Pedalando per il Popolo Saharawi

Storia di un viaggio di solidarietà in bicicletta
Ottobre 2010/Febbraio 2011
8000 Km

sabato 14 aprile 2012

Si riparte!!!!

Al termine del mio ultimo viaggio da subito era girata per la testa l'idea di ripartire.. Beh l'idea si è fatta concreta e inforco nuovamente Bomba. il progetto "Pedalando per il Popolo Saharawi" ora continua in CICLANDINA. Se volete seguirlo andate su


 Ciao!

giovedì 9 giugno 2011

Proiezione del video del viaggio

Finalmente ci siamo, lunedi prossimo 13 Giugno alle 21 alla Biblioteca di Castelfranco Emilia (MO) insieme al CAI di Castelfranco abbiamo organizzato la proiezione del video del viaggio in bici. Ormai è passato qualche mese e mentre le sensazioni del viaggio si affievoliscono, i ricordi fanno invece sempre tornare il sorriso appena rispuntano nei miei pensieri. Lunedi si fa 2 chiacchiere sul viaggio e poi proietto un video di una mezz'oretta che tenta di concentrare 4 mesi di pedalate, incontri, emozioni...
Per chi ci sarà ci si vede là!


sabato 5 marzo 2011

La buena onda

Ormai è una decina di giorni che sono tornato. C'è chi mi ha chiesto "Allora!?!? com è stato il ritorno alla realtà?" oppure "come si fa a iniziare un'altra volta a lavorare dopo 4 mesi così?". Beh diciamo che non ci sono ricette particolari, si fa e basta. Ma non perchè i ritmi della vita concedono qualche tregua, qualche momento in cui possiamo "vivere veramente" e poi tocca tornare alla normalità. Non è la maniera in cui vedo la mia vita e non sono alla ricerca di quei picchi che ogni tanto mi facciano allontanare dalla routine. Il vero obiettivo è godermi il quotidiano ed è quello che ho fatto quando ho preparato il viaggio nella mia testa e quando l'ho portato a termine con le mie gambe. Non c'è molto da aggiungere alle emozioni di cui ho riempito questo blog che è stato durante quei giorni un fedele compagno di viaggio con cui mi sono confidato (per fortuna c'è internet...:-) . Stare così tanto tempo lontano da casa con obiettivi così diversi a quelli che avevano riempito le mie giornate fino al momento della partenza, è stato "pieno di tutto" che ha praticamente colmato il mio "forziere emozionale". Ora, mentre scrivo queste righe, ripenso a quei giorni, riguardo le foto, apro il forziere e lo trovo ancora pieno tanto che penso mi toccherà trovarne un altro da riempire. Ora di nuovo si torna al lavoro, al contatto con persone che hanno bisogno e che mi piace poter aiutare. La loro gratitudine riempirà lentamente il nuovo forziere, così come faranno i momenti che passerò con i miei amici, mangiando insieme, andando a qualche bel concerto, le serate di solitudine a casa, al cinema, a teatro, leggendo un bel libro, le camminate e le ferrate in montagna, i giri in bicicletta e tutto quello che avrò voglia di fare. Così era prima e così sarà ora che sono tornato... fino al prossimo viaggio :-)


P.S. se non si era capito, dimenticavo di dire che questo viaggio è stata una figataaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa!!!!!!!!!!


P.P.S. Il blog mica lo chiudo, rimane qua e dentro ci finirà quello che in qualche modo nascerà dal viaggio appena terminato.......

lunedì 21 febbraio 2011

La fine del mondo

Stamattina alle 6.30 ero gia' sveglio, con un bel sorriso stampato in faccia. In testa mi frullano tanti ricordi, immagini nitide di tutto quello che ho vissuto per arrrivare fin qui ad Ushuaia, la citta' piu' australe del mondo. Leggo che non si trova piu' a sud di quanto Belfast si trovi a nord e questo spiega perche' non fa freddissimo da queste parti. Scopro anche che il segnale del GPS pare essersi interrotto a Rio Gallegos e questo accidente tecnologico ha messo in apprensione la mia famigliola, ora rincuorata dal sapermi vivo e alla fine dle mio viaggio. Da Rio Gallegos e' stata ancora una splendida cavalcata attraverso paesaggi ancora diversi. La Terra del Fuoco e' una Provincia piuttosto ricca, con giacimenti di petrolio e molte fabbriche. Rimango sorpreso dalla dimensione di Rio Gallegos, Rio Grande ed Ushuaia. Incontro lavoratori che mi raccontano di essersi trasferiti qui dove e' piu' facile trovare un impiego e dove pagano meglio. Il territorio e' un groviglio di confini e si ripassa nuovamente in Cile. Al porticciolo non c'e' nulla per dormire al coperto e troviamo nel parador con annesso ufficio info il riparo dal freddo e la possibilita' di piantare nel patio antistante la tenda. La strada che parte dal porto si inoltra nella parte cilena della Terra del Fuoco ma viene usata soprattutto dagli argentini che vanno e vengono da Rio Grande ed Ushuaia. Essendo su territorio cileno, i cileni hanno asfaltato fino alla cittadina di Cerro Sombrero, poi sono 120 km di ripio che gli argentini maledicono. Programmiamo 2 giorni e ci avvaliamo dei consigli di Jan, un cicloviaggiatore danese/canadese e ci fermiamo nel mezzo a Cullen dove c'e' una centrale per la lavorazione del petrolio. Una volta c'era un piccolo paese nato all'inizio perche' da queste parti si trovava un sacco d'oro. Ora rimane solo il ricordo del tempo che fu. Il tempo avanza e ora questa moderna centrale ci vede arrivare e chiedere informazioni su dove si possa dormire, ben sapendo dalle info che loro potrebbero avere una bella risposta pronta per noi. Con un bel sorriso un ragazzo ci dice di seguirlo e ci trova una stanza con 2 letti, ben riscaldata, ci da la chiave del bagno dei pezzi grossi che in questo momento non ci sono... e ci illustra i servizi che offre la planta, in particolare il cibo. "Dalle 5 si puo' prendere un cafecito con pancito, poi verso le 7.30 si cena. Domani la colazione e' dalle 6". Domando ipocritamente quanto costera' tutto questo e lui mi risponde "naturalmente nulla, noi non possiamo incassare denaro, ma qui alla planta il cibo avanza!". Passare dal nulla in cui stiamo pedalando al confort di questo posto e' un balzo piacevole che farebbe venire voglia di fermarsi un po' di piu', ma altra strada ci attende e la mattina dopo partiamo con gia' un vento tagliente ad accompagnarci. Dopo 200 metri salto su un buco e la ruota di dietro sento che tocca il cerchio... bucata in un attimo. Controllo e vedo pure un raggio rotto. Fa troppo freddo per ripararla li, si torna alla planta dove rimetto in sesto Bomba e ci viene offerto un altro cefecito. Ripartiamo e arriviamo a San Sebastian,usciamo dal Cile e rientriamo in Argentina assaporando la fine del ripio. Da qui solo asfalto fino in fondo. Alla frontiera argentina pare ci sia un posto dove "quelli che viaggiano in bici" sono soliti passare la notte. Si trova fra i 2 bagni pubblici. C'e' in effetti una stanza, una sala d'attesa, entro e ci trovo una panca, una stufa e una cucina con acqua e gas! Spettacolare! Ci faranno compagnia una coppia di canadesi anche loro in bici, un cileno e una spagnola che girano in autostop. La stufa riscalda l'ambiente, troppo, troppissimo, il clima e' tropicale, dentro il sacco a pelo non si puo' stare. Per fortuna viene presto mattina e si riparte sotto una leggera pioggerellina e un bel cielo grigio per un tratto monotono di strada fino a Rio Grande. Piu' carino invece il pezzo successivo fino a Tolhuin in cui si costeggia il mare, si aprono finestre irlandesi con mille pecore sparse su un prato verde. Tolhuin e' un paesino pittoresco che si trova proprio a meta' tra Rio Grande ed Ushuaia. In bicicletta e' una tappa obbligata. Bomba continua a comunicarmi che non se ne vuole andare. Sente la fine vicina. Dopo aver forato e aver rotto un raggio, si strappa la catena. Con me ho gli arnesi e la aggiusto ma sento Bomba piu' triste che mai. Il passaparola tra cicloviaggiatori ci porta alla panaderia di Tolhuin che e' una roba gigantesca, da non credere in un posto cosi'. Mi avvicino al bancone in mezzo a un sacco di gente e chiedo a una delle signore che stanno servendo "Mi hanno detto che questa dovrebbe essere tipo una casa di ciclisti". Si apre in un sorriso e va a chiamare un ragazzo che ci dice di seguirlo. Ci infiliamo belli sudati in cucina passando in mezzo a ogni ben di dio in fase di preparazione. Arriviamo in magazzino dove c'e' una stanza con un po' di materassi per dormire e un bagno. Nel libro degli ospiti troviamo tracce del passaggio del gruppo del Cicloviaggiatore il mese scorso. Le belle info per fortuna passano e posti come questo diventano in breve un must per chi passa di qua. Il padrone, che qui ha decisamente fatto fortuna, e' un ciclista, ma anche tanto altro, nel locale ci sono foto sue mentre mostra il gagliardetto della Panaderia in vetta a montagne innevate in Tanzania, in Antartide.. e ora e' dalle parti di Mendoza che attraversa la cordigliera a cavallo.. Passiamo la notte con la coppia di canadesi che arrivano qual che ora dopo di noi e con un americano che da Ushuaia prendera' una nave per arrivare poi dalle parti di Mendoza in coincidenza con un festival del vino a cui vuole assolutamente partecipare. Poi andra' sei mesi in Colombia per imparare lo spagnolo e in seguito dovra' tornare a casa a cercarsi un lavoro. L'ultimo giorno inizia con un freddo polare. Il cielo e' terso e iniziano a salire. Ushuaia e' l'unica citta' argentina a ovest della Cordigliera e per arrivarci si deve superare il passo Garibaldi. La gamba non e' un problema, giorno e' di quelli speciali. Mentre pedalo cerco emozioni, ripenso al primo giorno, all'uscita da Lima, a tutto quello che e' venuto dopo, alla fatica, agli incontri, a quello che ho provato. Mi si bagnano gli occhi, sono felice... poi CIAC!! Povera Bomba, cerca di dirmelo in tutti i modi che vuole che proseguiamo insieme, che continuo a coccolarla, a svegliarla ogni mattina e a metterla a letto ogni sera. Di nuovo la catena rotta. Mancano venti km, guardo Samanta "se non riesco ad aggiustarla me li faccio a piedi!". Ma alla fine, con le mani completamente nere risolvo anche questo problema e ripartiamo fino ad arrivare al cartello di benvenuto ad Ushuaia. Samanta rompe l'emozione in un pianto liberatorio di felicita' per un'impresa carica di significato e di emozioni conquistata cm dopo cm. Sono felice, il fisico potrebbe pedalare ancora, ma e' giunto il momento di godersi una felicita' conquistata in piu' di 4 mesi di viaggio, dopo 9300 km percorsi. Un'esperienza che rimarra' impressa indelebilmente nella mia memoria e che mi restituisce alla vita di tutti i giorni piu' ricco di prima e con una gioia straripante di viveree godermi questa vita.

martedì 15 febbraio 2011

Ventooooooo!

La decisione scatta in una notte passata in tenda di fianco a un fiume, quasi sotto a un ponte, come si direbbe. Domani si va al Calafate, non ci possiamo perdere il ghiacciaione. L'asfalto facilita, abbiamo fretta, vogliamo arrivare al bivio prima che il vento si alzi visto che, nel caso, ce l'avremmo contro. Non ci sara' vento tutto il giorno... All'ufficio informazioni la signorina mi dice che l'ultimo bus per il ghiacciao parte dopo un'ora e mezzo, appena in tempo per correre a cercare un'alloggio e fare la spesa per i 2 giorni successivi. Ritorno dopo mesi su un bus. Gente che parla e il finestrino a separarmi dalla strada... La' fuori i guanachi non vengono neppure visti dai turisti assonnati o intenti a leggere. Per fortuna riprendero' la mia amata Bomba, ma nel frattempo mi godo un ghiacciaio incredibile, che ancora avanza. Lo spettacolo e' assoluto, immenso. Ogni tanto il rumore di crolli di colonne di ghiaccio fa gridare i turisti in attesa dell'"evento". La macchina fotografica tenta di catturare l'imponenza di questo monumento naturale ma invano, bisogna essere li, ascoltarlo, lasciare che la vista si perda fin sopra alle montagne e poi verso il cielo. Illuminato dal sole emana riflessi azzurrissimi. Rimango incantato per un'ora, ma il freddo ci costringe in ritirata nel bar che attende i turisti nella trappola... Dal Calafate ci aspettavano 2 tapponi da 150 km ciascuno. Nel primo abbiamo fermato "a dedo" un pick up per farci dare un passaggio per superare almeno 20 km gia' fatti il giorno prima. In tutto il tratto il vento che soffia costantemente da ovest ci spingera' come mai mi e' capitato. La sensazione e' quella di avere uno dietro che ti spinge. Senza fatica ci si spara a 35/40 km all'ora che con le borse e tutto e' una bella velocita'. Dopo una costa che ci porta a salire di almeno 500 mt ci troviamo sulla pampa alta e li il vento spinge a dx, facendoci rischiare di finire in mezzo alla strada. Per una mezz'ora passiamo anche un po' di paura visti i racconti che altri riportavano di voli causati dal vento... Pedaliamo alla grande, sperando sempre che la strada prenda una bella piega a sn e si metta in linea con il vento. Arriviamo a La Esperanza verso le 17. E' un paesino in cui dormono i lavoratori dell'estrazione del petrolio e i prezzi per le 2 pensioni sono inaffrontabili. Chiedo a un tipo che sta pulendo una baracca se ci sono altri posti. Mi porta da un suo parente che sta mettendo a posto un locale per farci un comedor economico. "Ma vi serve anche un bagno, una cucina?". Quell'"anche" mi fa cogliere al volo la sua idea e gli rispondo "Abbiamo bisogno solo di un materasso", e in un attimo ci ritroviamod entro la baracca che sara' un riparo eccezionale, quanto basico, contro la pioggia di questa mattina. Ci svegliamo con un gran freddo fuori, il cielo completamente grigio e la disponibilita' della sera prima da parte del padrone di portarci in auto a Rio Gallegos... Non passa il passaggio... Affrontimo la pioggia e il vento, sempre fido alleato e dopo un'ora, quella che era una piccolissima striscia azzurra all'orizzonte alla nostra dx diventa tutto il cielo e in un paio di ore stiamo pedalando sotto il sole e un cielo pieno di nuvole con toni di blu da cartolina. Il vaento e' sempre fortissimo, quando e' di lato ti fa sbandare. Provo per sfizio a tornare indietro per vedere come se la passano quelli che partono da Ushuaia. Impressionante, non si avanza. La cavalcata oggi termina dopo 150 km a Rio Gallegos, una citta' che non ha nulla di speciale ma che mi fa sentire per la prima volta l'obiettivo vicino... mancano 6 tappe..


venerdì 11 febbraio 2011

Un passaggio di frontiera a dir poco avventuroso

Cercando in internet informazioni per il viaggio mi ero imbattuto in un passaggio di frontiera che veniva spiegato con disegni fatti a mano. Difficile reperire informazioni dettagliate. Da subito mi aveva attirato un sacco l'idea di passare da un paese a un altro in un tratto in cui e' possibile solo a piedi o in bicicletta. Si parte da Villa O'Higgins insieme ad altri cicloviaggiatori tra i quali un trio catalano molto simpatico. 6 km di ripio per arrivare al porto da cui parte la barca che porta dall'altra parte del lago. Ci scarica a Candelario Mancilla tra gli sguardi incuriositi di tutti gli atri passeggeri che continueranno la navigazione verso il ghiacciaio. Li dovrebbero esserci i cavalli ad aspettarci. Si possono "affittare" per portare i bagagli, a suon di pesos cileni. Non ci sono, verremo a sapere che erano al camping da un paio di ciclisti nordici che viaggeranno piu' leggeri. Dal lago e' tutta salita su una sterrata al massimo della pendenza, con sassoni, buche e sabbia. Cominciamo a spingere, di pedalare non se ne parla neppure. Si viene superati da un paio di trekker. Dopo circa 3 km la pendenza diminuisce. Si riesce a pedalare ma e' dura, la salita continua incessante per una costa. Giriamo dietro la montagna e inizia il fango. La bici si pianta e sollevare 50 kg non e' un affare semplice. Il sentiero e' continuamente interrotto da tronchi caduti e da piccoli corsi d'acqua che vanno attraversati. Si arriva dopo circa 10 km a costeggiare una pista d'atterraggio che appare in disuso, giungendo alla fine a scoprire che un fiume taglia la strada e un ponticello instabile rimane alla destra e ci costringe a tornare indietro, entrare nell'aeroporto e perrcorrere la pista. Belli stanchi giungiamo alla fine della prima parte di 15 km dopo circa 3 ore e troviamo i 3 catalani seduti a mangiare prima del cartello "Benvenuti in Argentina". Da li in poi sono 7 Km in cui le condizioni se possibile peggiorano perche' il sentiero si fa piccolo, la bici passa appena e le borse strisciano contro rovi ed alberi. Fango in molti punti. Ogni metro e' sudato, le braccia fanno male a forza di spingere e sollevare la bici. Arriviamo ad un corso d'acqua in cui mi fermo a pensare come fare per passare, visto che i tronchi che fungerebbero da ponte sono piu' pericolosi che altro. Mi sto togliendo le scarpe per attarversarlo a piedi nudi quando Samanta mi dice "Guarda qua, cosa ci fanno 2 stivali di gomme qui?". Sono appoggiati di fianco a un tronco. Me li infilo e in pompa magna guado il corso con le 2 biciclette. La sfida e' dura, non so quante volte mi ricapitera' di fare un'esperienza di "ciclocross" con una bici con 5 borse.. mi piace spingere, godermi la fatica che mi fara' ricordare questo iorno come un'impresa. Sembra sempre che siamo alla fine ma un altro albero, qualche metro di fanfo da superare. Poi inizia la discesa, prima ripida nel bosco, poi il sentiero si "interra" e le borse fanno fatica a passare. Per farla al contrario bisognerebbe portare in alto prima le borse, scendere e risalire solo con la bici, ma in discesa alla fine si fa. Usciamo dal bosco dove ci aspetta una vista mozzafiato del Fitz Roy che sovrasta la Laguna de Desierto. Unico! Si intravese il porto in cui arriviamo verso le 18, mezz'ora prima della partenza della barca. I catalani sono gia' scalzi sdraiati all'ombra. Il regalo di oggi e' stato un giorno come se ne vedono pochi da queste parti. senza nuvole, azzurrissimo. La vista puo' spaziare indisturbata. Sbrighiamo le formalita' doganali e ufficialmente entriamo in Argentina. Si attraversa la Laguna del Desierto che e' uno splendido lago alimentato dalle acque del ghiacciaio. Il Fitz Roy ci osserva. La barca arriva alle 20. Che fare? I catalani trovano un passaggio in un pick up. Io prendo un passaggio solo in una cassa da morto. Per arrivare a El Chalten ci sono 37 km. Pare ci sia un camping al km 20 e che la strada, di ripio, sia abbastanza piana. Ci diamo dentro e verso le 21.20 siamo al camping, ma Samanta vuole arrivare assolutamente in citta'. Non sono molto d'accordo perche' arriveremmo con il buio e non abbiamo luci sufficienti per illuminare il cammino, ma niente, lei pedala e tocca seguirla. Arriviamo a El Chaltendopo 20 minuti di pedalata al buio alle 22.30. Troviamoun ostello e mentre si fa una doccia vado in bici in "paese" a comprare un paio di birre e una pizza per celebrare un giorno di quelli da raccontare.

martedì 8 febbraio 2011

Fantastica Carretera

Chi si avvicina al viaggio in bicicletta, quello un po' piu' avventuroso, spesso vede nella Carretea Austral il mito, la strada per eccellenza. Dopo averla percorsa praticamente tutta non posso che consigliare a chiunque stia leggendo queste righe di organizzarsi una bella pedalata da queste parti. Ci si trova immersi in una natura imponente, con montagne da svalicare e da ammirare da lontano. cascate, fiumi e laghi a cui abbeverarsi, sole, pioggia e vento che ti tartassano o ti accarezzano. Poco asfalto e tanto ripio che impegnano le sospensioni, quelle della bicicletta e quelle che abbiamo dentro (se non le abbiamo comuqnue qualcosa attutisce gli urti...). Tanti incontri con atri ciclisti, con mochilleros che si muovono in autostop e con la gente del posto abituata a vederti piantare la tenda in strada. I servizi in alcuni gtratti mancano completamente. Gli ultimi 230 km sono affascinanti per quanto sono isolati. Da Cochrane a Puerto Yungay sono 125 Km in cui esiste un campeggio al km 50, poi si arriva a prendere una barca che salpa 3 volte al giorno. Noi ci siamo fermati circa al km 100 piantando la tenda sotto un albero in riva al fiume, appena prima dell'inizio della salitona di 10 km che la mattina dopo ci ha portato a prendere la barca delle 12 che porta a Rio Bravo. Da li sono altri 100 Km di nulla fino a Villa O'Higgins dove la Carretera Austral termina e dove mi trovo ora. Quando parlo di nulla mi riferisco alle persone non certo alla natura che ci regala la devastazione di un bosco bruciato e della nuda montagna che lascia, decine di cascate che nascono dai nevai che ci sovrastano, in lontananza appaiono ghiacciai e continuamente scopriamo nuovi laghi. In questi giorni solo sole, come ci aveva promesso, sarcasticamente, Dino Lanzaretti, il ragazzo incontrato qualche giorno orsono. Oggi il cielo e' quasi privo di nuvole, come lo avevo gtrovato a Puerto Montt, all'inizio di questo splendido percorso. Non ho la sensazione di essere verso la fine del mondo, ma per adesso quella di aver terminato il quarto viaggio dopo Peru, Bolivia e Nord argentino. Oggi e' un giorno di festa e altro vino rosso la celebrera', il viaggio e' inesorabilmente entrato nella sua parte finale ma non mi sembra che stia finendo qualcosa, qualcosa dentro di me sta invece iniziando. A casa mi aspetta la mia vita, quella che mi da' il sorriso ogni volta che ci penso, di cui non sento nostalgia ma che ho voglia di continuare a vivere. La mia famiglia, il mio lavoro, i miei amici, le mie serate solitarie in giro per Bologna... ma ora e' tempo di concentrarsi per l'ultima parte argentina in cui il vento la fara' da padrone. Finora in Cile l'ho quasi sempre avuto a favore e dovrebbe essere lo stesso fino alla costa atlantica dell'argentina. Incrocio ciclisti che mi dicono che facendo il percorso inverso si svegliavano alle 3 della mattina, pedalavano fino alle 9 poi montavano la tenda fino alle 7 di sera per pedalare poi altre 2 ore... In emzzo un vento che non ti permette di avanzare neanche spingendo. E mentre loro sudavano, mi raccontano, vedevano "sfrecciare" a velocita' da motore i ciclisti in senso contrario. Vediamo un po', domani si passa il confine in uno dei modi piu' avventurosi che abbia mai visto.