Pedalando per il Popolo Saharawi

Storia di un viaggio di solidarietà in bicicletta
Ottobre 2010/Febbraio 2011
8000 Km

martedì 28 dicembre 2010

Ma vieniiiiiiiiiiii!

Il 25 di Dicembre mi regalo un bel cambio di programma! Invece di riprendere la Ruta 40 e percorrere altri km di monotonia, seguo i consigli di alcune persone conosciute e tiro dritto verso i monti. Arrivo A Zapala alle 12, l’ufficio informazioni e’ chiuso ma fuori ha una bella mappa con le distanze. Li davabti conosco un ragazzo che incontrero’, con la sua famiglia, altre 2 volte. E’ curioso e vuole immortalare l’incontro con una foto. Anche lui mi parla di questo “camino lindisimo” che passa per il Lago di Alumine’… che faccio? Continuo bello orizzontale sulla mappa per altri 50 km di spettacolo puro. Continui saliscendi mi avvicinano a montagne con le cime innevate che si fanno sempre piu’ grandi fino a che ci finisco sotto. Intorno e’ tutto verde, l’acqua scorre al lato Della Strada, passo per un ambiente vulcanico con rocce nere e sabbia, affronto curve su curve che ti mettono addosso la voglia di pedalare per vedere cosa c’e’ dietro. Le mucche mi fissano e alcune adirittura si girano per continuare a guardare questo strano soggetto giallo fluorescente. Mi fermo in localita’ Primeros Pinos, dove finisce l’asfalto, ed accampo nel boschetto al lato della strada. Poco piu’ avanti c’e’ incredibilmente una piccola tienda in cui Riesco a trovare del latte in polvere e dello zucchero per la colazione di domani che deve saziare una voglia di latte caldo con avena che mi e’ venuta fuori da non so dove. Li’ attacco bottone con un gruppo di ragazzi che mi sommergono di domande sul tenore di vita europeo, sul viaggio, sulla mia situazione sentimentale, ovviamente se sono sposato e ho figli… Rispondo loro mentre ci sorseggiamouna birra. Mi raccontano di quanto invece per loro sia difficile risparmiare abbastanza denaro per farsi una vacanza. Quando mi dicono che mi trovo a 1600 mt di altitudine non ci posso creyere. Mi si e’ rotto anche l’altimetro (oltre al termometro che segnava 56 gradi…) e avevo la percezione di essere attorno ai 6-700 mt. Li saluto contento della notizia che mi fara’ passare una notte bella fresca e me torno a “casa” a prepararmi una cenetta che termina con un bel pane e dulce de leche, 1 mela, tramonto da incorniciare e a letto! Quando mi sveglio il cielo e’ terso, completamente liberato dalle nuvole della sera prima. Ho una gran voglia di avvicinarmi ancora di piu’ alle bianche vette, informo Bomba e con ritmo da passeggio inizio la salita su sterrata. Dopo un’oretta le macchine dei vacanzieri natalizi iniziano a superarmi e cominciano i primi clacson, i pollici alzati, i saluti dei bimbi. Con il sole alle spalle che mi illumina tutto il paesaggio, raggiungo la vetta da cui si vede tutta la catena che segna il confine tra Cile e Argentina. Mi lancio in una discesa di 20 Km cirondato da pini e con il Fiume a valle ad aspettarmi. Al ponte reprendo a salire ma prima mi concedo un po’ di pesche noci e un bel pezzo di pan casero (fatto in casa). Riempio la bottiglia al Fiume e reprendo la marcia arrivando ad attraversare una vallata desertica. Mi sorpassa unamacchina e tutti mi salutano. Si ferma piu’ avanti e si capisce che mi sta aspettando. Quando li raggiungo arriva un “Hola amigo de donde viene?”. Mi accompagnano per un km domandandomi un milione di cose. La moglie mi fotografa e mentre faccio per mettermi in posa manca poco che cado per terra…Tutti mi domandano sempre se viaggio solo e rispondo sempre di si, ma in realta’ solo non sono mai, c’e’ sempre qualcuno pronto a scambiare un gesto o 2 parole, e pedalare cosi’ e’ davvero bello. Continuando la pedalata mi appare il lago di Alumine’ sovrastato da montagne innevate ed arrivo a Villa Pehuenia, una localita’ turistica che non c’e’ sulla mi mappa. Mi sistemo in un camping sul lago e pianto la tenda all’ombra di 4 pini. Mi ci infilo dentro, al fresco, e mi faccio anch’io dopo tanto tempo una bella siesta argentina. Il resto Della giornata passa tra la spesa in paese e il gustarsi finalmente un po’ di relax in un ambiente che per 10 giorni ho sognato e che mi sono sudato Lungo strade che sembravano non finire mai. L’indomani parto bello tronfio per spararmi 100 km di sterrato atronó al lago ma salta fuori l’inghippo! Dopo 10 km, alla dogana argentina che si trova prima del confine cileno mi fanno presente che se non entro in Cile devo riportargli la carta che mi consegnano. Significherebbe tornare indietro di 40 km e non me la sento. Scocciato giro Bomba e mi fiondo verso Alumine’ per la Strada piu’ corta che si rivelera’ favolosa. Il fiume a fianco con un’acqua cosi’ limpida da sembrare “friulana”. Tutto verde intorno, la neve ancora sulle cime verso il Cile. Arrivo ad Alumine’ e mi riposo in un camping sul fiume in cui sono l’unico inquilino. Quando mi sveglio intorno a me c’e’ un bordello di gente che sta facendo il bagno e prendendo il sole, tutt’intorno alla mia tenda. La bolgia continua fino alle 19 poi pian piano se ne vanno tutti e mi lasciano una bella seratina coccolato dal rumore dell’acqua che scorre.

Bello in forma stamattina sono partito e mi sono “bevuto” 110 km con una salita ad un passo che ora mi ha portato ad arrivare alle porte del “Camino de los siete lagos” che sara’ un’altra goduria per i miei occhi, ma anche per il naso che non fa altro che annusare viole da 2 giorni J

Per vedere le foto cliccare su quella sotto (nei prossimi giorni aggiungo quelle che mancano, la connessione e' lenta e ho fame!)

mercoledì 22 dicembre 2010

Vento, pampa e quadricipiti

"Que tal Argentina?" mi domanda uno dei 2 poliziotti che mi controllano i documenti in mezzo al nulla. Vorrei rispondergli "se vuoi ci sediamo a bere qualcosa e ti apro 20 argomenti per 2 ore di monologo", ma mi limito a qualcosa di banale sulla gente e sui posti. Sono tante le immagini che mi sono rimaste impresse in queste settimane. Dopo la partenza da Mendoza mi aspettavano centinaia di km di pampa, parte dei quali li avrei potuti evitare continuando sulla Ruta 40. L´idea iniziale era di percorrela in buona parte, ma strada facendo mi son detto che di volta in volta scegliero´ la strada che sulla mappa mi stimolera´ maggiormente e cosi´ dopo tanto nord, a cui mi sono abituato, la voglia di Patagonia mi morde alle caviglie e decido per la strada piu´ rapida per scendere a sud. Devio per San Rafael e da li continuo nella pampa in una tre giorni "eroica" in cui percorro 540 km fino ad arrivare a Neuquen. La Pampa e´ anche il nome della regione che attraverso e che mi cuoce con il sole e con la monotomia del paesaggio, con le sue strade dritte all'orizzonte e soprattutto con il vento che da sud mi fa fare il doppio dello sforzo. Mentre pedalo accompagnato sempre dai tralicci della luce che mi dettano la via, ogni tanto passo di fronte ad un rifugio antigrandine, una tettoia per ripararsi in casa scendano sassi di ghiaccio. C'e' chi mi racconta di "chicci" grandi come palline d tennis e il posto da' l'idea di essere soggetto a eventi climatici estremi che qui possono dare libero sfogo a tutta la loro potenza. Ogni tanto mi attraversa la strada una volpe, di rado scorgo qualche gruppo di capre. Passo per Catriel dove ci sono pozzi di estrazione del petrolio che hanno cambiato definitvamente lo stile di vita della gente di qui. Ogni tanto vengo "svegliato" da una zaffata di origano, oppure da un odore intenso di aglio quando un camion che ne trasporta qualche centinaio di chili mi sorpassa. E' durissima pedalare di giorno su queste strade, per combattere con il vento ora sono riuscito a trovare una posizione piu' aerodinamica che mi permette di alternare la seduta. Appoggio gli avambracci sul manubrio e li apro fino ai cornini, con le mani prendo lo zainetto davanti. A forza di provare e riprovare ho trovato un buon equilibrio e a volte mi trovo a pedalare con la testa bassa che punta alla riga bianca cercando di continuare a pestarla. E' un viaggio di solitudine che viene alleviato in particolare dai camionisti che mi sfanalano, mi mostrano il pollice, dagli automobilisti che suonano il clacson a festa, dagli "stradini" che anche oggi hanno fatto una gran festa al mio passaggio, ed agli incontri casuali a cui si va incontro quando mi fermo a rifocillarmi. E' in una stazione di servizio che incontro Luciano. Gestisce il negozio attiguo, glñi compro un litro e mezzo di "bibita" (qui mi piace molto l'agua saborizada a gusti di frutta) e lui timidamente mi saluta. Fuori mi fermo a fare 2 chiacchiere con un tipo e dopo un po' rispunta Luciano con la macchina fotografica intento ad immortalare Bomba. Segue una mezz'ora di consigli sul viaggioin bicicletta che mi chiede. E' un ciclista, e l'abbronzatura non mente, vorrebbe fare un viaggio sulla costa cilena e sembra avere bisogno di un "cuccio" che di certo non gli faro' mancare io. Il giorno dopo nel tappone mitico da 225 Km, arrivo con il vento in poppa (unica volta ma nel giorno giusto!!!!) a quella che sarebbe dovuta essere la mia destinazione finale per quel giorno, Puelen. Un ristorante, 2 case e mi dicono anche un campeggio che non era previsto. Sono solo le 14 e decido di pedalare ancora sfruttando l'accompagnamento inaspettato del vento. Ma prima mi fermo a comprare qualcosa di fresco da bere. Entro e ci sono 5 persone sedute a mangiare. A un tavolo siede Juan, un maestro della zona che una volta ascoltato da dove vengo mi dice "Ti ho visto oggi all'Algarrobo..... e ora sei qui... merda!". Mi prende in simpatia (o in compassione...) e mi offre la bibita e un piatto di cappellettini, che sembrano molto ravioli al vapore cinesi, se non fosse che li sommergo di formaggio.
2 giorni fa ho scoperto di essere entrato definitivamente in Patagonia quando ad un controllo fitosanitario ho dichiarato di avere nelle borse ben 2 mele e mi hanno lasciato 2 possibilita': Mangiarle li' o consegnarle a loro, perche' la Patagonia, mi informano, e' zona libera dalla mosca della frutta. Io stupidamente mi immaginavo la Patagonia come una striscia piccola a ridosso delle ANde che poi si allarga a sud alla fine, mentre e' una porzione ben piu' vasta di Argentina. Qui il verde comincia a vedersi molto di piu', la frutta sembra essere di altro livello, oggi mi sono mangiato 4 belle e succose pesche bianche. Nel negozietto sulla strada, la frutta esposta e' quella che si trova da noi in estate e la presenza delle ciliege e degli alberi tutt'intorno per un attimo mi ha riportato alla mente Vignola. E poi finlamente ho trovato dell'acqua, oggi passando per una diga. Cristallina, si stavano facendo il bagno un po' di ragazzi. Io ero super accalorato e la tentazione era troppo forte. Giro a sinistra e scendo al fiume appoggio la bici sui sassi e mi tolgo tutto tranne i pantaloncini sapendo di stare attirando l'attenzione di tutta la "spiaggia". Mi immergo nell'acqua fresca che mi fa subito tirare un sospiro di sollievo. Rimango a mollo una mezz'oretta e poi esco e mi rivesto senza asciugarmi, tanto con il caldo che fa ci ho messo 20 minuti a ritornare bello secco.
Ora sono a Neuquen che in lingua Mapuche significa potente. Domattina me ne rimarro' a letto, per la prima volta dopo tanti giorni, almeno fino alle 7 o forse addirituura alle 8 (esageriamo). Rimango qui uno o due giorni a riposare ma lo scopo in realta' e' far riprendere vita al PC che per la seconda volta mi ha lasciato (domani l'incontro con il tecnico) e fare qualche compera tipo un nuovo paio di occhiali visto che gli altri si sono rotti in 4 parti e sono 2 giorni che viaggio con lo scotch e la colla a reggerli che sembro Cosmic (citazione modenese). Per le feste invece potrei addirittura regalarmi una sella nuova.... c'ho i miei perche'.....


A San Rafael mi ha fatto un'intervista un giornalista piu' interessato al folclore che alla causa Saharawi. Per la precisione non ho mai fatto alcun riferimento ad Omar Sivori di cui probabilmente il giornalista e' stato un grande estimatore. Comunque l'articolo e' qui sotto.

http://www.diariosanrafael.com.ar/51529

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giovedì 16 dicembre 2010

Aconcagua

Apro gli occhi, sono le 6. curioso guardo la temperatura in tenda. C'è 1°, rimango nel sacco, ma la voglia di uscire dalla tenda è tanta. Mi riappisolo ancora un po' e alle 8 vado fuori, non c'è ancora nessuno, il campamento di Confluencia sta riposando in attesa di una nuova giornata di ascese. Quando i raggi del sole cominciano a fare capolino, le tende iniziano a muoversi, i primi sbadigli, i primi saluti, la vita riprende. Rumore di stoviglie, fornelli in azione per una colazione abbondante in vista della giornata.
In 30 minuti si passa da avere addosso 3 strati di vestiti a rimanere in maniche corte, con la testa coperta per proteggerla dai potenti raggi di un sole che scalda già dalle prime ore della mattina.
Ognuno degli "andinisti" presenti ha i propri piani ben precisi. Per essere qui bisogna procurarsi un permesso e ne esistono di 3 tipi: da 3, 7 e 20 giorni. Il più lungo è per chi tenterà di raggiungere la vetta. Nel campamento c'è un bellissimo clima, per trovarsi in questo posto bisogna amare la montagna ed averla frequentata. Qui ci sono ragazzi e ragazze che da soli proveranno proveranno a salire fino in cima, hanno programmato le tappe, il cibo, l'acclimatamento e soprattutto stanno realizzando un sogno coltivato chissà da quanto tempo. La salita, mi dicono, tecnicamente non è difficile, sono necessari una ottima preparazione fisica e mentale e poi è indispensabile regolarsi bene con l'idratazione, l'alimentazione e soprattutto l'acclimatamento alle alte quote. Naturalmente poi c'è la variabile più importante di tutte che è il tempo, quella che ha costretto un gruppo di spagnoli a 5 giorni al campamento nido de los condores a 5500 mt a causa del vento troppo forte. Per loro il sogno è svanito e me lo racconta uno di loro sulla strada del mesto ritorno, ma già battagliero nel volerci ritentare o nel provare dall'altra parte del mondo con il Baltoro.
Qui poi ci sono le spedizioni che, profumatamente, portano i turisti a percorrere tutte le opzioni, dall'ascesa fino in vetta al "giretto" che ho fatto io (per cui chiedono 390 dollari americani!!!).
Il giorno della salita siamo in 7-8 con le tende che viaggiamo senza guida. Mi accompagnerà nel trekking Pierre, un giovane francese conosciuto sul bus che con la sua tenda noleggiata a Mendoza ha come me un permesso di 3 giorni. La lingua comune purtroppo non sarà lo spagnolo ma diventerà per 3 giorni l'inglese. La montagna sognata la puoi vedere da lontano, ma solo una fettina, il resto è nascosto dietro ad altre pareti e ti invita a farti largo. Il sentiero sale al fianco del fiume e arriviamo a vedere da dove pesca l'acqua che beviamo nel campamento. Il cielo è di un azzurro marino. Neanche una nuvola. Il passo è spedito e animato dalla curiosità di vederLA.
L'Aconcagua man mano che saliamo si concede sempre un po' di più e ci affianchiamo al suo ghiacciaio, come i bimbi allo strascico della sposa. E' tutto coperto di sabbia, non sembra neppure un ghiacciaio. Il sentiero qui si divide in mille rivoli. Si può percorrere direttamente il greto secco del fiume o il ghaione che "guarda" la morena. Al Mirador la vista è spettacolare, piena sulla parete pronta per essere scalata. Chi va in vetta per la via "normale" non lo farà su questa parete, ma dietro. Su questa si sono cimentate spedizioni di tutto il mondo e naturalmente esiste anche la variante Messner. Pierre è esausto e si ferma, io procedo verso Plaza Francia, meta finale del nostro trek. Ci arrivo dopo altri saliscendi sabbiosi e mi ritrovo sotto la parete. Lo spettacolo è indescrivibile, il bianco accecante, la montagna è immensa, sembra caderti addosso. Mi fermo per immortalare l'ennesimo momento incredibile che mi regala questo viaggio. Oggi solo io arriverò qui.


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domenica 12 dicembre 2010

Incontri verso Mendoza

Sono proprio stato contento di ricevere informazioni dai campi e di nuovo di “sentire” Rossana. E allora è venuto il momento di presentare la “Ciurma” come la chiama Mauro e tutti noi che ne facciamo parte, a tutti quelli che stanno leggendo questo post.

E' un gruppo di persone, professionisti, gente cor pezzo de carta, che vuole aiutare Rossana (per lei i complimenti per i risultati e la passione che ci mette sarebbero sempre troppo riduttivi) e Riod e Oro a migliorare lo stato di salute dei saharawi che abitano nei campi vicino a Tindouf. C'è la parte della fisioterapia che in qualche modo salta fuori in questo forum, c'è la parte dell'attività sportiva nelle scuole (grande Giovanni!) e c'è il “Progetto Epilessia” che vede Mauro come timoniere, ma insieme a lui un gruppo ben nutrito che conduce il lavoro e che è arrivato a risultati difficilmente ipotizzabili all'inizio. Ci hanno, anzi ci abbiamo (mi ci metto anch'io) creduto. Sebbene a distanza, non ci si vede spesso, tra di noi corre un filo che ci avvolge e ci tiene uniti. Il filo è l'amore per questo popolo e per la sua giusta lotta che mi fa dire “Grandissima ciurma”, continuiamo così e vedremo di fare in modo di reicontrarci. Con la mente non ci siamo mai lasciati. Per inciso un grandissimo in bocca al lupo ai fisioterapisti che ho incontrato prima di partire e che presteranno a brevissimo il proprio lavoro volontario nei campi, ciascuno per 3 settimane allo scopo di verificare e migliorare il livello teorico-pratico dei ragazzi formati fin qui. Anche per loro c'è un posto prenotato nella ciurma!


Questi ultimi giorni sono stati forrieri di incontri speciali come quelli con 2 giornalisti che sono venuti a me in maniera incredibilmente casuale. Vado in cerca di visibilità per il Popolo Saharawi contattando diverse redazioni, poi succede che mi fermo a mangiare una mela ai 2020 mt, in cima alla Cuesta de Miranda. Nel mentre arriva una macchina e scende Omar Barberis per ringraziare una madonna, come si usa fare qui. Mi vede e attacca bottone, parliamo un po' del mio viaggio e mi chiede se mi può fare un'intervista. “Claro que si” gli rispondo, e lui tira fuori cavalletto, cinepresa professionale e microfono e ascolta con sorpresa tutta la “faccenda” saharawi. E' un reporter freelance e sta terminando un documentario che si intitola “Aicuña non è un paese di albini”, che descrive la vita di 3 albini e il loro livello di integrazione in una piccolissima comunità di queste parti.

Il giorno dopo pedalo tranquillo verso Jachal e scorgo un tipo che mi sembra stia pescando. Mi vede e capisco che, per questo, sta interrompendo quello che stava facendo. Lo passo mengtre monta sulla sua bici da corsa e lo rivedo nello specchietto, mentre cerca di raggiungermi. Rallento e mi si affianca, cominciano a chiacchierare. Lui un po meno, l'affanno lo coglie a ogni pedalata.

All'ingresso a Jachal faccio per salutarlo e lui “Ti dispiace se ti faccio un'intervista per radio?”. Tira fuori quella che pensavo fosse una canna da pesca invece è una radio con un'antenna bella lunga e entra direttamente nel programma della radio del paese vicino. Mi manda in diretta e racconto a chi è in ascolto le mie peripezie e l'obiettivo del viaggio.

Lo stesso giorno, al pomeriggio sono seduta al parco su una panchina e osservo con timore per il giorno dopo gli alberi piegati dal vento. Vedo da lontano un vecchietto che sta puntando tra mille panchine vuote proprio la mia. Si fa largo di fianco a me “Joven como estàs?”. Parla come si fa quando simita un vecchietto e ha un aspetto alla Teomondo Scrofalo. Anche con lui facciamo 2 chiacchiere sul tempo, sulla delinquenza ecc. e poi quando gli dico che viaggio da solo mi risponde “Mierda che!” Certo che ognuno ha i propri modi di dire, ma sentirlo dire così mi ha stimolato una bella risata, e anche a lui.

Pedalisticamente parlando sono sceso un tot, in questi giorni ho viaggiato bello spedito, fermandomi in corrispondenza delle città o dei paesini in cui immaginavo avrei trovato da dormire. Solo che le distanze si sono fatte lunghissime. I paesi sono sparsi su un territorio infinito. Mentre pedalo in mezzo alla pampa, mi acorgo di arrivare quando vedo in mezzo al nulla una macchia verde, alberi piantati che mi comunicano che la meta è vicina. Gli ultimi 2 giorni sono stati da 170 Km alla volta! Il vento si sta facendo micidiale. Per 2 giorni c'è stato quello che chiamano “vento di Sonda” che viene dal Cile, mi spinge a sinistra in mezzo alla strada ed è caldissimo, anche se non ce ne sarebbe bisogno. Per il caldo che fa mi sveglio alle 5 e parto alle 6 per fare più strada possibile prima che inizi la cottura. Ieri invece è cambiato, è stato vento da sud, perfettamente contrario, continuo e intenso. Ce l'ho avuto contro per gli ultimi 150 km. Ci ho messo la bellezza di 13 ore ad arrivare a Mendoza, mentre il giorno prima ce ne ho messe la metà. Con Bomba ci stiamo temprando bene bene. Ora vado veloce perchè il panorama per ventinaia di km è molto simile ed un poco noioso, poi tra l'inizio e la fine c'è l'assoluto nulla. La mia mappa tra Jachal e Mendoza segna un paese che si chiama Talacasto. Ci arrivo e ci trovo una casa con dentro un paio di bagni e un negozietto che vende acqua bibite e biscotti...

A volte mi trovo a cercare di stare sulla linea bianca come un gioco che mi fa passare il tempo, oppure a cantare a squarciagola disturbato dal puzzo dei corpi in putrefazione di asini e cavalli al bordo della strada.

Ci sono però state anche alcune perle come la Cuesta de Miranda in cui ho riabbracciato la montagna, salendo fino a 2000 mt in mezzo a una terra rossa ottimo sfondo per un film con John Wayne. Dalla cime si scende e si passa a un paesaggio completamente verde in meno di un attimo. La Cienaga, un lago che si sta prosciugando con sullo sfondo uno ei tanti 6000 che mi accompagneranno quando riprenderò a scendere. Sì, perchè adesso sono fermo a Mendoza, la città che fino ad ora mi sta più addosso. Tanti parchi, gente rilassata, cinema, teatro e un ostello con persone molto simpatiche. Oggi è servito per riposarmi e per sbrigare una faccenda... Da quando sono partito gli Alternattivi, quei matti con cui vado in montagna, non fanno più un uscita per il maltempo. Uno dice “Sfortuna” ma in realtà l'anno scorso non ne è saltata nemmeno una, ricordo una mitica uscita in Grigna in mezzo a acqua e neve, un San Valentino speciale, picozze friggere sopra Alleghe... Insomma voglio dire che in verità c'è un incantesimo che regola il clima avverso e che sarà rotto solo quando io farò un'escursione dall'altra parte del mondo. Beh Alternattivi! Il giorno del riscatto è arrivato, riprenderete con le escursioni perchè io ho appena comprato un permesso di 3 giorni per il parco dell'Aconcagua!!!!! Vi porterò idealmente con me a guardare la cima più alta d'America.

Qui il link di un articolo che mi ha pubblicato Mendoza Opina

Per vedere tutte le foto clicca su quella qui sotto con questa bella tavola imbandita


lunedì 6 dicembre 2010

Ruta 40!


Finalmente sono giunto all'aggancio con la mitica Ruta 40 che mi ha subito messo a dura prova, soprattutto mentale. La strada corre con continui saliscendi, ma diritta, infinitamente diritta, a volte si perde all'orizzonte. Le distanze a occhio non si riescono a calcolare. Oggi mi sono detto “a Pituil, che sta li in fondi mancheranno 3-4 km” Invece erano 15! Affrontare in bicicletta questa strada è una questione soprattutto mentale. Pedalare con costanza, guardarsi intorno, occuparsi il tempo. Io ascolto un po' di musica e a volte mi ritrovo a cantare quasi gridando, tanto ci sono solo io, il traffico è scarsissimo. Mi piace anche pensare a voce alta, parlare da solo mi aiuta a fissare i concetti, le parole e mi tiene compagnia. A fianco della strada sono poi immancabili gli altarini al Gauchito Gil, una specie di Robin Hood che fece obiezione di coscienza durante la guerra civile e a cui le persone si rivolgono per la concessione di qualche miracolo. Ma sulla strada c'è anche la “concorrenza”. La Difunta Correa, che è rappresentata sdraiata, morta, con il suo bimbo a vegliare su di lei. La stora racconta di lei che segue il battaglione del marito durante la guerra civile soccorrendo i feriti, portando cibo e acqua, e muore per la fatica e per la sete. Anche a lei si chiedono miracoli o si ringrazia per quelli “avvenuti”. Gli altarini di entrambi, sia chiaro che io sto dalla parte del Gauchito Gil, sono pieni di ogni tipo di oggetto, tra i più particolari ci sono confezioni di medicinali e un gesso (usato) di una gamba. Le postazioni della Difunta Correa sono contornate di bottiglie piene d'acqua per via della sete patita dalla signora durante la guerra.
La ruta 40 corre lontano dalle grandi città ed attraversa paesaggi diversissimi tra loro. Prima di Belèn passa in mezzo a una gola tra montagne verdi, Attorno a Punta de Balasto è deserto bianco pieno di cespugli, verso Chilecito diventa rosso con tutto attorno montagne piene di cactus. Per adesso tanto asfalto. Solo 40 km di “ripio”, lo sterrato come lo chiamano qui, che mi ha ricordato quello peruviano. Nonostante la sabbia è stato un tratto comunque pedalabile. Si scende dalal bici quando c'è troppa sabbia e si risale appena si intravede una linea che sembra essere compatta e così via. Mi sono anche “goduto” una giornatina di pioggia ieri, la prima in Argentina. Mi sveglio la mattina, sta spiovviginando e il cielo non promette niente di meglio, soprattutto nella mia direzione. Sono le 6.40 e parto con un bel fresco che non ricordavo più. Dopo 40 Km inizia a piovere, mi metto in tenuta “acquatica” e la becco a intermittenza per circa 3 ore. La pioggia su un ciclista attiva immediatamente un surplus di solidarietà, allora ecco che mi si affianca una macchina con una coppia di francesi e mentre sono intento a cantare sotto il cappuccio, tirano giù il finestrino e mi dicono “bravò, bravò” con il pugno chiuso. Altri fanno uscire un braccio dal finestrino e mi mostrano il pollice per incitarmi. Loro penseranno che io stia soffrendo, invece me la sto godendo, dopo tanto caldo finalmente un po' di fresco e niente sole. Poi con la mia tenuta mica mi bagno! Alla fine della giornata cerco un posto per dormire e quello che vedo dalla strada non mi piace, in verità nella mia testa frullava l'idea di arrivare ad Andolucas dove avevo letto che avrei trovato un complesso turistico con un campeggio. Mi faccio altri 25 Km e ci arrivo, sembra tutto chiuso, percorro la discesona e alla fine ne trovo un paio, che da noi sarebbero parchi come il Lido del Reno a Casalecchio, con le immancabili griglie per l'”asadito” (per inciso, qui ho visto operai che in pausa pranzo tirano fuori al vordo della strada carbonella e una griglia e si fanno l'asado!). Mi piazzo proprio davanti ad una delle “cucine”, con griglia e lavandino e monto la tenda. Il clima è rilassato, è domenica e le famiglie stanno finendo di pranzare, alcuni giovani giocano a pallone e io mi metto a leggere un libro che mi sono scaricato sul PC (la carta l'ho finita...). Alla sera mi faccio un riso in busta con una bella birrozza. Poi mi sparo pane con dulce de leche e un tè. Prima di andare a letto mi guardo intorno e sono rimasto solo io. Stamattina mi sveglio all'alba, preparo tutto e part... “e sto fiume da do ve salta fuori?”. Il passaggio è ostruito dal fiume che si deve essere alzato dopo la pioggia di ieri. Mi guardo attorno e c'è un signore che inesorabilmente mi fa cenno che il passaggio è quello. Mi metto l'anima in pace, mi levo le scarpe e lo attraverso per vedere quanto è profondo. Mi arriva al polpaccio, torno indietro, sollevo Bomba e la trasporto dall'altra parte, poi recupero le scarpe, mi sciugo e finalmente posso ripartire.
In questi giorni ho comunicato intercontinentalmente con Enrico dall'Australia che mi ricordava che Barbara sta per partire per l'Egitto per la sua tesi di master e ho pensato “ma tu guarda che i 3 fisioterapisti senza frontiere “bolognesi” (di adozione, perchè nessuno dei 3....) presidieranno nei prossimi 2 mesi 3 continenti diversi! E poi a Febbraio torneremo tutti e ce ne saranno un tot da raccontare. Samanta ora che è convalescente sta strutturando il suo viaggione e mi piace sentirla nella fase in cui mi sono trovato io, con mille porte aperte ma senza la possibilità di entrare in tutte. Scegliere la migliore, che impresa! Vai donna bionica! In un modo o nell'altro ci troveremo laggiù nelle terre estreme!
A me invece il domani riserva il tappone della Cuesta de Miranda che mi farà salire di 1000 metri e soprattutto valicare una catena che mi separa la visuale dai “6000” che corrono lungo il confine con il Cile. Avvicinandomi a Mendoza ne scorgerò alcuni, con le loro cime innevate, e chissà che non mi capiterà di farci un saltino sopra...
Quando trovo internet in giro do una letta ai giornali per vedere cosa succede a casa, e di certo di cose ne passano. Nel Sahara occupato ci sono più di 30 morti accertati e un centinaio di feriti a seguito della repressione che tuttora continua da parte delle “forze dell'ordine” marocchine. C'è una risoluzione di condanna dell'ONU per quello che serve, ma la situazione ora è molto calda. A casa nostra il governo sta per cadere e il 14 forse sarà l'ultimo giorno, speriamo sia la volta buona. Una notizia poi che mi ha toccato profondamente è stata la morte di Monicelli, ma soprattutto il solito scempio da parte dei nuovi crociati che vorrebbero sempre mettere parola nelle decisioni degli altri. Per loro la vita non è nella disponibilità dell'uomo? E che la diano a chi vogliono, ma abbiano il rispetto e l'intelligenza di pensare che al mondo ci sono milioni di persone che non la pensano come loro. Io sono uno di questi e la mia peggior paura è di finire questa mia vita nelle mani di questi maledetti che in base a loro principi, non di certo ai miei, sindacheranno sul significato della vita cercando di prolungarmela il più a lungo possibile. Un caro abbraccio e soprattutto un grande rispetto ad un uomo che ha deciso cosa era meglio per lui.
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giovedì 2 dicembre 2010

Ogni giorno sempre meglio!

Ho ripreso a pedalare e di nuovo ogni giorno si è trasformato in una scoperta. Mi ritrovo a viaggiare con il sorriso e a cantare in mezzo a un panorama che varrebbe ogni sforzo. Dopo i “bagordi” di Jujuy percorro “la cornisa”, la vecchia strada che collega la città con Salta e mi ritrovo a salire tra i monti in mezzo a boschi. Respiro addirittura l'odore dei primi pini che mi fanno fare un salto transoceanico sui nostri colli. E' tutto verde, un'arietta fresca mi spinge e mi porta fino al passetto a 1500 mt dove incontro un trio di cicloviaggiatori e un ragazzo di Forlì (lo sgamo subito...). Continuo a pedalare in mezzo a prati verdi e cavalli liberi. Le piantagioni di tabacco e le piante di carrubo mi circondano. E' una meraviglia, volo, arrivo a Salta ed esco dall'hostal per fare compere. Vengo più volte attirato nei locali che sono tutti sintonizzati su Barcellona- Real Madrid. I camerieri sembrano sonnambuli, camminano avanti ma hanno la testa che continuamente cerca la TV. Invece della partita vado a trovare Matt, il ciclista che ormai incontro spesso, che ha deciso di fermarsi un giorno a Salta prima di lasciare per un paio di settimane la sua bici e raggiungere un amico in Cile. Lo vedo sempre volentieri, ci facciamo una birretta e ci lasciamo convinti che ci vedremo altre volte prima della fine del nostro viaggio che coincide sia come meta finale che come termine ultimo.

Dopo una tappa in piano, oggi mi sono ritrovato a pedalare in uno scenario fantastico. E' stato un paesaggio che non mi ha dato tregua, cambiava in continuazione e mi “costringeva” a stare con gli occhi spalancati. A volte sembrava di essere nel far west, altre nel sud della bolivia, altre ancora nel deserto. La gola del Diavolo, il rospo, l'obelisco sono alcuni dei nomi che hanno dato a formazioni rocciose risultato di secoli di erosione. Il caldo è intenso, se ci fosse il nostro livello di umidità sarebbe quasi insopportabile, ma qui non piove mentre in questa stagione già dovrebbe farlo da 2 settimane.

Al Cafayate arrivo dopo 108 km spensierati e mi regalo una stanza tutta per me, come ero abituato in Bolivia. La “follia” costa 13 euri, ma mi vizio, ed esco a comprare provviste. I prossimi 100o km saranno senza città di rilievo e mi sa che tornerò a tirare fuori la tenda e a dormire sotto le stelle. A meno che non sia molto più diffusa di quanto penso l'accoglienza famigliare che ho sperimentato per la prima volta dormendo a La Vina dala famiglia Copa, unica possibilità di dormire al coperto nel pueblito.

Ormai sono più di 50 giorni che sono via e l'organizzazione che mi sono dato per il cibo prevede che per il pranzo nelle borse non manchino mai pane, formaggio, dulce de leche e mele, per cui faccio cosrta di quello che mi manca il giorno prima. E' un mix che dal punto di vista nutritivo e calorico mi fa stare bene, mi riempie e mi basta fino alla sera in cui in paese qualcosa trovo. Se non è così ho un po' di buste di cibo pronto che mi preparo col fornello. Per affrontare un centinaio di km è una buona dieta, inoltre l'affanno ora che non sono più in altura lo sento molto meno e non devo ricorrere a masticare foglie di coca :-). “Coquiàr” è il termine che usano qui per definire il masticare coca. E' un'abitudine hanno in molti, li vedi per strada con la pallottolina che gonfia la guancia. Quasi tutti i negozi di alimenatri la vendono, hanno fuori i cartelli con scritto “Coca y bica” dove bica sta per bicarbonato. Gustavo ha un piccolo contenitore che tiene nella tasca con un piccolissimo cucchiaino con cui pesca un po' di “bica” e lo aggiunge alla masticata perchè lo aiuta a salivare. Gli raccontavo che da noi si fa molta confusione tra coca e cocaina e che molta gente al sentire che c'è un uso diffuso di coca pensa che sia una cosa strana. Ha sorriso.

Adesso vado a fare un po' i piani, per quello che sarà possibile, dei prossimi 1000 km, con la pancia piena dopo una insalata di pomodori, cetrioli e avocado che mi sono cucinato abbondantemente con un pezzo di...... incredibile ma vero.. Gorgonzola!! Una Quilmes (birra) nera come ciliegina sulla torta. Io non me la sento di sorseggiare con la bevanda che qua ritengono fenomenale.... Fernet e coca-cola... sturerebbe un cesso al posto di Mastrolindo...


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