Pedalando per il Popolo Saharawi

Storia di un viaggio di solidarietà in bicicletta
Ottobre 2010/Febbraio 2011
8000 Km

lunedì 31 gennaio 2011

Selvaggio Cile

Non credo si possa diventare specialisti del ripio, ma a volte mi trovo a disquisire tra me e me sulla qualita' delle calaminas, sulla profondita' delle buche, sulle pietre e la continua presenza della sabbia. La minima pendenza gia- richiede uno sforzo, con la ruota dietro che slitta ogni volta che mi alzo sui pedali e il ritmo si spezza a ogni buca in cui entro e a ogni pietra su cui salto. A volte per stare attenti alla strada perdo di vista quello che sta intorno, e in questi giorni ne ho viste delle belle, anzi ne abbiamo viste delle belle...
Dopo un viaggio estenuante, tra aerei, navi e bicicletta, mi ha raggiunto Samanta per accompagnarmi fino ad Ushuaia e viversi la Carretera Austral. La stavo aspettando da un po a Villa Santa Lucia con una bottiglia di Carmenere (vino rosso cileno) per festeggiarne l'arrivo. Nel mentre incrocio una coppia di cicloviaggiatori francesi che stanno scendendo dalla Bolivia. Dopo un po arriva Simon un inglese in cerca di internet. Racconta di essere stato assalito in Peru da 3 tipi che gli hanno tagliato la strada con un taxi e gli hanno rubato le borse posteriori con dentro il PC, la tenda il sacco a pelo... Villa Santa Lucia e' un paesello piccolo piccolo, mi avvio alla strada da cui dovrebbe arrivare Samanta, mentre alcuni mochilleros (zaino in spalla) israeliani tentano invano di fermare qualche auto per farsi dare un passaggio. Dopo una mezz'oretta scorgo una sagoma pedalante sbucare dalla curva in fondo alla strada. Ppedala e si avvicina. Ognuno comincia a vedere il sorriso dell'altro fino all'abbraccio che libera l'emozione di reincontrarsi dall'altra parte del pianeta per condividere ancora un altro pezzo di vita insieme.
Si chiacchiera parecchio, ce ne sono un bel po- di cose da raccontare.. ricomincio con l'italiano, ficcandoci dentro un po di parole in spagnolo. Da quando sono qua sto sognando in una lingua diversa dalla mia, la costruzione della frase mi esce in spagnolo...
Iniziamo a pedalare e ci troviamo immersi in una natura selvaggia e rigogliosa in cui aumentano girono dopo giorno le cime bianche, diventa piu' facile scorgere qualche ghiacciaio che piange 1000 cascate che scendono e danno vita a fiumi e laghi.La Carretera Austral corre a fianco costeggiandoli, passando sopra ponti sotto cui scorrono tumultuosi corsi d'acqua. Arriviamo a sbucare al mare e il paesaggio cambia nuovamente aprendosi verso l'orizzonte.
Passiamo per il Parque Queulat. Intorno a noi ci sono centinaia di grandi foglie verdi che ci conducono fino all'ingresso del parco nazionale nella sua parte piu' visitata, quella del Ventisquero Colgante, il ghiacciaio. Non c'e' il guardaparque, ma un cartello spiega che possiamo entrare, occupare una delle 10 piazzole disponibili e pagare poi all'uscita la mattina seguente. Nel sentiero che porta al campeggio e dentro cui si fa largo Bomba, il rumore del fiume si fa via via piu' forte e si comincia a intrevedere dietro agli alberi il Ventisquero. La serata si fa bella fresca e per scaldarci bruciamo un po' di legna, ceniamo e ci infiliamo in tenda. In sottofondo l'acqua scorre e ogni tanto si sente il rumore inquientante di un gigantesco crollo, e' il ghiacciaio che perde qualche pezzo che frana nel lago sottostante. La mattina seguente percorriamo un sentiero che ci porta ad ammirare il Ventisquero in tutta la sua grandezza. Sembra debba venire giu' da un momento all'altro, trasmette un'immagine di precarieta', mentre invece e' ben saldato al ghiacciaio che sta dietro e che dalla laguna in cui ci troviamo non e' possibile apprezzare.
Il sentiero inizia con un ponte sospeso che permette di camminare sopra al fiume in un puntio in cui scorre tumultuoso e sembra voler uscire dal proprio letto, colpendo massie pietre disegnando aloni di spuma bianca. Fuori dal aprco la giornata ci ha riservato una tappa molto dura verso Villa Amengual in cui “la sfida” e' quella di superare la salita che porta a 500 metri d'altitudine dopo una ventina di tornanti. Al di la' della fatica devo dire che mi piacciono le salite, richiedono fatica, sforzo, ma alla fine ti ragalano panorami mozzafiato, si scoprono splendide vallate, spuntano bianche vette e alla fine ti regalano spendide discese.... per la verita' niente e' regalato, ma e' tutto super guadagnato!
Il tempo in questi giorni e' stato incredibilmente instabile, soprattutto all'interno della stessa giornata in cui sembra venire giu' l'inferno, poi sbuca un sole che brucia, poi di nuovo piove per 30 secondi e poi sole.... e ti fermi per toglire, mettere, togliere, mettere... Un giorno, da Villa Santa Lucia a La Junta e' piovuto continuamente, e pedalare bagnati non e' piacevole,
ma da' la possibilita' in qualche modo di vivere la Patagonia nel suo clima tipico. Dopo il primo acclimatamento di Samanta, ancora in fase di rodaggio, ci aspettano tappe con kilometraggi piu' elevati, la prova aumenta di difficolta' e questo e' quello che mi piace di piu'. Dalla solitudine passo a un viaggio in compagnia e sono curioso di vedere l'effetto che fa....


Selvaggio Cile

Non credo si possa diventare specialisti del ripio, ma a volte mi trovo a disquisire tra me e me sulla qualita' delle calaminas, sulla profondita' delle buche, sulle pietre e la continua presenza della sabbia. La minima pendenza gia- richiede uno sforzo, con la ruota dietro che slitta ogni volta che mi alzo sui pedali e il ritmo si spezza a ogni buca in cui entro e a ogni pietra su cui salto. A volte per stare attenti alla strada perdo di vista quello che sta intorno, e in questi giorni ne ho viste delle belle, anzi ne abbiamo viste delle belle...
Dopo un viaggio estenuante, tra aerei, navi e bicicletta, mi ha raggiunto Samanta per accompagnarmi fino ad Ushuaia e viversi la Carretera Austral. La stavo aspettando da un po a Villa Santa Lucia con una bottiglia di Carmenere (vino rosso cileno) per festeggiarne l'arrivo. Nel mentre incrocio una coppia di cicloviaggiatori francesi che stanno scendendo dalla Bolivia. Dopo un po arriva Simon un inglese in cerca di internet. Racconta di essere stato assalito in Peru da 3 tipi che gli hanno tagliato la strada con un taxi e gli hanno rubato le borse posteriori con dentro il PC, la tenda il sacco a pelo... Villa Santa Lucia e' un paesello piccolo piccolo, mi avvio alla strada da cui dovrebbe arrivare Samanta, mentre alcuni mochilleros (zaino in spalla) israeliani tentano invano di fermare qualche auto per farsi dare un passaggio. Dopo una mezz'oretta scorgo una sagoma pedalante sbucare dalla curva in fondo alla strada. Ppedala e si avvicina. Ognuno comincia a vedere il sorriso dell'altro fino all'abbraccio che libera l'emozione di reincontrarsi dall'altra parte del pianeta per condividere ancora un altro pezzo di vita insieme.
Si chiacchiera parecchio, ce ne sono un bel po- di cose da raccontare.. ricomincio con l'italiano, ficcandoci dentro un po di parole in spagnolo. Da quando sono qua sto sognando in una lingua diversa dalla mia, la costruzione della frase mi esce in spagnolo...
Iniziamo a pedalare e ci troviamo immersi in una natura selvaggia e rigogliosa in cui aumentano girono dopo giorno le cime bianche, diventa piu' facile scorgere qualche ghiacciaio che piange 1000 cascate che scendono e danno vita a fiumi e laghi.La Carretera Austral corre a fianco costeggiandoli, passando sopra ponti sotto cui scorrono tumultuosi corsi d'acqua. Arriviamo a sbucare al mare e il paesaggio cambia nuovamente aprendosi verso l'orizzonte.
Passiamo per il Parque Queulat. Intorno a noi ci sono centinaia di grandi foglie verdi che ci conducono fino all'ingresso del parco nazionale nella sua parte piu' visitata, quella del Ventisquero Colgante, il ghiacciaio. Non c'e' il guardaparque, ma un cartello spiega che possiamo entrare, occupare una delle 10 piazzole disponibili e pagare poi all'uscita la mattina seguente. Nel sentiero che porta al campeggio e dentro cui si fa largo Bomba, il rumore del fiume si fa via via piu' forte e si comincia a intrevedere dietro agli alberi il Ventisquero. La serata si fa bella fresca e per scaldarci bruciamo un po' di legna, ceniamo e ci infiliamo in tenda. In sottofondo l'acqua scorre e ogni tanto si sente il rumore inquientante di un gigantesco crollo, e' il ghiacciaio che perde qualche pezzo che frana nel lago sottostante. La mattina seguente percorriamo un sentiero che ci porta ad ammirare il Ventisquero in tutta la sua grandezza. Sembra debba venire giu' da un momento all'altro, trasmette un'immagine di precarieta', mentre invece e' ben saldato al ghiacciaio che sta dietro e che dalla laguna in cui ci troviamo non e' possibile apprezzare.
Il sentiero inizia con un ponte sospeso che permette di camminare sopra al fiume in un puntio in cui scorre tumultuoso e sembra voler uscire dal proprio letto, colpendo massie pietre disegnando aloni di spuma bianca. Fuori dal aprco la giornata ci ha riservato una tappa molto dura verso Villa Amengual in cui “la sfida” e' quella di superare la salita che porta a 500 metri d'altitudine dopo una ventina di tornanti. Al di la' della fatica devo dire che mi piacciono le salite, richiedono fatica, sforzo, ma alla fine ti ragalano panorami mozzafiato, si scoprono splendide vallate, spuntano bianche vette e alla fine ti regalano spendide discese.... per la verita' niente e' regalato, ma e' tutto super guadagnato!
Il tempo in questi giorni e' stato incredibilmente instabile, soprattutto all'interno della stessa giornata in cui sembra venire giu' l'inferno, poi sbuca un sole che brucia, poi di nuovo piove per 30 secondi e poi sole.... e ti fermi per toglire, mettere, togliere, mettere... Un giorno, da Villa Santa Lucia a La Junta e' piovuto continuamente, e pedalare bagnati non e' piacevole,
ma da' la possibilita' in qualche modo di vivere la Patagonia nel suo clima tipico. Dopo il primo acclimatamento di Samanta, ancora in fase di rodaggio, ci aspettano tappe con kilometraggi piu' elevati, la prova aumenta di difficolta' e questo e' quello che mi piace di piu'. Dalla solitudine passo a un viaggio in compagnia e sono curioso di vedere l'effetto che fa....


martedì 25 gennaio 2011

Trevelin e Futaleufu

Dopo il passaggio all'ufficio informazioni a Trevelin, sono capitato all'ostello Casa Verde, con l'idea di fermarmi per la notte e trasferirmi al Parco qui vicino. In via del tutto speciale mi danno una stanza tutta per me visto che la stanno ancora mettendo a posto e il piccolo dormitorio e' gia' pieno. Appoggio la mia roba, faccio una bella doccia calda e scendo nel grande salone tutto in legno. Mi siedo su un comodo divanetto in stile orientaleggiante e lo sguardo si perde oltre la grande vetrata, sulle montagne che costeggiano il Parco Nazionale Los Alerces. In sottofondo una compilation di pezzi lenti di A. Morissette e fuori un cielo grigio da cui scendono le prime gocce. "Ho un po di gente che mi sta chiamando per un posto, mi servirebbe sapere se pensi di rimanere anche domani" Alla domanda di Viviana, la responsabile dell'ostello rispondo senza pensarci "Si!". Sento feeling tra me e questo posto, qui direbbero che c'e' buena onda. Sbircio tra i libri sparsi qua e la su alcune mensole e l'unico in italiano e' Post Office di Charles Bukowski. Inizio la lettura ridendo da solo mentre cominciano a rientrare dalle loro giornate gli altri ospiti. Sono per lo piu' argentini. Una buona parte di loro viene qui da anni, poi ci sono quelli come me "mordi e fuggi". Poi c'e' Edu, un tecnico informatico di Buenos Aires che sta qui da Novembre e conta di rimanerci fino a Marzo con l'idea di farsi un gruppo di clienti per potersi trasferire. Combattera', senza esito, per un giorno intero con il laptop che mi porto appresso e che non si lascia nemmeno formattare, che sia posseduto? Ripaghero' il suo sforzo con una bottiglia di buon Mallbec.
L'ambiente e' caldo, c'e' chi legge, chi cucina, chi chiacchiera e chi prova a risolvere (tipo io), senza riuscirci, quei giochetti artigianali tipo costruire una croce su tre dimensioni con 6 pezzi di legno.... Il cattivo tempo invoglia a socializzare e tra argentini e un italiano si fa presto. Passo qualche giorno a gironzolare tra l'ostello e il supermercato che qui si chiama L'Anonima (avranno qualcosa da nascondere?) Mi preparo qualche buona cenetta e mi rilasso. Una mattina prendo Bomba e ce ne andiamo a visitare l'ala sud del parco dove c'e' una grossa diga che contiene un bacino d'acqua in una zona dove si trovavano 5 laghi che alimentavano il Rio Futaleufu (Grande fiume) rendendolo adatto a rafting e kayaking anche nella sua parte argentina. Dopo la costruzione della diga per queste 2 attivita' si deve passare la frontiera ed andare in Cile. Qui viene gente da tutto il mondo perche' questo fiume pare essere tra i migliori al mondo (e tra i piu' pericolosi) per gli sport acquatici.
Non potendo continuare ad oziare all'infinito, mi sparo un paio di giorni al Parco nazionale Los Alerces che si rivela essere un vero paradiso per chi ama camminare in montagna. E' un Parco pieno di laghi e cime da conquistare. Su consiglio degli amici all'ostello mi fermo nella zona del Lago Verde dove pianto la tenda in un camping. Il tempo non e' dei migliori ma e' previsto in lento miglioramento. La mattina dopo scelgo il trekking al Cerro Petizo (1750 m). Inizialmente costeggio il lago Menendez da dove si dovrebbe vedere un ghiacciaio che mi rimane coperto dalla nebbiolina. Il sentiero comincia a salire stretto. La pendenza aumenta e mi ritrovo immerso in un bosco di bambu che leggo essere una pianta che "cresce specie dopo gli incendi, fiorisce dopo 20 o 40 anni e poi muore". Dopo circa un'ora sbuco al fiume che diventa il sentiero. Comincio a zigzagare tra i massi cercando di non bagnarmi e soprattutto di non scivolare. Il sentiero imbocca una una cresta che sale ripidissima fino ad arrivare alla prima neve. Il cielo e' ancora tutto coperto e oltre a me non c'e' anima viva. Continuo fin sopra al secondo nevaio e li il vento si fa forte, le nuvole si abbassano. Sono praticamente ala cima che mi hanno raccontato esere piana, ma non mi va di rischiare di rimanere in mezzo a un piovasco a quest'altura e decido di iniziare il ritorno per la stessa via. Nonostante il tempo coperto riesco a godere di una bellissima vista sull'altra vallata, anch'essa punteggiata di laghi. Comincio a scendere e incrocio gli unici altri 2 trekker di oggi su questo sentiero che mi chiedono le solite cose che vuol sapere chi sta salendo. Per loro il cielo gradualmente si aprira'.
In questi giorni di passaggio Cile/Argentina le differenze tra questi 2 mondi cominciano ad emergere. I cileni sembrano un po' piu' formali, un po' piu' chiusi, mentre cn gli argentini sembra di stare a casa, ci si intende al volo, le battute vengono capite e la frequenza d'onda e' la stessa. Per uno che viaggia in bicicletta in Cile e' meglio per il reperimento del cibo, perche' si trova senza problemi, ci sono despense e almacenes un po' ovunque e soprattutto sono piu' o meno sempre aperte. In Argentina c'e' la "siesta" che spesso mi ha fatto trovare i negozi chiusi proprio mentre volevo comprare da mangiare e questo mi obbligava a fare provviste, che significa trasportare peso. Il cibo non cambia moltissimo, il dulce de leche in Cile si chiama manjar e la qualita' e' peggiore e mi invita a cambiare la fonte di zuccheri... Sull'accento e sulla parlata poi non ci sono dubbi, l'argentino e' davvero molto piu' caldo, con tutti i nomignoli che ti affibiano amichevolmente (gordo, flaco, papito, che...) e la pronuncia della doppia L e della Y. In Cile la parlata e' piu' cantilenata e va verso un acuto per pi riabbassarsi e riandare verso un acuto. C'e' l'abitudine di tagliare le parole e la comprensione e' un po' piu' complicata. Poi mi sembrano un po' piu' lenti a capire battute e anche nei rapporti, tipo ieri chiedo se posso avere un PC in un Cyber e il ragazzo mi dice che deve chiedere a suo padre, li a fianco, di spegnere la macchina del gelato per accendere i PC (problema elettrico...). Sparisce, rientra e continua a lavorare. Io rimango li, penso che stara' aspettando qualcosa, poi dopo un po' gli chiedo "allora e' possibile?" e lui scuote la testa dicendomi di no. Mi vedeva he ero li ma non gli veniva in mente che stavo aspettando. Situazioni come queste mi sono sucecsse qui altre volte, come anche in Peru e soprattutto in Bolivia. In Argentina invece mi sono sembrati piu' svegli da questo punto di vista.
Ora sono di nuovo in Cile, dopo aver pedalato con fatica per un gran indolenzimento a quadricipiti e tricipiti per la salita al Petizo, da far fatica a scendere le scale. Uno pensa di essere allenato dopo piu' di 7000 km in bici ma camminare e pedalare impegnano muscoli diversi e pago dazio. Domani vado verso Villa Santa Lucia in cui dovrebbe esserci Samanta ad aspettarmi che ora e' arrivata a Santiago. Gli ultimi 2000 km del viaggio saranno quindi in piacevole compagnia. Finora ho goduto di una bella solitudine che mi ha arricchito tanto, mi ha dato tanto tempo per filosofeggiare tra me e me. Il silenzio mi piace, non sempre mi va di chiacchierare. Ho scoperto invece, grazie al viaggio, che mi piace tanto condividere le mie esperienze. Attraverso il blog, le interviste e qualche contatto con skype o messenger. Da domani potro' "compartir" questa mia favolosa esperienza anche con una persona con cui ho condiviso tanto negli ultimi anni e sara' sicuramente una bella storia!!! e inoltre potro' riprendere a fare foto con una macchina fotografica normale!!!!

lunedì 17 gennaio 2011

La Patagonia, quella vera

Questa e' la prima vera Patagonia, quella che per tanti giorni ho cercato di immaginare per volarci almeno con la fantasia. La Carretera Austral, o Camino Austral, e' una strada per lo piu' sterrata che corre per 1200 km da Puerto Montt a Villa O'Higgins. Da subito mette a dura prova i miei polpacci nelle prime salitelle in cui le ruote slittano sulla sabbiolina. Fu fatta costruire dall'ultimo dittatore cileno con l'intento di poter meglio difendere il proprio territorio da un attacco da parte argentina. Prima della sua costruzione l'unica via di comunicazione era la nave che congiungeva decine di piccoli paesini sparpagliati su questa lunga lingua di terra. Qui verde e blu ti riempiono gli occhi. La Carretera si addentra in una foresta fittissima nella quale piccoli spiazzi sono stati creati a colpi di sega e machete per far pascolare qualche animale o costruire qualche casetta di legno. L'uomo da queste parti e' un essere piccolo. Guardandomi intorno, immerso nel verde, si capisce immediatamente quale sara' il tempo che mi accompagnera' in questa traversata. Finora la pioggia mi aveva sempre schivato (meno di 2 giorni in 3 mesi!!!!). Questa e' la parte del viaggio in cui "paghero' dazio", anche se in una certa misura mi piace vivere questo come gli altri posti godendo e subendo il clima a cui sono abituati gli abitanti. Qui nessuno fa caso alla pioggia, che arriva e se ne va anche 10 volte al giorno. Nemmeno si copre, e' un elemento che fa parte della quotidianita'. I piovaschi invece sono intensi ed e' meglio trovare un riparo. Me ne sono goduti una serie dalla camera dell'hospedaje familiar di Pichicolo in cui mi sono fermato mezz'ora prima che iniziasse a diluviare. Ha continuato a piovere ininterrottamente tutta la notte e la prima parte della mattina, tanto che mi ero rassegnato a passare qualche ora sotto la pioggia battente. Mi sono preso il tempo di cambiare le pastiglie dei freni davanti, riparare una camera d'aria, e quando faccio per ripartire il cielo e' diventato di un bell'azzurro dandomi giusto il tempo di arrivare a Hornopiren dove poi la pioggia ha ripreso. Baciato dalla fortuna o dalla clemenza di Giove? Anche qui mi sono trovato una stanza in un hospedaje familiar in cui sono alloggiati 4 lavoratori che vengono da Puerto Montt. Tutte le volte e' una scoperta vedere quando la porta della stanza si aprira', come sara', se ci sara' una TV a tenermi compagnia prima di dormire o se ci sara' un bel piumone caldo. La cucina poi e' un argomento a parte perche' quando la posso usare spesso lo faccio mentre la famiglia prepara da mangiare ed e' un po' come vivere per un attimo la vita di qualcun altro, immaginarsi una quotidianita' diversa ogni giorno, un po' come in Ferro 3 di Kim Ki Duk (da vedere!).
Il Camino Austral non e' continuo, la costa frastagliata, in questa parte costringe ancora ad usare quelle che qui chiamano "barcazas" e su una di quelle sono montato anch'io per arrivare a Chaiten, una citta' distrutta dalla spaventosa eruzione del vulcano il primo maggio 2008. La nave costeggia insenature sovrastate da colline verdissime dietro cui ogni tanto fanno capolino imponenti cime innevate. Questa e' zona di vulcani. La macchina fotografica e' di nuovo fuori uso, i ricordi qi questo tratto saranno legati alla mia memoria e alla capacita' che avra' il diario di stimolarla ad ogni futura rilettura.
Alla fine di questo post ho deciso di dedicare una parte a descrivere cosa e' successo a Chaiten e mi sono fermato in un giorno di pioggia per farmi raccontare la storia. Da Chaiten sono partito poi per percorrere gli ultimi 1000 km di Carretera e mi son trovato subito immerso in un ambiente in cui l'acqua e' l'elemento dominante. Ho pedalato tutto il giorno sotto l'acqua, dalle montagne un'nfinita' di cascate, le nevi generano fiumi, la natura e' rigogliosa e tutt'intorno a me ci sono foglie dalle dimensioni inusuali. Dopo 30 Km si interrompe l'asfalto ed inizia il cammino di terra, percorro un tratto in compagnia di un cileno che sta iniziando il suo viaggio ma il suo passo e' troppo lento e a un certo punto si ferma e io proseguo fino al ghiacciaio Yelcho che score dentro una gola. La vista e' impressionante. Mi fermo appoggio la bici vicino al camping e mi addentro per il sentiero per vaderlo un po' piu' da vicino. Scatto qualche foto col cellulare che mi sono ricordato di essermi portat dietro. La qualita' sara' pessima ma il ricordo rimarra'!. Arrivo a Villa Santa Lucia sotto l'acqua e trovo posto nell'unico hospedaje che scorgo in questo minuscolo pueblito. Il padrone e' un contadino che mi accende la stufetta a legna per asciugare i vestiti e mi da un bel thermos di acqua bollente con cui mi bevo un te caldo. Lui poi va nell'altra stanza in cui ci sono amici suoi che stanno bevendo un bel po' di bianco mentre parlano di donne. Dopo un'ora sparisce e quando passo di la ci sono 2 uomini che stanno dormendo seduti completamente ubriachi. Uno rimarra' li per 2 ore... Mi preparo un riso con un po' di dado e una mezza cipolla e poi guardo il telegiornale prima di dormire da una TV "usa e getta". Stamattina mi sveglio al freddo e con le idee chiare. il 25 Gennaio arrivera' Samanta per finire il viaggio come me e per aspettarla non c'e' tempo di andare a sud alle Torres del Paine in cui pare siano rimasti solo 2 turisti (due) a seguito dello sciopero e dei blocchi stradali dei manifestanti che protestano per un aumento del 17% della tariffa del gas. Sono partito per Futaleufu in una pedalata che mi ha ricordato le nostre malghe alpine e in cui l'acqua mi ha solo toccato ma non ha voluto infierire, e da domani sar' di nuovo Argentina, anche se solo per una settimana.
In questi giorni poi ho dovuto riparare nuovamente la tenda che non mi lascia del tutto tranquillo. Questa volta dovrebbe tenere, ho aggiunto un rinforzo fissato con fil di ferro e avvolto con nastro americano. Per non rischiare che mi crolli addosso mentre diluvia, cerchero' di dormire sempre al coperto, ove possibile lasciando la tenda per i tratti piu' isolati.Il palo si era rotto nella concitazione che mi era presa mentre montavo la tenda assalito da un centinaio di tafani. Volevo visitare il Parque Alerce Andino ma dentro la tenda, con i "mostri" la fuori mi sono detto che non mi sarei gustato un granche' il trekking e sono scappato piu' veloce che ho potuto dimenticandomi pure un paio di guanti. Anche alla coesistenza con queste bestiacce i locali sono abituati, e mentre pedalo in fretta e furia scorgo accovacciato in mezzo all'erba un signore che sta lavorando, ha un cappello sommerso di tafani e altri che gli ronzano intorno ma non fa una piega. Si fa veramente l'abitudine a tutto...
In questi giorni ho anche approfittato del tempo di attesa per la barca per un paio di interviste, la prima a Chiloe' e la seconda a Puerto Varas in cui ho trovato 2 giornaliste molto interessate. Con la seconda mi sono fermato circa un paio di ore. Continuava a farmi domande per capire bene dove fossero i campi profughi, la storia saharawi, il referendum... mi ha fatto molto piacere trovare tanto ineresse. Qualche giorno dopo la prima intervista porto la bici da un eccanico per sostituire il filo cel cambio e mentre aspetto vedo un signore che mi guarda, sposta lo sguardo sul giornale che tiene in mano e indica me e la bici. Sta leggendo l'articolo del giornale di Chiloe' in cui ci sono io fotografato! (link 1 e link 2) A volte capitano certe coincidenze.... E cosi' ho passato un momento di celebrita' che mi ha permezo di parlare del viaggio e di sahara anche al pubblico dell'officina.



DIARIO DA CHAITEN

"Un gigante dormido observaba desde epocas milenarias como el hombre sueña... el hombre al fin comprende que nunca estuvo completamente solo" 
M. Valdes

Fuori piove e il cielo per oggi non da' speranza. Il vento sbatte le gocce sulle finestre e ora sono rimasto solo nell'hospedaje. Turisti e lavoratori a poco a poco hanno consumato la loro colazione e preso la propria strada. Questo viaggio e' a suo modo una sfida che mi spinge continuamente a terminarlo. Ci sono pero' momenti in cui ha senso fermarsi, luoghi che hanno una storia da scoprire e da raccontare. Chaiten e' uno di questi e in una giornata piovosa, seduto di fianco al camino acceso, mi va di raccontarla.
Ieri sulla barca quando e' aparsa la citta' sono cominciate le domande "E' quello il vulcano?", "Ci sara' da dormire in citta'?". Il primo maggio 2008 il vulcano Chaiten ha deciso che dopo 300 anni di silenzio era giunto il momento di svegliarsi. Per lo meno ha "avvisato" dando tempo alle autorita' di evacuare la zona una settimana prima. In un libro di fotografie che sto sfogliando sono ripresi i momenti in cui la gente abbandona le proprie case, i propri ricordi e gli sforzi di una vita. La citta' disabitata e' stata letteralmente ricoperta di cenere vulcanica. Dopo una settimana l'eruzione ha cominciato ad attenuarsi fino a placare la sua forza lasciando sotto di se' una citta' fantasma. Ma non era finita qui, 20 giorni dopo l'inizio dell'eruzione e' cominciato a piovere incessantemente. La pioggia battente ha ingrossato il letto del fiume che correva dietro alla citta'. Il fiume ha iniziato a trasportare la cenere, pietre, tronchi e ad ammassarli fino a che non lo han obbligato a deviare il proprio corso nel centro di Chaiten, li dove gia' scorreva anticamente prima che l'uomo decidesse di cambiarne il corso per poter costruire case. Per i successivi 2 mesi il governo cileno ha chiuso tutta l'area impedendo a chiunque l'accesso. Gli abitanti di Chaiten nel frattempo si erano sistemati nei paesi limitrofi. La sñora Lidia dell'Hospedaje dove mi trovo, per esempio ha iniziato una nuova vita a Palena a circa 80 km da qui. Ma con coraggio ha deciso di tornare e mi racconta dei fine settimana passati a spalare la cenere, a ricostruire tutto. Dopo l'eruzione una parte degli abitanti si e' trovata a lottare contro il governo che aveva deciso che la ricostruzione della cita' avvenisse in un luogo ritenuto piu' sicuro. Santa Barbara e' il nome di questo posto. Questi abitanti hanno resistito, hanno voluto "il ritorno". Delle 6000 persone che abitavano qui prima dell'eruzione, ora sono tornati in 400. Il governo precedente per incentivare l'abbandono della zona ha proposto l'acquisto delle case diroccate ai proprietari e in molti hanno accettato e difficlmente ora torneranno. Per quelli che invece insistono, hanno cominciato a pulire, salvato il salvabile e ricostruito le loro vite. Dopo 2 anni e mezzo sono ancora la maggior parte le case danneggiate, vuote, che recano ancora le insegne dei negozi, hospedajes, cabañas... Ma si vede e si "sente" che qualcosa sta rinascendo. Gruppi di operai sono al lavoro, l'ufficio del turismo offre informazioni sulle attrattive della zona, sulle camminate, i parchi nazionali, la carretera austral, le terme. La signora Lidia continua a raccontare e si dice soddisfatta del proprio lavoro. L'hospedaje che hanno ricostruito e' molto accogliente, caldo, frutto degli sforzi dei primi tempi quando l'elettricita' passava per un generatore che comprarono e a cui il cane mangio' i fili costringendoli a un secondo acquisto. L'acqua in un contenitore molto grande per iniziare a dare primi servizi. Sono poi arrivati i primi turisti attratti dalla curiosita' di vedere cosa era rimasto. Il vulcno se non altro, dopo aver causato tanti danni, forse ora per farsi perdonare diventera' il gioiello di punta del turismo in questa zona. L'acua e la luce tuttora sono razionate. La luce solo 3 ore, dalle 21 alle 24. Ma Lidia oggi e' molto piu' fiduciosa, il nuovo governo ha preso una posizione diversa dal precedente e pare intenzionato a far rimanere Chaiten come capitale della regione. Gli operai che stanno lavorando restituiranno in un mese la luce per tutto il giorno e acqua potabile dai rubinetti che non sia quella di alcuni pozzi. A quel punto secondo lei, altri decideranno di tornare e forse dalle ceneri rinascera' un popolo che ha saputo resistere alla natura.

Qualche foto dell'eruzione
http://www.repubblica.it/2006/12/gallerie/ambiente/cile-vulcano/9.html


Per tutte le foto, quelle ancora serie e quelle con il cellulare clicca sull'hombre amarillo

domenica 9 gennaio 2011

Chiloe', un'isola di salite impossibili

Per la prima volta da quando ho lasciato Lima, ho ritrovato il mare, o per meglio dire l’Oceano Pacifico. Chiloe’ e’ un’isola lunga circa 200 km. E’ una collina continua e per la sua conformazione costringe l’ignaro (o sprovveduto) ciclista a un saliscendi continuo. E se fosse solo per questo, ho voluto la bicicletta… ma il fatto e’ che qui le strade le hanno costruite uniendo le citta’ come si fa con il giochino dell’unire i puntini sulla settimana enigmistica. Con una bella linea retta, decisa, dritta. Le pendenze sono spaziali. In discesa quando guardo la salita che mi aspetta scuoto la testa “questa e’ impossibile!”.
La strada che scelgo una volta sbarcato dalla “barcaza” e’ quella che costeggia l’isola a est. Tutto un bel ripio con tanti sassi e tante buche. In salita a volte non ci provo neanche, scendo e spingo. In discesa faccio largo uso dei freni per non rischiare di volare. Tra l’altro appena arrivato un carabinero mi ferma e mi dice che dovrei usare il casco, ma non perche’ c’e’ una legge cilena (sara’ vero?!?!?) ma per la mia salute. “saro’ prudente signor carabinero!”.
La gente che incontro e’ abituata al turista e quando incrocio gli sguardi per un saluto le teste si girano e mi riportano un po’ a come siamo abituati a casa… Mi pare gente un po’ piu’ chiusa di quella incontrata finora, ma naturalmente e’ solo un’impressione che come tutte quelle che ho avuto era moto condizionata dal mio stato d’animo che in questi giorni era a sua volta condizionato dalla fatica boia a spingere sul ripio 50 kg di bici.
L’isola e’ verdissima, ci sono fiori dappertutto che profumano l’aria, gialli, viola, fucsia. Vacche, pecore e qualche cavallo sono gli animali che si vedono ogni tanto dietro a un recinto. I cani qui si fanno nuovamente aggressivi, tentano di lanciarsi addosso alla bici e quasi rimangono impiccati alla catena. Quelli senza catena adempiono bene al loro lavoro di guardia e uno, piccolo ma agüerito riesce ad attaccarsi ad una borsa con i denti e me ne accorgo perche’ riesce a rallentarmi di colpo. Poi molla la presa prima che mi porti via con me denti e gengive. Le case sono di tutti i colori, i tetti in alluminio (spero per loro non ce ne siano in eternit). Il legno e’ il materiale con cui sono costruite e alcune usano legno di alerces che e’ un albero tipico di questa fascia di Cile. Anche le chiese sono di legno, sono piu’ di 60 e dichiarate patrimonio dell’umanita’ da parte dell’UNESCO. Carine ma in tutta onesta’ mi sembra un’esagerazione. Arrivo a Quemchi dopo un’oretta di pioggerellina sottile e continua e mi trovo un hospedaje familiar che e’ in pratica una stanza a casa di una famiglia che di mestiere fa l’”albergatore”. La stanzetta e’ molto carina cosi’ come il paesello che non visito per bene perche’ la stufetta in cucina e’ troppo attraente. Esco solo per provviste per prepararmi una bella cenetta. La mattina seguente la signora mi presenta una delle migliori colazioni da quando sono in viaggio, con torta e marmellata di lamponi fatte in casa. Spetacuel! Ben nutrito riparto a pedalare sul ripio e imbocco una deviazione per una cascatella bellina e “guado”, saltando su pietre, il fiumiciattolo per arrivare sotto al getto d’acqua.
Arriva l’asfalto ben prima di quanto dicesse la mappa che mi han dato qui all’ufficio información e di questo ne sono piuttosto felice. La velocita’ media aumenta e mi porta a Castro, la capitale dell’isola, che raggiungo naturalmente con una discesa ripidissima che oggi mi e’ costata cara. Vado dritto al Diario La Estrella dove ho un contatto per una intervista che mi fa una simpatica signora a cui regalo una moneta italiana. In cambio mi Childe se voglio una moneta cilena…. simpatica…
L’ostello in cui dormo lo stanno ancora dipingendo. I letti sono tutti da fare, ma e’ attaccato al porto dove stamattina sono stato per vedere se mi facevano salire pur non avendo comprato il biglietto (tutti gli uffici erano chiusi). L’idea era quella di prendere l’unico traghetto che in comode 8 ore mi avrebbe portato a Chaiten in piena Carretera Austral. Quando alle 7.30 incontro il responsabile mi dice che si puo’ fare ma devo paare il posto a sedere oltre alla bicicletta, ma non ci sara’ nessun posto a sedere per me perche’ e’ tutto pieno. In 5 secondi maturo la decisione di non prendere il traghetto per un paio di buone ragioni. La prima e’ che per una questione di precisione la Carretera Austral la voglio percorrere TUTTA, dal’inizio alla fine. La seconda e’ che il tipo della nave mi stava un po’ sul culo…
Ho quindi riattraversato l’isola ma questa volta al centro, sulla ruta 5 che e’ la Strada principale dove passano molte piu’ auto, anche se per la verita’ non si puo’ dire che sia trafficata. La strada porta in cima a una collina da cui oggi, con il cielo azzurro, ho potuto ammirare una fila di dieci cime innevate, le Ande che fra un paio di giorni comincero’ nuovamente a fiancheggiare. Ora sono ad Ancud in un altro hospedaje familiar in cui ho un PC tutto per me e ne sto approfittando per mandare il comunicato su viaggio e progetto a giornali e TV cileni, oltre che per cazzeggiare bellamente.
L’Isola di Chiloe’ e’ stata una piacevole pausa che mi sono preso dalla montagna. Ma ora dopo aver intravisto all’orizzonte quella decina di cime bianche, la voglia di arrivarci sotto e’ troppo forte e domani rifaccio un pezzo di strada noiosa gia’ percorso e arrivero’ al km 0 della Carretera Austral che sara’ un’altra incredibile avventura di questo viaggione..


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giovedì 6 gennaio 2011

Manuel, Paul, Santiago, Chuqi, Peter e Miguel

Sono tanti gli stimoli che vengono fuori giorno dopo giorno e sono stati finora sempre legati alla curiosita' di scoprire posti nuovi, nascosti dietro un nome sulla mia mappa. In questi ultimi giorni ho aggiunto un altro contenuto, ho deciso di seguire la "buena onda". Tra le diverse possibilita' alla fine ho deciso di passare in Cile con il "Cruces de los Lagos" che abbina 3 barche a 4 bus per l'attraversamento delle Ande. Per i ciclisti i pezzi in bus si fanno con la propria cara bicicletta. Mi sveglio alle 5.15 al campeggio e cercando di non svegliare nessuno smonto la tenda, mangio un superpanino con dulce de leche e alle 6.30 saluto Bariloche e mi avvio verso Puerto Pañuelo dove mi attende il primo traghetto. Alle 8 arrivo al porto. Sono l'unico ciclista, sono un po' sudato e l'arietta diciamo che e' frizzante.. Dopo 20 minuti arriva un pickup con 6 biciclette e i rispettivi proprietari. Penso "Comodi loro, io faccio una levataccia, mi sparo 1 ora e mezzo di su e giu' e questi arrivano in macchina!". Hanno tutti le borse di dietro e danno l'idea di stare per iniziare una grande avventura. Saliamo tutti e il battello parte, vado fuori per fare una foto ma fa troppo freddo e rientro subito. Il lago e' contornato da una foresta rigogliosa, il cielo e' coperto e nasconde le cime innevate intorno a noi. Dopo un'ora scendiamo e i "pedalatori" iniziano il primo tratto di 3 km. E' qui che inizio a conoscere questi 6 ragazzi che da subito, per la loro allegria, la loro spontaneita' e soprattutto per il loro entusiamo mi contagiano. Altro traghetto e controllo doganale alla frontiera argentina. Ci fermiamo per mangiare. In Cile sono molto restrittivi con l'importazione di cibo fresco e finiamo tutto quello che sappiamo non poter portare di la'. Il secondo tratto in bici e' di 25 Km di sterrato in mezzo ad un bosco verdissimo, i primi 4 km sono una salita ripidissima che ci porta al passo dove festeggiamo l'impresa. Da li tutta discesa. Tutti con il casco, si lanciano in velocita', mentre io faccio largo uso del freno, ancora molta strada mi aspetta e non si rischia niente. Miguel fa un volo ma senza conseguenze. Peccato che si vogliano fermare a Peulla, io seguiro' per Petrohue'. Al controllo cileno si fermano per un mate mentre io mi affretto per non perdere l'ultimo traghetto su cui salgo con la curiosita' di cominciare a vedere le prime differenze tra Cile e Argentina. Il battello sta per partire ed arrivano anche loro in tutta fretta. Hanno cambiato idea e vengono anche loro di la'. Mi sbraccio per farmi vedere e vengono a sedersi di fianco a me. Preparano un mate che ci beviamo durante il tragitto. Al gusto bisogna un po' abituarsi ma mi piace molto la maniera di "compartir" tra tutti, senza che nessuno si metta con la mano a pulire dove altri hanno messo la bocca, come siamo abituati da noi. Bersi un mate in qualche maniera riduce la distanza tra le persone. A Petrohue' loro decidono di proseguire per Enseñada mentre io rimango per dormire nel camping dall'altra parte del fiume. Li vedo allontanarsi e mi dirigo verso uno dei proprietari di lance per contrattare il passaggio, ma dentro di me sento che qualcosa mi dice di cambiare idea. Basta che il tipo mi dica un prezzo un po' piu' alto di quello che mi aspettavop per farmi prendere una decisione che gia' in qualche modo era stata presa... Mi lancio all'inseguimento dei 6 e insieme andiamo al camping di Enseñada. Quando li ho visti andare via ho pensato che sarebbe stato bello abbandonare un po' km e mappa e "aprovechar" della compagnia e dell'energia di questo simpatico e affiatato gruppo di cicloviajeros. E ho fatto bene! Al camping non accettano pesos argentinos e mi faccio cambiare un po' di soldi dai ragazzi. Ci mettiamo in riva al lago, piantiamo le 2 tende, la mia e la loro, in cui cercheranno di dormire in 6, stretti stretti. In 2 vanno a fare la spesa e prepariamo una pasta condita con un sugo di carne, versione vegetariana per me. Trinchiamo un po' di buon vino rosso in cartone e chiacchieriamo fino a tardi prima di infilarci nei sacchi a pelo. C'e' un umidita' pazzesca che alla mattina fa gocciolare le bici. Mi alzo presto come sempre e mentre dormono lavo tutto e inizio a scaldare l'acqua. Quando si svegliano ho gia' fatto colazione e sono pronto per partire verso il vulcano Osorno che la mattina si mostra in tutta la sua imponenza dominando il lago. Faccio in tempo a percorrere 8 km di salita con una pendenza esagerata (12 km per salire di 1200 mt....) e mi fermo al limitare del bosco. Il vulcano e' impressionante e per fortuna spento da molto tempo. Da sopra si vede il lago ed il camping. Non vado oltre, voglio tornare dai ragazzi prima che vadano via e mi fiondo in discesa, volando a 65 km/h!! e raggiungendo il camping dopo circa 1 ora e mezzo dalla partenza. Le tende scaldate dal sole ora sono asciutte, facciamo su tutto e partiamo verso Puerto Varas. Non mi pongo il problema di distanze e tempo, mi va di stare in loro compagnia e mi metto a ruota. Pedaliamo il giorno ad un ritmo da passeggio, con un forte vento contro. Ci fermiamo piu' volte per riunirci, e per mangiare ci fermiamo in una dispensa e compriamo un po' di roba per farci dei panini. Sono un gruppo al risparmio e mi piace lo spirito, lo condivido alla grande. Intramezziamo con 2 tocchi con il pallone e terminiamo alla spiaggia di Puerto Varas ad aspettare Miguel e Paul che arrivano dopo 40 minuti. Paul non ha la catena!!! si e' rotta e posso ricambiare il loro aiuto al campeggio con i soldi, con il mio smagliacatena che Peter usa per aggiustarla mentre io vado a fare un prelievo in centro. Ci troviamo un posto che si chiama Casa Yoga e piantiamo le tende nel giardino. Gonzalo, il padrone sembra un indiano, fa corsi di yoga, la casa e' tappezzata di immagini di divinita' indiane. Il suo modo di fare e' molto amichevole, "sentiamoci a casa nostra", con "corazon abierto", very very new age. Nel giardino inziia a spiegare come funziona con il bagno, la cucina e soprattutto cosa costa tutto. Dopo un po' mi stanco di sentirlo, mi sembra molto interessato al portafoglio piu' che al'anima... Riposiamo un po', un mate e ci prepariamo per uscire a mangiare qualcosa finendo in centro, buio per un problema di corrente elettrica in citta', entrando in locali a lume di candela per vedere il menu e verificare la compatibilita' con le nostre tasche. Non abbiamo scelta, i prezzi sono alti e finiamo in una birreria dove Manuel si esibisce a torso nudo. Mangiamo, beviamo una birra artigianale di Osorno molto delicata e un filo dolciastra e torniamo a casa. Questa mattina purtroppo e' arrivato il momento di salutarsi. Ho passato 2 giorni molto divertenti con questo gruppo di ragazzi molto genuini, chi studia, chi lavora, la testa sempre sulle spalle. La loro compagnia e' stata un'altra delle tante ciliegine che sto mettendo sui una torta gia' di per se appagante che mi fa sentire pieno. Mi ha fattio enorme piacere che si dicessero sorpresi di vedere come da subito mi fossi trovato sulla loro frequenza d'onda, lo stare allo scherzo, il cancellare da subito le distanze, il raccomtarsi a 360 gradi. Mi sono anche esibito in una serie di barzellette tra cui la mitica "Pino" per chi la conosce che ha piegato le pance. In loro in qualche modo mi sono rivisto io. L'entusiasmo del viaggio, della scoperta, ma anche dello stare bene insieme ai propri amici. Un viaggio con Calza zaino in spalla sulla costa adriatica, dormendo poco in spiaggia e "crollando" in casa di un amico il giorno dopo ade sempio e' un'immagine che mi e' ritornata alla mente vedendo questo gruppo, oppure il primo Oktoberfest in camper. E' stata una boccata di aria nuova che mi ha lasciato un bel sorrisone e belle amicizie che spero non rimarranno solo virtuali. Auguro loro di passare gli altri giorni alla grande e di rivederci in giro per il mondo. Grazie ragazzi!!!! Io invece ora sono a Puerto Montt un posto cosi' cosi' diciamo, niente di speciale, ma la Carretera Austral inizia qui. C'e' un cartello a indicarmelo e ora mi prendo un po' di tempo per organizzarmi il Cile!

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lunedì 3 gennaio 2011

Giro dei 7 laghi e salita al Cerro Tronador

Dopo un 25 Dicembre passato solo solito in un bosco di Araucarie, capita di pasarse l’ultimo giorno di questo anno speciale a Bariloche, in un campeggio con Stefan, un ragazzo tedesco ma incredibilmente latino nell’atteggiamento. Parla bene lo spagnolo e ci beviamo insieme una bottiglia di Mallbec affrontando, come conclusione dell’anno, argomenti filosofici, i diversi stimoli che ci hanno fatto partire e cosa pensiamo di trovare nel nostro viaggio. Un capodanno insolito ma che mi e’ piaciuto un sacco. Sono “reduce” da una settimana intensa in cui si sono mescolate gamba e bici e tante conoscenze. A Junin faccio amicizia con una coppia cileno/tedesca che mi riempiono di informazioni su cosa potrei fare nei giorni successivi. Mi sconsigliano di fermarmi a San Martin de los Andes che e’ un posto “troppo turístico” e mi sento di seguire il loro consiglio. Quando ci arrivo mi fermo solo per un po’ di provviste e per visitare il Museo La Pastera, dedicato a Guevara e ospitato in una casupola in cui lui e Granado furono ospitati durante il loro viaggio in motocicletta per l’America Latina. Proseguo quindi a pedalare inerpicandomi fino al passo e godendo di una vista spettacolare sul lago e sulle cime innevate che lo contornano. Gli altri laghi spuntano qua e la, ogni tanto una cascata, ovunque viole dal profumo che invita a fermarsi per avvicinarsi a respirarlo. Arrivo al lago Falkner in cui mi fermo nel campeggio piantando la tenda vicinissima al lago e gustandomi l’avvicinarsi di una nuvola carica di pioggia che staziona tra le montagne dall’altra parte del lago. Si alza un vento fortissimo, cade qualche goccia ma niente di piu’. Conosco una copia argentina sulla cinquantina con cui affronto l’argomento crisi economica, prezzi e burocracia tra Italia e Argentina. Mentre parliamo interviene uno dei 4 ragazzi seduti a fianco che fino a quel momento stavano parlando in tedesco e mi chiede di che parte dell’Italia sono. Scopro che sono di Bolzano e mi raccontano la loro favolosa storia. Giovani, svegli e con ancora la fame della scoperta di mondi nuovi hanno comprato un vecchio furgone dei pompieri degli anni 70 e lo hanno spedito da Amburgo a Buenos Aires. Sono volati la’ e hanno aspettato un mese che “liberassero la belva”. Si’, perche’ il mezzo beve 1 litro di venza per fare 5 km!!! Nei loro occhi rivedo me alla loro eta’, con la curiosita’ e le piccole paure, ma anche con un entusiasmo straripante. Passiamo insieme una bellissima serata in cui mi raccontano tutto quello che vogliono fare tra viaggio e trekking vari. Grandissimi. Ci salutiamo e vado a nanna nel buio piu’ completo perche’ la tenda l’ho messa in un settore in cui non c’e’ nessuno, non avevo visto che la parte grande del campeggio era da un’altra parte.. Vengo svegliato da un rumore di passi, metto fuori la testa e ci sono un paio di mucche che si abbeverano al lago e che passano davanti alla tenda regalandomi un bel quadretto. La pedalata che segue e’ la parte piu’ bella di tutto il giro dei 7 laghi ed e’ tutta su uno sterrato impegnativo, in mezzo al bosco. E’ mattina presto e non c’e’ anima viva. Mi godo lo spettacolo nel silenzio e pedalo con gioia fino a Villa La Angostura in cui cede una vite del portapacchi davanti. “Come faccio adesso a tirare fuori la parte che e’ rimasta dentro?” Io per ste robe non sono un genio, ma faccio ricorso a tutti gli episodi di Mac Gyver che ho visto (nessuno) e con un fil di ferro faccio ruotare la vite che inizia a muoversi e avvicinarsi all’uscita. La tiro fuori e la cambio e raggiungo alla grande il paese dove trovo posto nel camping degli universitari, in riva al lago e raggiungibile da un paio di km di strada sterrata. In questi giorni sta diminuendo il carico di acqua che qui si sgorga ovunque e aumqntando quello del cibo. In autonomía con la cucina ho anche voglia di mangiare cose diverse. Ora la colazione e’ diventata un pasto abbondante che preparo senza Dover caricare troppo peso. Sto studiando la maniera di guadagnare spazio per permettermi anche una bottiglietta di olio e un piatto con cui prepararmi qualche insalata mentre la pentola lavora a qualcosa di caldo. L’organizzazione procede…. Da Villa La Angostura vengo stimolato a passare direttamente in Cile al passo che si trova a 30 km per un trekking “vulcanico”. Decido invece di venire a Bariloche, al massimo tornero’ indietro. Mi trovo un altro campeggio fuori mano (la salita per accedervi e’ impraticabile in bici per la troppa pendenza) e torno in citta’ per vedere di organizzarmi un trekking di un paio di giorni. E’ il 31 Dicembre e quando arrivo l’ufficio sta per chiudere e devo decidere velocemente. Do una scorsa ai trek e scelgo una 2 giorni al Cerro Tronador, un Vulcano inattivo di 3500 mt, la vetta piu’ alta della zona. La sua particolarita’ e’ che ha il rifugio che si trova tra 2 ghiacciai a 2000 mt. Compro il biglietto del bus e la mattina dopo mi incammino per arrivare alla fermata attraversando Bariloche piena di giovani di ritorno dal festone dell’ultimo dell’anno. Sono l’unico passeggero che sale sul bus e l’autista mi porta in un paio di ore a Pampa Linda, dove inizia il trekking. All’entrata del parco non pago nulla perche’ il primo del’anno sono ancora tutti a letto… Quando scendo godo gia’ della vista del Cerro Tronador in tutta la sua imponenza e sale la voglia di arrivarci. Il sentiero si infila nel bosco togliendomi la vista della montagna. Passo un fiume e inizio a salire i 1000 metri di dislivello che si sviluppano su un percorso di 14 Km. Tutto prelude a una giornata sensazionale, il cielo poi e’ azzurro. Comincia invece una tortura continua… Stormi di tafani cominciano a girarmi intorno. Incrocio mentre scendono altri trekkers imbacuccati mentre sventolano continuamente rami con foglie come fossero ventagli. Non e’ possibile fermarsi per mangiare qualcosa, scattare una foto, pisciare… un incubo. Riesco a togliermi lo zaino e a vestirmi completamente mentre sto saltando e muovendomi come un matto. Quando sono tutto intabarrato posso tirare un sospiro di sollievoe scattare qualche foto. Riprendo piu’ tranquillo e un po’ piu’ accalorato la salita che esce dal bosco e mi fa intravedere la neve che ben presto inizioa a calpestare. Tutta la salita e’ accompagnata dal rumore dei blocchi che si staccano dai 2 ghiacciai e finiscono a valle con un rumore fragoroso. Posso finalmente ammirare queste 2 meraviglie nel loro splendore. Mantelli bianchi tagliati al centro da seracchi che fanno sembrare tutto incredibilmente fragile ed instabile. Sotto si formano tante cascate che finiscono in 2 laghi. Il rifugio e’ in mezzo e ci arrivo quando il cielo comincia a scurirsi sulla fila di montagne tutt’intorno. Dentro ancora poca gente, quella che ha deciso il giorno prima di festeggiare qui l’ultimo giorno del 2010. Al piano di sopra ci sono solo materassi per terra, niente letti a castello a cui sono abituato in Italia. Mi rinfresco e mi siedo al tavolo giusto in tempo per osservare l’inizio della pioggia e l’arrivo di una tempesta che fa diventare tutto grigio. Il vento vola velocissimo con raffiche orizzontali come alcuni dei lampi che illuminano la vista. Usciamo per scattare qualche foto. Gli altri sono armati con macchine professionali e tentano l’impossibile, immortalare una saetta. Inizia la grandine che ci costringe dentro al rifugio. La violenza di questa tempesta stupisce anche i local. Passa in 40 minuti. Continua a piovere e iniziano i commenti e le conoscenze. Al mio tavolo ci sono Leo e Clarissa una copia brasiliano/argentina che vive a Rio e un signore spagnolo. Ci raccontimao i nostri viaggi e passiamo una bella serata scaldati dalla stufa a legna. Lo spagnolo prima timido, quando gli chiedo di raccontarmi qualcosa, inizia a snocciolare una serie di viaggi mirabolanti in bicicletta in Africa, attraversando il Madagascar e dimagrendo 11 kg. Passando per Kenya e Etiopia. Mi racconta di aver attraversato il Camerun in bici e a piedi quella zona vergine di foresta in cui ippopotami e elefanti escono al mare e che mi aveva affascinato un sacco quando l’avevo vista in un documentario.Scala pure e 15 anni fa e’ arrivato in vetta all’Aconcagua dopo una giornata di 12 ore di salita e 4 di discesa con arrivo alla tenda, bile vomitata e sonno di 20 ore. Che tipo! L’altra coppia invece e’ spassosissima e l’anno prossimo sono indecisi se venire in Italia o fare il Camino de Santiago a piedi. Chissa’ se qualcuna delle persone che sto conoscendo riusciro’ a rivedere da qualche parte? Qui nel rifugio ti puoi portare la roba da mangiare dentro e pure cucinartela pagando l’uso della cucina. I prezzi del cibo mi fanno tornare sulle Alpi… La mattina dopo il cielo e’ coperto, la valle e’ tappata da una coltre di nuvole. La vista e’ comunque favolosa come sempre quando si puo’ ammirare dall’alto il mondo. La discesa e’ fresca e priva di tafani!!!!! Scendo tranquillo per una passeggiata di 3 orette e arrivo di nuovo a Pampa Linda dove mi attende un’attesa di 6 ore che passo con il resto del gruppo che si riunisce. Finisco con un po’ di crackers il formaggio che mi e’ rimasto e con Leo ci spariamo un match a ping pong. Al ritorno in bus, scendo e utilizzo l’ora successiva per verificare il costo del passaggio a Puerto Montt con il “Cruce de los Lagos” che con 3 navi e 4 bus passa in Cile. All’agenzia che ha l’esclusiva del trasporto mi dicono che sono 230 dolari ma se viaggio in bici si puo’ fare per 80. Bella notizia con cui ritorno al campeggio con una ozione in piu’ tra cui scegliere. Ora devo decidere tra una quantita’ di cose da fare. Mi piace quando posso dire “questo si e quindi questo no”, la bellezza del poter decidere che pero’ adesso fa il conto con quello che perdero’ con ogni scelta, anche se per la verita’ questo viaggio mi sta regalando gia’ cosi’ tante emozioni che tutto quello che verra’ sara’, come dire, regalato. Ma il vivere il presente mi impone di godermi anche il resto :-)

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