale del viaggio. Per chi non lo sapesse è la maglietta da ciclista di Fisioterapisti senza Frontiere (unica copia!!!!!), e il suo giallo accende l'allegria.

Questi 2 giorni sono stati molto intensi per me e per Franco Barron Quiroga, il ragazzo che mi sta aiutando nelle riprese video e nella realizzazione di un filmato professionale che è per me uno splendido regalo. Ieri notte siamo andati a letto all'una e questa mattina la prima intervista era alle 7 alla sede della TV, quindi necessità di un po' di riposo. E invece vengo svegliato alle 5 da rumori provenienti da un altra camera nel mio piano. Urla, mobili spostati, porte sbattute, gente che corre per le scale... fino a un vetro in frantumi. Ormai svegliato mi preparo e quando scendo per andarmene all'intervista c'è un tipo cubano placcato da 3 uomini dell'albergo che tenta di recuperare la valigia che la moglie aveva lanciato contro la finestra distruggendola. Dopo una colluttazione avvenuta mentre io montavo le borse, riesce ad andarsene con la valigia, ma il genio lascia il suo passaporto. Vorrà dire che tenterò di riposare stasera, anche perchè dopo 2 giorni e mezzo che sono fermo ho una gran voglia di rimettermi sui pedali.

giovedì 4 novembre 2010

Persone verso l'altopiano

A chiunque passasse per Cusco, consiglio di andare a trovare Vittoria che riserva un'accoglienza "alla buona", di quelle da farti sentire a casa dopo 5 minuti. Soldi spesi bene quelli nel suo albergo, ad aiutare il progetto CAITH (Centro di appoggio integrale per le lavoratrici domestiche). Mentre ero li ho conosciuto anche Bridgette una terapista comportamentale canadese che lavora in tutto il mondo (Kuwait, Bangladesh, Monaco, Canada, Arabia Saudita...) nella cura dell'autismo. Incontro molto interessante, sia per la modalità di lavoro che la porta a essere chiamata un po' da ogni parte del pianeta, e poi per la passione con cui raccontava ad esempio dell'ottima impressione che le aveva lasciato una collega di Lima di cui aveva osservato il lavoro nelle settimane precedenti. Se passa dalle mie parti ha già i riferimenti di AXIA, se vuole venire a vedere cosa facciamo noi. Il giorno di riposo a Cusco l'ho passato andando in visita a Moray, un sito Inca a qualche decina di Km da Cusco. Diciamo che mi sono piaciute di più le saline e la bella passeggiata a piedi per arrivarci. Poi dopo 20 giorni avevo voglia di salire sui bus locali.
Prima di partire decido che è ora di rendere meno austera e più simpatica Bomba e varo uno storico cambio di look...
Dopo un giorno di stop le gambe già fremevano e da Cusco al passo La Raya (4300 mt.) è stata una dolce salita che mi ha portato sull'altopiano a 3900 mt. Qui cambia tutto, la strada diventa un rettilineo infinito che segue le sinuosità della montagna La velocità aumenta e anche i kilometri percorsi. Mi muovo sulla mappa come una scheggia, a differenza delle centinaia di kilometri macinati su e giù per le montagne che si traducevano in pochi cm sulla mappa. Cambia il tempo, che qui sull'altopiano è terso, senza una nuvola, con un sole cocente ed un aria fresca che mitiga la cottura. Si pedala ben coperti, specie alla mattina quando la temperatura si aggira attorno ai 10°C.
Pedalando sull'altopiano il 2 di Novembre trovo cimiteri affollati. La cerimonia qui è del tutto particolare. Le famiglie si riuniscono sulla tomba del defunto e la coprono con tutto quello che a lui piaceva quando era in vita. Poi si fermano a mangiare e bere insieme nel ricordo di chi noon c'è più.
Ieri mentre pedalavo di buona lena, a Juliaca un signore mi dice "el tu amigo està adelante"... Capisco subito che davanti a me ci deve essere un altro ciclista e aumento la frequenza. Lo vedo in lontananza ma pedala alla grande, tanto che lo raggiungo dopo una decina di kilometri. E' Matt Kelly (www.pedalpanam.com) che, partito dall'Alaska ha un itinerario un po' ingarbugliato a causa dell'arrivo di un amico in Sudamerica e dell'organizzazione dell'incontro che non è esattamente sulla sua rotta.
All'ultima salita verso Puno, lo vedo sparire davanti a me. Con già 130 Km nelle gambe non ce la faccio a stargli dietro, poi la ruota posteriore sfrega e va regolata, quindi stancamente arrivo in fondo alla salita e piombo su una festante Puno che celebra il 4 di Novembre l'anniversario della fondazione della città. Mi trovo un bell'alberghetto con la connessione wi-fi per riposarmi un giorno. Ieri sera mi sono trovato il consueto ristorante vegetariano per una mangiatina e poi ho assistito alla sfilata dei diversi gruppi folkloristici in città. Oggi invece mi sono svegliato all'alba e dopo colazione ho portato Bomba dal dottore. E' stato un mago nel centrarmi la ruota posteriore attarverso un lento lavoro di regolazione dei raggi. Aveva una pompa che in qualche modo abbiamo regolato perchè funzionasse sulle mie camere d'aria, e poi colpo di magia, ha costruito da un vecchio "coprolino" di una camera d'aria, un adattatore per le mie camer in maniera che ora posso gonfiare le ruote ad ogni distributore!!!!!
Me ne sono tornato tutto tronfio all'albergo e sono ripartito per il porto per vedere di andare a farmi un giro in barca. Sono andato a visitare le isole galleggianti di Uros, costruite con una tecnica ingegnosa con le radici e la pianta di totora.
Domani si parte in direzione Bolivia, mancano solo 140 Km all'uscita dal Peru, che tanto mi sta dando.
Nel frattempo dopo le interviste di Abancay (qui sotto c'è la prima che ho fatto), è uscito un
articolo su "un ciclista italiano :-)" sul quotidiano di Cusco