Pedalando per il Popolo Saharawi

Storia di un viaggio di solidarietà in bicicletta
Ottobre 2010/Febbraio 2011
8000 Km

martedì 28 dicembre 2010

Ma vieniiiiiiiiiiii!

Il 25 di Dicembre mi regalo un bel cambio di programma! Invece di riprendere la Ruta 40 e percorrere altri km di monotonia, seguo i consigli di alcune persone conosciute e tiro dritto verso i monti. Arrivo A Zapala alle 12, l’ufficio informazioni e’ chiuso ma fuori ha una bella mappa con le distanze. Li davabti conosco un ragazzo che incontrero’, con la sua famiglia, altre 2 volte. E’ curioso e vuole immortalare l’incontro con una foto. Anche lui mi parla di questo “camino lindisimo” che passa per il Lago di Alumine’… che faccio? Continuo bello orizzontale sulla mappa per altri 50 km di spettacolo puro. Continui saliscendi mi avvicinano a montagne con le cime innevate che si fanno sempre piu’ grandi fino a che ci finisco sotto. Intorno e’ tutto verde, l’acqua scorre al lato Della Strada, passo per un ambiente vulcanico con rocce nere e sabbia, affronto curve su curve che ti mettono addosso la voglia di pedalare per vedere cosa c’e’ dietro. Le mucche mi fissano e alcune adirittura si girano per continuare a guardare questo strano soggetto giallo fluorescente. Mi fermo in localita’ Primeros Pinos, dove finisce l’asfalto, ed accampo nel boschetto al lato della strada. Poco piu’ avanti c’e’ incredibilmente una piccola tienda in cui Riesco a trovare del latte in polvere e dello zucchero per la colazione di domani che deve saziare una voglia di latte caldo con avena che mi e’ venuta fuori da non so dove. Li’ attacco bottone con un gruppo di ragazzi che mi sommergono di domande sul tenore di vita europeo, sul viaggio, sulla mia situazione sentimentale, ovviamente se sono sposato e ho figli… Rispondo loro mentre ci sorseggiamouna birra. Mi raccontano di quanto invece per loro sia difficile risparmiare abbastanza denaro per farsi una vacanza. Quando mi dicono che mi trovo a 1600 mt di altitudine non ci posso creyere. Mi si e’ rotto anche l’altimetro (oltre al termometro che segnava 56 gradi…) e avevo la percezione di essere attorno ai 6-700 mt. Li saluto contento della notizia che mi fara’ passare una notte bella fresca e me torno a “casa” a prepararmi una cenetta che termina con un bel pane e dulce de leche, 1 mela, tramonto da incorniciare e a letto! Quando mi sveglio il cielo e’ terso, completamente liberato dalle nuvole della sera prima. Ho una gran voglia di avvicinarmi ancora di piu’ alle bianche vette, informo Bomba e con ritmo da passeggio inizio la salita su sterrata. Dopo un’oretta le macchine dei vacanzieri natalizi iniziano a superarmi e cominciano i primi clacson, i pollici alzati, i saluti dei bimbi. Con il sole alle spalle che mi illumina tutto il paesaggio, raggiungo la vetta da cui si vede tutta la catena che segna il confine tra Cile e Argentina. Mi lancio in una discesa di 20 Km cirondato da pini e con il Fiume a valle ad aspettarmi. Al ponte reprendo a salire ma prima mi concedo un po’ di pesche noci e un bel pezzo di pan casero (fatto in casa). Riempio la bottiglia al Fiume e reprendo la marcia arrivando ad attraversare una vallata desertica. Mi sorpassa unamacchina e tutti mi salutano. Si ferma piu’ avanti e si capisce che mi sta aspettando. Quando li raggiungo arriva un “Hola amigo de donde viene?”. Mi accompagnano per un km domandandomi un milione di cose. La moglie mi fotografa e mentre faccio per mettermi in posa manca poco che cado per terra…Tutti mi domandano sempre se viaggio solo e rispondo sempre di si, ma in realta’ solo non sono mai, c’e’ sempre qualcuno pronto a scambiare un gesto o 2 parole, e pedalare cosi’ e’ davvero bello. Continuando la pedalata mi appare il lago di Alumine’ sovrastato da montagne innevate ed arrivo a Villa Pehuenia, una localita’ turistica che non c’e’ sulla mi mappa. Mi sistemo in un camping sul lago e pianto la tenda all’ombra di 4 pini. Mi ci infilo dentro, al fresco, e mi faccio anch’io dopo tanto tempo una bella siesta argentina. Il resto Della giornata passa tra la spesa in paese e il gustarsi finalmente un po’ di relax in un ambiente che per 10 giorni ho sognato e che mi sono sudato Lungo strade che sembravano non finire mai. L’indomani parto bello tronfio per spararmi 100 km di sterrato atronó al lago ma salta fuori l’inghippo! Dopo 10 km, alla dogana argentina che si trova prima del confine cileno mi fanno presente che se non entro in Cile devo riportargli la carta che mi consegnano. Significherebbe tornare indietro di 40 km e non me la sento. Scocciato giro Bomba e mi fiondo verso Alumine’ per la Strada piu’ corta che si rivelera’ favolosa. Il fiume a fianco con un’acqua cosi’ limpida da sembrare “friulana”. Tutto verde intorno, la neve ancora sulle cime verso il Cile. Arrivo ad Alumine’ e mi riposo in un camping sul fiume in cui sono l’unico inquilino. Quando mi sveglio intorno a me c’e’ un bordello di gente che sta facendo il bagno e prendendo il sole, tutt’intorno alla mia tenda. La bolgia continua fino alle 19 poi pian piano se ne vanno tutti e mi lasciano una bella seratina coccolato dal rumore dell’acqua che scorre.

Bello in forma stamattina sono partito e mi sono “bevuto” 110 km con una salita ad un passo che ora mi ha portato ad arrivare alle porte del “Camino de los siete lagos” che sara’ un’altra goduria per i miei occhi, ma anche per il naso che non fa altro che annusare viole da 2 giorni J

Per vedere le foto cliccare su quella sotto (nei prossimi giorni aggiungo quelle che mancano, la connessione e' lenta e ho fame!)

mercoledì 22 dicembre 2010

Vento, pampa e quadricipiti

"Que tal Argentina?" mi domanda uno dei 2 poliziotti che mi controllano i documenti in mezzo al nulla. Vorrei rispondergli "se vuoi ci sediamo a bere qualcosa e ti apro 20 argomenti per 2 ore di monologo", ma mi limito a qualcosa di banale sulla gente e sui posti. Sono tante le immagini che mi sono rimaste impresse in queste settimane. Dopo la partenza da Mendoza mi aspettavano centinaia di km di pampa, parte dei quali li avrei potuti evitare continuando sulla Ruta 40. L´idea iniziale era di percorrela in buona parte, ma strada facendo mi son detto che di volta in volta scegliero´ la strada che sulla mappa mi stimolera´ maggiormente e cosi´ dopo tanto nord, a cui mi sono abituato, la voglia di Patagonia mi morde alle caviglie e decido per la strada piu´ rapida per scendere a sud. Devio per San Rafael e da li continuo nella pampa in una tre giorni "eroica" in cui percorro 540 km fino ad arrivare a Neuquen. La Pampa e´ anche il nome della regione che attraverso e che mi cuoce con il sole e con la monotomia del paesaggio, con le sue strade dritte all'orizzonte e soprattutto con il vento che da sud mi fa fare il doppio dello sforzo. Mentre pedalo accompagnato sempre dai tralicci della luce che mi dettano la via, ogni tanto passo di fronte ad un rifugio antigrandine, una tettoia per ripararsi in casa scendano sassi di ghiaccio. C'e' chi mi racconta di "chicci" grandi come palline d tennis e il posto da' l'idea di essere soggetto a eventi climatici estremi che qui possono dare libero sfogo a tutta la loro potenza. Ogni tanto mi attraversa la strada una volpe, di rado scorgo qualche gruppo di capre. Passo per Catriel dove ci sono pozzi di estrazione del petrolio che hanno cambiato definitvamente lo stile di vita della gente di qui. Ogni tanto vengo "svegliato" da una zaffata di origano, oppure da un odore intenso di aglio quando un camion che ne trasporta qualche centinaio di chili mi sorpassa. E' durissima pedalare di giorno su queste strade, per combattere con il vento ora sono riuscito a trovare una posizione piu' aerodinamica che mi permette di alternare la seduta. Appoggio gli avambracci sul manubrio e li apro fino ai cornini, con le mani prendo lo zainetto davanti. A forza di provare e riprovare ho trovato un buon equilibrio e a volte mi trovo a pedalare con la testa bassa che punta alla riga bianca cercando di continuare a pestarla. E' un viaggio di solitudine che viene alleviato in particolare dai camionisti che mi sfanalano, mi mostrano il pollice, dagli automobilisti che suonano il clacson a festa, dagli "stradini" che anche oggi hanno fatto una gran festa al mio passaggio, ed agli incontri casuali a cui si va incontro quando mi fermo a rifocillarmi. E' in una stazione di servizio che incontro Luciano. Gestisce il negozio attiguo, glñi compro un litro e mezzo di "bibita" (qui mi piace molto l'agua saborizada a gusti di frutta) e lui timidamente mi saluta. Fuori mi fermo a fare 2 chiacchiere con un tipo e dopo un po' rispunta Luciano con la macchina fotografica intento ad immortalare Bomba. Segue una mezz'ora di consigli sul viaggioin bicicletta che mi chiede. E' un ciclista, e l'abbronzatura non mente, vorrebbe fare un viaggio sulla costa cilena e sembra avere bisogno di un "cuccio" che di certo non gli faro' mancare io. Il giorno dopo nel tappone mitico da 225 Km, arrivo con il vento in poppa (unica volta ma nel giorno giusto!!!!) a quella che sarebbe dovuta essere la mia destinazione finale per quel giorno, Puelen. Un ristorante, 2 case e mi dicono anche un campeggio che non era previsto. Sono solo le 14 e decido di pedalare ancora sfruttando l'accompagnamento inaspettato del vento. Ma prima mi fermo a comprare qualcosa di fresco da bere. Entro e ci sono 5 persone sedute a mangiare. A un tavolo siede Juan, un maestro della zona che una volta ascoltato da dove vengo mi dice "Ti ho visto oggi all'Algarrobo..... e ora sei qui... merda!". Mi prende in simpatia (o in compassione...) e mi offre la bibita e un piatto di cappellettini, che sembrano molto ravioli al vapore cinesi, se non fosse che li sommergo di formaggio.
2 giorni fa ho scoperto di essere entrato definitivamente in Patagonia quando ad un controllo fitosanitario ho dichiarato di avere nelle borse ben 2 mele e mi hanno lasciato 2 possibilita': Mangiarle li' o consegnarle a loro, perche' la Patagonia, mi informano, e' zona libera dalla mosca della frutta. Io stupidamente mi immaginavo la Patagonia come una striscia piccola a ridosso delle ANde che poi si allarga a sud alla fine, mentre e' una porzione ben piu' vasta di Argentina. Qui il verde comincia a vedersi molto di piu', la frutta sembra essere di altro livello, oggi mi sono mangiato 4 belle e succose pesche bianche. Nel negozietto sulla strada, la frutta esposta e' quella che si trova da noi in estate e la presenza delle ciliege e degli alberi tutt'intorno per un attimo mi ha riportato alla mente Vignola. E poi finlamente ho trovato dell'acqua, oggi passando per una diga. Cristallina, si stavano facendo il bagno un po' di ragazzi. Io ero super accalorato e la tentazione era troppo forte. Giro a sinistra e scendo al fiume appoggio la bici sui sassi e mi tolgo tutto tranne i pantaloncini sapendo di stare attirando l'attenzione di tutta la "spiaggia". Mi immergo nell'acqua fresca che mi fa subito tirare un sospiro di sollievo. Rimango a mollo una mezz'oretta e poi esco e mi rivesto senza asciugarmi, tanto con il caldo che fa ci ho messo 20 minuti a ritornare bello secco.
Ora sono a Neuquen che in lingua Mapuche significa potente. Domattina me ne rimarro' a letto, per la prima volta dopo tanti giorni, almeno fino alle 7 o forse addirituura alle 8 (esageriamo). Rimango qui uno o due giorni a riposare ma lo scopo in realta' e' far riprendere vita al PC che per la seconda volta mi ha lasciato (domani l'incontro con il tecnico) e fare qualche compera tipo un nuovo paio di occhiali visto che gli altri si sono rotti in 4 parti e sono 2 giorni che viaggio con lo scotch e la colla a reggerli che sembro Cosmic (citazione modenese). Per le feste invece potrei addirittura regalarmi una sella nuova.... c'ho i miei perche'.....


A San Rafael mi ha fatto un'intervista un giornalista piu' interessato al folclore che alla causa Saharawi. Per la precisione non ho mai fatto alcun riferimento ad Omar Sivori di cui probabilmente il giornalista e' stato un grande estimatore. Comunque l'articolo e' qui sotto.

http://www.diariosanrafael.com.ar/51529

Per le foto basta cliccare su quella qui sotto

giovedì 16 dicembre 2010

Aconcagua

Apro gli occhi, sono le 6. curioso guardo la temperatura in tenda. C'è 1°, rimango nel sacco, ma la voglia di uscire dalla tenda è tanta. Mi riappisolo ancora un po' e alle 8 vado fuori, non c'è ancora nessuno, il campamento di Confluencia sta riposando in attesa di una nuova giornata di ascese. Quando i raggi del sole cominciano a fare capolino, le tende iniziano a muoversi, i primi sbadigli, i primi saluti, la vita riprende. Rumore di stoviglie, fornelli in azione per una colazione abbondante in vista della giornata.
In 30 minuti si passa da avere addosso 3 strati di vestiti a rimanere in maniche corte, con la testa coperta per proteggerla dai potenti raggi di un sole che scalda già dalle prime ore della mattina.
Ognuno degli "andinisti" presenti ha i propri piani ben precisi. Per essere qui bisogna procurarsi un permesso e ne esistono di 3 tipi: da 3, 7 e 20 giorni. Il più lungo è per chi tenterà di raggiungere la vetta. Nel campamento c'è un bellissimo clima, per trovarsi in questo posto bisogna amare la montagna ed averla frequentata. Qui ci sono ragazzi e ragazze che da soli proveranno proveranno a salire fino in cima, hanno programmato le tappe, il cibo, l'acclimatamento e soprattutto stanno realizzando un sogno coltivato chissà da quanto tempo. La salita, mi dicono, tecnicamente non è difficile, sono necessari una ottima preparazione fisica e mentale e poi è indispensabile regolarsi bene con l'idratazione, l'alimentazione e soprattutto l'acclimatamento alle alte quote. Naturalmente poi c'è la variabile più importante di tutte che è il tempo, quella che ha costretto un gruppo di spagnoli a 5 giorni al campamento nido de los condores a 5500 mt a causa del vento troppo forte. Per loro il sogno è svanito e me lo racconta uno di loro sulla strada del mesto ritorno, ma già battagliero nel volerci ritentare o nel provare dall'altra parte del mondo con il Baltoro.
Qui poi ci sono le spedizioni che, profumatamente, portano i turisti a percorrere tutte le opzioni, dall'ascesa fino in vetta al "giretto" che ho fatto io (per cui chiedono 390 dollari americani!!!).
Il giorno della salita siamo in 7-8 con le tende che viaggiamo senza guida. Mi accompagnerà nel trekking Pierre, un giovane francese conosciuto sul bus che con la sua tenda noleggiata a Mendoza ha come me un permesso di 3 giorni. La lingua comune purtroppo non sarà lo spagnolo ma diventerà per 3 giorni l'inglese. La montagna sognata la puoi vedere da lontano, ma solo una fettina, il resto è nascosto dietro ad altre pareti e ti invita a farti largo. Il sentiero sale al fianco del fiume e arriviamo a vedere da dove pesca l'acqua che beviamo nel campamento. Il cielo è di un azzurro marino. Neanche una nuvola. Il passo è spedito e animato dalla curiosità di vederLA.
L'Aconcagua man mano che saliamo si concede sempre un po' di più e ci affianchiamo al suo ghiacciaio, come i bimbi allo strascico della sposa. E' tutto coperto di sabbia, non sembra neppure un ghiacciaio. Il sentiero qui si divide in mille rivoli. Si può percorrere direttamente il greto secco del fiume o il ghaione che "guarda" la morena. Al Mirador la vista è spettacolare, piena sulla parete pronta per essere scalata. Chi va in vetta per la via "normale" non lo farà su questa parete, ma dietro. Su questa si sono cimentate spedizioni di tutto il mondo e naturalmente esiste anche la variante Messner. Pierre è esausto e si ferma, io procedo verso Plaza Francia, meta finale del nostro trek. Ci arrivo dopo altri saliscendi sabbiosi e mi ritrovo sotto la parete. Lo spettacolo è indescrivibile, il bianco accecante, la montagna è immensa, sembra caderti addosso. Mi fermo per immortalare l'ennesimo momento incredibile che mi regala questo viaggio. Oggi solo io arriverò qui.


Per vedere tutte le foto clicca su quella sotto

domenica 12 dicembre 2010

Incontri verso Mendoza

Sono proprio stato contento di ricevere informazioni dai campi e di nuovo di “sentire” Rossana. E allora è venuto il momento di presentare la “Ciurma” come la chiama Mauro e tutti noi che ne facciamo parte, a tutti quelli che stanno leggendo questo post.

E' un gruppo di persone, professionisti, gente cor pezzo de carta, che vuole aiutare Rossana (per lei i complimenti per i risultati e la passione che ci mette sarebbero sempre troppo riduttivi) e Riod e Oro a migliorare lo stato di salute dei saharawi che abitano nei campi vicino a Tindouf. C'è la parte della fisioterapia che in qualche modo salta fuori in questo forum, c'è la parte dell'attività sportiva nelle scuole (grande Giovanni!) e c'è il “Progetto Epilessia” che vede Mauro come timoniere, ma insieme a lui un gruppo ben nutrito che conduce il lavoro e che è arrivato a risultati difficilmente ipotizzabili all'inizio. Ci hanno, anzi ci abbiamo (mi ci metto anch'io) creduto. Sebbene a distanza, non ci si vede spesso, tra di noi corre un filo che ci avvolge e ci tiene uniti. Il filo è l'amore per questo popolo e per la sua giusta lotta che mi fa dire “Grandissima ciurma”, continuiamo così e vedremo di fare in modo di reicontrarci. Con la mente non ci siamo mai lasciati. Per inciso un grandissimo in bocca al lupo ai fisioterapisti che ho incontrato prima di partire e che presteranno a brevissimo il proprio lavoro volontario nei campi, ciascuno per 3 settimane allo scopo di verificare e migliorare il livello teorico-pratico dei ragazzi formati fin qui. Anche per loro c'è un posto prenotato nella ciurma!


Questi ultimi giorni sono stati forrieri di incontri speciali come quelli con 2 giornalisti che sono venuti a me in maniera incredibilmente casuale. Vado in cerca di visibilità per il Popolo Saharawi contattando diverse redazioni, poi succede che mi fermo a mangiare una mela ai 2020 mt, in cima alla Cuesta de Miranda. Nel mentre arriva una macchina e scende Omar Barberis per ringraziare una madonna, come si usa fare qui. Mi vede e attacca bottone, parliamo un po' del mio viaggio e mi chiede se mi può fare un'intervista. “Claro que si” gli rispondo, e lui tira fuori cavalletto, cinepresa professionale e microfono e ascolta con sorpresa tutta la “faccenda” saharawi. E' un reporter freelance e sta terminando un documentario che si intitola “Aicuña non è un paese di albini”, che descrive la vita di 3 albini e il loro livello di integrazione in una piccolissima comunità di queste parti.

Il giorno dopo pedalo tranquillo verso Jachal e scorgo un tipo che mi sembra stia pescando. Mi vede e capisco che, per questo, sta interrompendo quello che stava facendo. Lo passo mengtre monta sulla sua bici da corsa e lo rivedo nello specchietto, mentre cerca di raggiungermi. Rallento e mi si affianca, cominciano a chiacchierare. Lui un po meno, l'affanno lo coglie a ogni pedalata.

All'ingresso a Jachal faccio per salutarlo e lui “Ti dispiace se ti faccio un'intervista per radio?”. Tira fuori quella che pensavo fosse una canna da pesca invece è una radio con un'antenna bella lunga e entra direttamente nel programma della radio del paese vicino. Mi manda in diretta e racconto a chi è in ascolto le mie peripezie e l'obiettivo del viaggio.

Lo stesso giorno, al pomeriggio sono seduta al parco su una panchina e osservo con timore per il giorno dopo gli alberi piegati dal vento. Vedo da lontano un vecchietto che sta puntando tra mille panchine vuote proprio la mia. Si fa largo di fianco a me “Joven como estàs?”. Parla come si fa quando simita un vecchietto e ha un aspetto alla Teomondo Scrofalo. Anche con lui facciamo 2 chiacchiere sul tempo, sulla delinquenza ecc. e poi quando gli dico che viaggio da solo mi risponde “Mierda che!” Certo che ognuno ha i propri modi di dire, ma sentirlo dire così mi ha stimolato una bella risata, e anche a lui.

Pedalisticamente parlando sono sceso un tot, in questi giorni ho viaggiato bello spedito, fermandomi in corrispondenza delle città o dei paesini in cui immaginavo avrei trovato da dormire. Solo che le distanze si sono fatte lunghissime. I paesi sono sparsi su un territorio infinito. Mentre pedalo in mezzo alla pampa, mi acorgo di arrivare quando vedo in mezzo al nulla una macchia verde, alberi piantati che mi comunicano che la meta è vicina. Gli ultimi 2 giorni sono stati da 170 Km alla volta! Il vento si sta facendo micidiale. Per 2 giorni c'è stato quello che chiamano “vento di Sonda” che viene dal Cile, mi spinge a sinistra in mezzo alla strada ed è caldissimo, anche se non ce ne sarebbe bisogno. Per il caldo che fa mi sveglio alle 5 e parto alle 6 per fare più strada possibile prima che inizi la cottura. Ieri invece è cambiato, è stato vento da sud, perfettamente contrario, continuo e intenso. Ce l'ho avuto contro per gli ultimi 150 km. Ci ho messo la bellezza di 13 ore ad arrivare a Mendoza, mentre il giorno prima ce ne ho messe la metà. Con Bomba ci stiamo temprando bene bene. Ora vado veloce perchè il panorama per ventinaia di km è molto simile ed un poco noioso, poi tra l'inizio e la fine c'è l'assoluto nulla. La mia mappa tra Jachal e Mendoza segna un paese che si chiama Talacasto. Ci arrivo e ci trovo una casa con dentro un paio di bagni e un negozietto che vende acqua bibite e biscotti...

A volte mi trovo a cercare di stare sulla linea bianca come un gioco che mi fa passare il tempo, oppure a cantare a squarciagola disturbato dal puzzo dei corpi in putrefazione di asini e cavalli al bordo della strada.

Ci sono però state anche alcune perle come la Cuesta de Miranda in cui ho riabbracciato la montagna, salendo fino a 2000 mt in mezzo a una terra rossa ottimo sfondo per un film con John Wayne. Dalla cime si scende e si passa a un paesaggio completamente verde in meno di un attimo. La Cienaga, un lago che si sta prosciugando con sullo sfondo uno ei tanti 6000 che mi accompagneranno quando riprenderò a scendere. Sì, perchè adesso sono fermo a Mendoza, la città che fino ad ora mi sta più addosso. Tanti parchi, gente rilassata, cinema, teatro e un ostello con persone molto simpatiche. Oggi è servito per riposarmi e per sbrigare una faccenda... Da quando sono partito gli Alternattivi, quei matti con cui vado in montagna, non fanno più un uscita per il maltempo. Uno dice “Sfortuna” ma in realtà l'anno scorso non ne è saltata nemmeno una, ricordo una mitica uscita in Grigna in mezzo a acqua e neve, un San Valentino speciale, picozze friggere sopra Alleghe... Insomma voglio dire che in verità c'è un incantesimo che regola il clima avverso e che sarà rotto solo quando io farò un'escursione dall'altra parte del mondo. Beh Alternattivi! Il giorno del riscatto è arrivato, riprenderete con le escursioni perchè io ho appena comprato un permesso di 3 giorni per il parco dell'Aconcagua!!!!! Vi porterò idealmente con me a guardare la cima più alta d'America.

Qui il link di un articolo che mi ha pubblicato Mendoza Opina

Per vedere tutte le foto clicca su quella qui sotto con questa bella tavola imbandita


lunedì 6 dicembre 2010

Ruta 40!


Finalmente sono giunto all'aggancio con la mitica Ruta 40 che mi ha subito messo a dura prova, soprattutto mentale. La strada corre con continui saliscendi, ma diritta, infinitamente diritta, a volte si perde all'orizzonte. Le distanze a occhio non si riescono a calcolare. Oggi mi sono detto “a Pituil, che sta li in fondi mancheranno 3-4 km” Invece erano 15! Affrontare in bicicletta questa strada è una questione soprattutto mentale. Pedalare con costanza, guardarsi intorno, occuparsi il tempo. Io ascolto un po' di musica e a volte mi ritrovo a cantare quasi gridando, tanto ci sono solo io, il traffico è scarsissimo. Mi piace anche pensare a voce alta, parlare da solo mi aiuta a fissare i concetti, le parole e mi tiene compagnia. A fianco della strada sono poi immancabili gli altarini al Gauchito Gil, una specie di Robin Hood che fece obiezione di coscienza durante la guerra civile e a cui le persone si rivolgono per la concessione di qualche miracolo. Ma sulla strada c'è anche la “concorrenza”. La Difunta Correa, che è rappresentata sdraiata, morta, con il suo bimbo a vegliare su di lei. La stora racconta di lei che segue il battaglione del marito durante la guerra civile soccorrendo i feriti, portando cibo e acqua, e muore per la fatica e per la sete. Anche a lei si chiedono miracoli o si ringrazia per quelli “avvenuti”. Gli altarini di entrambi, sia chiaro che io sto dalla parte del Gauchito Gil, sono pieni di ogni tipo di oggetto, tra i più particolari ci sono confezioni di medicinali e un gesso (usato) di una gamba. Le postazioni della Difunta Correa sono contornate di bottiglie piene d'acqua per via della sete patita dalla signora durante la guerra.
La ruta 40 corre lontano dalle grandi città ed attraversa paesaggi diversissimi tra loro. Prima di Belèn passa in mezzo a una gola tra montagne verdi, Attorno a Punta de Balasto è deserto bianco pieno di cespugli, verso Chilecito diventa rosso con tutto attorno montagne piene di cactus. Per adesso tanto asfalto. Solo 40 km di “ripio”, lo sterrato come lo chiamano qui, che mi ha ricordato quello peruviano. Nonostante la sabbia è stato un tratto comunque pedalabile. Si scende dalal bici quando c'è troppa sabbia e si risale appena si intravede una linea che sembra essere compatta e così via. Mi sono anche “goduto” una giornatina di pioggia ieri, la prima in Argentina. Mi sveglio la mattina, sta spiovviginando e il cielo non promette niente di meglio, soprattutto nella mia direzione. Sono le 6.40 e parto con un bel fresco che non ricordavo più. Dopo 40 Km inizia a piovere, mi metto in tenuta “acquatica” e la becco a intermittenza per circa 3 ore. La pioggia su un ciclista attiva immediatamente un surplus di solidarietà, allora ecco che mi si affianca una macchina con una coppia di francesi e mentre sono intento a cantare sotto il cappuccio, tirano giù il finestrino e mi dicono “bravò, bravò” con il pugno chiuso. Altri fanno uscire un braccio dal finestrino e mi mostrano il pollice per incitarmi. Loro penseranno che io stia soffrendo, invece me la sto godendo, dopo tanto caldo finalmente un po' di fresco e niente sole. Poi con la mia tenuta mica mi bagno! Alla fine della giornata cerco un posto per dormire e quello che vedo dalla strada non mi piace, in verità nella mia testa frullava l'idea di arrivare ad Andolucas dove avevo letto che avrei trovato un complesso turistico con un campeggio. Mi faccio altri 25 Km e ci arrivo, sembra tutto chiuso, percorro la discesona e alla fine ne trovo un paio, che da noi sarebbero parchi come il Lido del Reno a Casalecchio, con le immancabili griglie per l'”asadito” (per inciso, qui ho visto operai che in pausa pranzo tirano fuori al vordo della strada carbonella e una griglia e si fanno l'asado!). Mi piazzo proprio davanti ad una delle “cucine”, con griglia e lavandino e monto la tenda. Il clima è rilassato, è domenica e le famiglie stanno finendo di pranzare, alcuni giovani giocano a pallone e io mi metto a leggere un libro che mi sono scaricato sul PC (la carta l'ho finita...). Alla sera mi faccio un riso in busta con una bella birrozza. Poi mi sparo pane con dulce de leche e un tè. Prima di andare a letto mi guardo intorno e sono rimasto solo io. Stamattina mi sveglio all'alba, preparo tutto e part... “e sto fiume da do ve salta fuori?”. Il passaggio è ostruito dal fiume che si deve essere alzato dopo la pioggia di ieri. Mi guardo attorno e c'è un signore che inesorabilmente mi fa cenno che il passaggio è quello. Mi metto l'anima in pace, mi levo le scarpe e lo attraverso per vedere quanto è profondo. Mi arriva al polpaccio, torno indietro, sollevo Bomba e la trasporto dall'altra parte, poi recupero le scarpe, mi sciugo e finalmente posso ripartire.
In questi giorni ho comunicato intercontinentalmente con Enrico dall'Australia che mi ricordava che Barbara sta per partire per l'Egitto per la sua tesi di master e ho pensato “ma tu guarda che i 3 fisioterapisti senza frontiere “bolognesi” (di adozione, perchè nessuno dei 3....) presidieranno nei prossimi 2 mesi 3 continenti diversi! E poi a Febbraio torneremo tutti e ce ne saranno un tot da raccontare. Samanta ora che è convalescente sta strutturando il suo viaggione e mi piace sentirla nella fase in cui mi sono trovato io, con mille porte aperte ma senza la possibilità di entrare in tutte. Scegliere la migliore, che impresa! Vai donna bionica! In un modo o nell'altro ci troveremo laggiù nelle terre estreme!
A me invece il domani riserva il tappone della Cuesta de Miranda che mi farà salire di 1000 metri e soprattutto valicare una catena che mi separa la visuale dai “6000” che corrono lungo il confine con il Cile. Avvicinandomi a Mendoza ne scorgerò alcuni, con le loro cime innevate, e chissà che non mi capiterà di farci un saltino sopra...
Quando trovo internet in giro do una letta ai giornali per vedere cosa succede a casa, e di certo di cose ne passano. Nel Sahara occupato ci sono più di 30 morti accertati e un centinaio di feriti a seguito della repressione che tuttora continua da parte delle “forze dell'ordine” marocchine. C'è una risoluzione di condanna dell'ONU per quello che serve, ma la situazione ora è molto calda. A casa nostra il governo sta per cadere e il 14 forse sarà l'ultimo giorno, speriamo sia la volta buona. Una notizia poi che mi ha toccato profondamente è stata la morte di Monicelli, ma soprattutto il solito scempio da parte dei nuovi crociati che vorrebbero sempre mettere parola nelle decisioni degli altri. Per loro la vita non è nella disponibilità dell'uomo? E che la diano a chi vogliono, ma abbiano il rispetto e l'intelligenza di pensare che al mondo ci sono milioni di persone che non la pensano come loro. Io sono uno di questi e la mia peggior paura è di finire questa mia vita nelle mani di questi maledetti che in base a loro principi, non di certo ai miei, sindacheranno sul significato della vita cercando di prolungarmela il più a lungo possibile. Un caro abbraccio e soprattutto un grande rispetto ad un uomo che ha deciso cosa era meglio per lui.
Per tutte le foto cliccare su questa qui sotto

giovedì 2 dicembre 2010

Ogni giorno sempre meglio!

Ho ripreso a pedalare e di nuovo ogni giorno si è trasformato in una scoperta. Mi ritrovo a viaggiare con il sorriso e a cantare in mezzo a un panorama che varrebbe ogni sforzo. Dopo i “bagordi” di Jujuy percorro “la cornisa”, la vecchia strada che collega la città con Salta e mi ritrovo a salire tra i monti in mezzo a boschi. Respiro addirittura l'odore dei primi pini che mi fanno fare un salto transoceanico sui nostri colli. E' tutto verde, un'arietta fresca mi spinge e mi porta fino al passetto a 1500 mt dove incontro un trio di cicloviaggiatori e un ragazzo di Forlì (lo sgamo subito...). Continuo a pedalare in mezzo a prati verdi e cavalli liberi. Le piantagioni di tabacco e le piante di carrubo mi circondano. E' una meraviglia, volo, arrivo a Salta ed esco dall'hostal per fare compere. Vengo più volte attirato nei locali che sono tutti sintonizzati su Barcellona- Real Madrid. I camerieri sembrano sonnambuli, camminano avanti ma hanno la testa che continuamente cerca la TV. Invece della partita vado a trovare Matt, il ciclista che ormai incontro spesso, che ha deciso di fermarsi un giorno a Salta prima di lasciare per un paio di settimane la sua bici e raggiungere un amico in Cile. Lo vedo sempre volentieri, ci facciamo una birretta e ci lasciamo convinti che ci vedremo altre volte prima della fine del nostro viaggio che coincide sia come meta finale che come termine ultimo.

Dopo una tappa in piano, oggi mi sono ritrovato a pedalare in uno scenario fantastico. E' stato un paesaggio che non mi ha dato tregua, cambiava in continuazione e mi “costringeva” a stare con gli occhi spalancati. A volte sembrava di essere nel far west, altre nel sud della bolivia, altre ancora nel deserto. La gola del Diavolo, il rospo, l'obelisco sono alcuni dei nomi che hanno dato a formazioni rocciose risultato di secoli di erosione. Il caldo è intenso, se ci fosse il nostro livello di umidità sarebbe quasi insopportabile, ma qui non piove mentre in questa stagione già dovrebbe farlo da 2 settimane.

Al Cafayate arrivo dopo 108 km spensierati e mi regalo una stanza tutta per me, come ero abituato in Bolivia. La “follia” costa 13 euri, ma mi vizio, ed esco a comprare provviste. I prossimi 100o km saranno senza città di rilievo e mi sa che tornerò a tirare fuori la tenda e a dormire sotto le stelle. A meno che non sia molto più diffusa di quanto penso l'accoglienza famigliare che ho sperimentato per la prima volta dormendo a La Vina dala famiglia Copa, unica possibilità di dormire al coperto nel pueblito.

Ormai sono più di 50 giorni che sono via e l'organizzazione che mi sono dato per il cibo prevede che per il pranzo nelle borse non manchino mai pane, formaggio, dulce de leche e mele, per cui faccio cosrta di quello che mi manca il giorno prima. E' un mix che dal punto di vista nutritivo e calorico mi fa stare bene, mi riempie e mi basta fino alla sera in cui in paese qualcosa trovo. Se non è così ho un po' di buste di cibo pronto che mi preparo col fornello. Per affrontare un centinaio di km è una buona dieta, inoltre l'affanno ora che non sono più in altura lo sento molto meno e non devo ricorrere a masticare foglie di coca :-). “Coquiàr” è il termine che usano qui per definire il masticare coca. E' un'abitudine hanno in molti, li vedi per strada con la pallottolina che gonfia la guancia. Quasi tutti i negozi di alimenatri la vendono, hanno fuori i cartelli con scritto “Coca y bica” dove bica sta per bicarbonato. Gustavo ha un piccolo contenitore che tiene nella tasca con un piccolissimo cucchiaino con cui pesca un po' di “bica” e lo aggiunge alla masticata perchè lo aiuta a salivare. Gli raccontavo che da noi si fa molta confusione tra coca e cocaina e che molta gente al sentire che c'è un uso diffuso di coca pensa che sia una cosa strana. Ha sorriso.

Adesso vado a fare un po' i piani, per quello che sarà possibile, dei prossimi 1000 km, con la pancia piena dopo una insalata di pomodori, cetrioli e avocado che mi sono cucinato abbondantemente con un pezzo di...... incredibile ma vero.. Gorgonzola!! Una Quilmes (birra) nera come ciliegina sulla torta. Io non me la sento di sorseggiare con la bevanda che qua ritengono fenomenale.... Fernet e coca-cola... sturerebbe un cesso al posto di Mastrolindo...


Per vedere tutte le foto clicca su questa qui sotto

lunedì 29 novembre 2010

Buon cibo e belle persone

4 giorni a Jujuy... se me lo avessero detto non ci avrei creduto neppure io. Invece la casualità ha voluto portarmi in questa cittadina per tenermi più del tempo previsto. Dopo il confine i kilometri sono corsi via veloci e sono atterrato nel centro di una città “europea” in cerca di Calle San Martin 662 trovata come sempre con le indicazioni dei passanti. A quell'indirizzo c'è la sede del GVC, l'organizzazione che mi sta appoggiando tantissimo in questo viaggio. Il contatto è con Valentina che sta gestendo un progetto di sviluppo nella Puna (territorio vulcanico che si trova in altura) argentina sopra a Jujuy. Coordina un gruppo che mi accoglie come gli altri in Peru e Bolivia, cioè alla grandissima. Rafael, un ragazzo colombiano, mi porta a fare il giro degli organi di stampa. Si parlerà di Sahara Occidentale e del mio viaggio nel Tribuno e nel Pregòn, 2 giornali locali. Un paio di interviste alla TV chiudono le relazioni con la stampa che qui sembrano essere molto informali. La prima notte vengo ospitato da Rafael e dalla sua ragazza e per loro cucino una pasta con le zucchine, chiacchieriamo di Colombia e poi a letto. Il giorno seguente faccio in tempo a portare in lavanderia un po' di roba, prelevare finalmente denaro con la carta di credito (il PIN è giusto!!!!!), comprare un po' di cibo per il viaggio e una torta per festeggiare con tutto il GVC l'accoglienza ricevuta. Davvero grazie!!
Le casualità vanno colte ai avevo al volo e a volte bisogna lasciarsi trasportare, e allora ripesco il numero di cellulare che mi aveva lasciato Gustavo, il motociclista incontrato sulla strada verso Tupiza mentre imprecavo sulle calaminas, mi aveva detto “ma tu sei matto a venire fin qui in bici” e io gli avevo risposto “e tu invece sei normale che sei qui come me?” . Dopo aver chiacchierato e condiviso la passione per la bici mi aveva lasciato il suo numero raccomandandosi “quando passi per Jujuy chiamami!”. Infatti lo chiamo, è in città, in cinque minuti ce l'ho davanti in moto. “Ti propongo di mangiare insieme, ci facciamo un giro in bici e stasera andiamo in un posto al lago dove domani devo sbrigare un lavoro rapido”. Alè! Siamo già d'accordo, prendo le borse e lo seguo verso casa sua, 5 km fuori città, ci mangiamo un po' di formaggio con sciroppo di canna da zucchero che è una delizia. Ci raggiunge poi “il nano” (tutti hanno un soprannome) con cui si va a fare un giretto tranquillo in bici. La sorpresa è che Gustavo ha una Recumbent, un tipo di bicicletta con cui si pedala quasi da sdraiati e che me la fa usare. 25 Km in cui provo per la prima volta questo aggeggio e devo dire che mi è piaciuto parecchio, oltre che raggiunge comunque velocità che noon avrei mai pensato. Dopo una doccia andiamo all'appuntamento con l'agrimensore che viene con noi per il lavoro del giorno dopo. La punta è alle 18.30, ma non si vede nulla fino alle 19, quando appare il nostro uomo che con una sincerità disarmante dice che è stato a giocare a pallone e che in 10 minuti è pronto. Scende dopo 50.... Con un ritardo vergognoso partiamo e ci fermiamo a mangiare da “zapallo”, un amico gordo che si dichiara vegetariano tra lo stupore e soprattutto la tristezza degli altri 2. Mangiamo un po' di riso con verdure ma un poco di famina rimane. Qui si dice “me cago de hambre”, tanto che abbiamo le chiavi di una casetta in piena campagna per dormire, entriamo in cucina e non c'è quasi niente. Gustavo si guarda intorno e disperato sentenzia che “non c'è niente, solo un po' di pasta e del sale”, io lo guardo e domando “come mai un argentino non ci vede niente mentre un italiano pensa che non serva molto altro?”. Io ai fornelli, Gustavo a comprare da bere, in breve la pasta, con formaggio filante che mi era rimasto nello zaino, è servita. La compagnia è divertente. Gustavo ha 50 anni, è ingegnere, ha figli da 2 mogli da cui è separato ed è oltre che divertente, di una accoglienza strepitosa. La mattina seguente passiamo alla Finca di Santa Anita http://www.santaanita.com.ar/ che è gestita da un altro amico di Gustavo che viene con noi. Non prima di una sostanziosa colazione in questo agriturismo, presidio di Slow Food, a base di formaggio di capra, biscotti marmellate fatte in casa, mate e caffè.
Il lavoro da fare nelle intenzioni sarebbe dovuto durare tipo un paio d'ore. In realtà l'appezzamento che raggiungiamo è molto più grande delle attese e il lavoro si protrarrà tutto il giorno. Al centro del terreno c'è la villa che si affaccio sul lago. Un saluto, 2 chiacchiere con il padrone, e mi ritrovo all'interno mentre mi offre un vino rosso locale con un po' di formaggio. Nel frattempo arriva la figlia con un amica e, sempre mentre gli altri lavorano, io mi siedo a tavola a pranzare e a parlare del mio viaggio e soprattutto di Italia e dei trascorsi del padrone di casa nel nostro Paese, arrivando perfino a parlare di Castelvetro... La giornata è calda e che fare?!?! Un bagnetto in piscina mentre si beve un poco di mate sembra essere una ottima idea. Le 2 ragazze e la vista sul lago sono un piacere per i miei occhi. Un paio di orette e poi verso le 17 ci facciamo un te con biscotti, formaggio e altre cosine buone. Leggo un po' un libro su come si fa un buon vino quando arrivano gli altri che finalmente hanno terminato il lavoro. Birretta e poi via verso la Finca. Gustavo è troppo stanco per tornare a casa e quindi dormiamo li. La cena è spettacolare, all'aperto con cibo sano e con un tetto pieno di stelle. Arriva un punto in cui si spegne la luce, arriva una chitarra e comincia la magia di un piccolo concertino improvvisato con musica tipica in cui ognuno canta quello che conosce. La temperatura è da maiche corte e il cielo è da paura, fantastico.
Questa mattina ci svegliamo con un cielo nuvoloso e torniamo verso Jujuy dove mi attende un pranzo con la famiglia del fratello di Gustavo. Empanadas di formaggio, contorni vari e un ottimo cabernet sauvignon.. la differenza con la Bolivia in questo momento è abissale. La famiglia è riunita questa domenica e sta guardando l'utlima gara di Turismo Carretera, una roba argentina tipo la Formula 1. Si chiacchiera, si ride e si scherza. In questo Paese la carne è sacra e il vegetariano merce rara, ma l'argomento viene affrontato con un rispetto che in Italia ho smesso di aspettarmi, e devo dire che mi fa piacere. L'ospitalità viene davvero prima di tutto. Una volta ritornati a casa Gustavo crolla mentre io sfrutto la sua connessione rapida per scaricarmi un po' di musica nuova. Alle 21 usciamo e andiamo a mangiare una pizza innaffiata da ottima birra nera a casa della sua compagna. Ora sono quasi le 2 di notte e sono sul letto pensando a quanto sono fortunato a trovarmi qui e ad avere conosciuto tante belle persone, ma come mi capita spesso di dire “E' stato bello, ma come tutte le cose belle, prima o poi finiscono perchè ne cominciano delle altre”, e domani il mio destino si chiama Salta.

Per vedere tutte le foto di questo post clicca sulla foto qui sotto



Articolo del 29/11/2010 sul Pregòn de San Salvador de Jujuy (Argentina)
















Intervista a Canal 2 a Jujuy


A spasso con la Recumbent

mercoledì 24 novembre 2010

Bienvenido a la Republica de Argentina

“Terribile” è la parola più adatta per definire la strada (eufemismo) che ho percorso nei 2 giorni successivi al Salar. Avevo deciso di rimanere un giorno ad Uyuni, poi è mancato il feeling con la città e me ne sono andato il giorno dopo conscio delle difficolta' che avrei incontrato e pronto a dormire un paio di notti in tenda. Sebastian, che aveva già fatto lo stesso percorso in direzione opposta, mi aveva consigliato di prendere un treno, e addirittura un camionista a metà del primo giorno mi aveva offerto un passaggio. Ma non esiste, quindi sono partito e subito mi sono trovato tra pietre, calaminas continue e soprattutto sabbia, che mi ha portato a cadere un po' di volte. Dopo una di queste la macchina fotografica ha smesso di funzionare... evvai! La strada è durissima ma tengo duro e alla fine della giornata dopo 10 ore sui pedali arrivo ad Atocha dove mi lavo, ingoio un paio di panini e crollo dal sonno. Il giorno dopo alle 7 sono in sella e la strada è ancora peggiore, se possibile, di quella del giorno prima, perchè si aggiunge un continuo su e giu' e soprattutto devo pedalare tra 4000 e 4200 mt per una trentina di kilometri, e non sono piu' abituato, le gambe faticano, chiedono continuamente una pausa e a un certo punto del giorno rinuncio a stare sui pedali in salita. Scendo e spingo, poi provo a recuperare in discesa, ma le calaminas mi obbligano a frenare.. azz!! Quando ormai sono convinto che dormirò in tenda e mi comincio a guardare intorno per cercare un posto adatto, piano e al riparo dal vento, inizia la discesa verso Tupiza. In breve macino 20 kilometri e mi ritrovo vicino al fiume con 22 km di distanza da Tupiza la città “chimera”. Senza conoscere la distanza, la domando ad una ragazza che vende bibite e dolcetti. “Sei in bicicletta?” “Si” rispondo io “Allora sono 3 ore”. Anche in Peru l'abitudine è di misurare la distanza in ore e per un relativista come me non c'è di meglio. Per come siamo abituati, tra Modena e Bologna ci sono circa 35 km e ci sono sempre stati. Ad esempio tra Puno e Cusco la distanza in km è sempre la stessa da decenni, ma per i peruviani è cambiata moltissimo. 30 anni fa era di 2 giorni e mezzo mentre adesso è di 6 ore dopo l'asfaltatura della strada. Tutto è relativo!
Tornando però alla ragazza, quando mi dice che sono 3 ore, la guardo e penso “si brava, per un ciclista boliviano saranno 3 ore, ma mi hai visto?!??!” e invece le dico “Si ma mi sai dire quanti km sono?” “22” mi risponde, e tra me e me sghignazzo pensando che 22 km in 3 ore li faccio in corsetta (è arrivato il fenomeno!!) Il tratto di strada costeggia il fiume e ripropone il paesaggio del giorno prima, sembra di essere immersi nel far west, con guglie e canyon da cui ti aspetti che spunti il naso di Will coyote mentre risale dopo l'ennesima caduta. Sono 22 km di calaminas che chiudo in 1 ora e mezzo arrivando a Tupiza con una grande soddisfazione dentro, conscio di aver superato alla grande 210 tra i km piu' difficili del viaggio. La conta dei danni oltre alla macchina fotografica vede un rumore nuovo (comunque poco preoccupante del PC) e una borsa rotta che ho riparato immediatamente. Alla sera incontro di nuovo i 2 motociclisti argentini che avevo incontrato il giorno precedente e insieme andiamo a mangiare qualcosa in giro. Qui èpieno di pizzerie dove servono pizza e pasta. Di italiani neppure l'ombra. Alla fine io “sono già mangiato” e vado con loro in un messicano. Anche loro hanno dovuto fare la conta dei danni nonostante abbiamo 2 moto da fuoristrada. Portapacchi e portadocumenti rotti e un danno sotto a una delle 2 moto... Giusto per dire quanto pessima fosse la carradona. La mattina dopo ci salutiamo dopo un sempre ottimo Api e pastel, ma quando sarò a Jujuy li chiamo che ci torniamo a beccare che così Gustavo mi fa provare la bici con cui si pedala sdraiati... La strada fino al confine è per ¾ asfaltata ma le continue deviazioni per i lavori in corso, che ti rimandano su calaminas e su salite sterrate, mi sfiancano. Al confine decido di rimanere dalla parte boliviana perchè piu' economica e poi ho la possibilita' di comprare una nuova macchina fotografica; di aggiustare le mia chissà quando troverò un posto...
Al mercato, smanettone come sono, compro un cacciavite piccolo, smonto la macchina e provo a pistolarci, ma naturalmente non ci cavo nulla. Vado a letto, in un buco di camera di un posto gestito da padroni che prenderei a calci nel c... (trasero) con l'idea di svegliarmi l'indomani e andare a comprare una fotocamera che ho visto a circa 90 euri. Mentre guardo la TV pistolo con la acchina e appena l'accendo , anche se a fatica, parte e pare funzionare. Ho paura di ripetere la prova, ma tento e tutto funziona. Ancora una volta, poi un'altra e alla fine sembra essere guarita. Alè! Grande notizia mi allieta la dormita e stamattina parto tronfio e dritto verso la frontiera, cambio gli ultimi bolivianos in pesos argentini e mi metto in coda lasciando Bomba sotto la vista della polizia argentina. 90 giorni in Argentina stampati sul passaporto. “E se esco per entrare in Cile e poi rientro” “Ti diamo altr 90 giorni”. Tutto perfetto, come la strada che corre verso sud, piana, asfaltata e rapidamente mi porta a coprire gli 80 km che separano La Quiaca da Abra Pampa dove mi trovo ora. Lascio la Bolivia, di cui ricorderò soprattutto il meraviglioso Salar con il auo tramonto e la notte dormita all'interno, la pedalata a fianco del vulcano Tunupa, la solidarietà dei camionisti che mi hanno sempre salutato con il clacson, con i fanali o con una mano. Porterò con me anche quello che non mi è piaciuto, ovveroi la tendenza a fregarti con i soldi, l'eccesso che c'è nel bere, l'allergia al lavoro, la mancanza di amnutenzione di case e alojamientos specie quando si tratetrebbe solo di togliere da sotto il mio letto una bottiglia, un pallone e due dita di polvere.
Ad ogni modo come tutto ciò che ci succede, anche la Bolivia finisce nel passato e ci obbliga (ed è il suo bello) ad occuparci solo del presente e del futuro. E per me il futuro è rappresentato da 5121 km di Argentina da percorrere. Il passaggio di questo confine rappresenta un cambio che lascia il segno. Tra Peru e Bolivia non si avverte. Tra i 2 Paesi si comprende che c'è rivalità e ognuno mi direbbe che sono diversissimi, ma grossolanamente cambiano solo le forme dei cappelli delle donne :-) Ho percorso solo 80 km in Argentina ma già le differenze sono sostanziali. Di qua è tutto più pulito, ci sono utilitarie che sfrecciano sull'asfalto e soprattutto nessuno suona il clacson!!!, per fortuna ai bordi della strada i contadini rispondono volentieri con un saluto a un tuo cenno della mano. E poi la birra che finalmente comincia ad avere il sapore giusto. Da domani inizia una nuova fase del viaggio, sia perchè mi lancerò alla scoperta di un Paese vastissimo, sia perchè comincerò a perdere quota. Smetterò di pedalare SULLE Ande per pedalarci A FIANCO. Ora sto a 3500 mt, quota abituale da quando sono partito, e nei prossimi giorni scenderò sotto i 2000, verso i 1000 e sarò affiancato nel mio viaggio da montagne innevate. Pioverà più spesso di quello che ha fatto finora (quasi mai per la verità) e forse sarà meno secco. Il clima secco dell'ultima parte del Peru e di tutta la Bolivia mi ha fato bruciare le narici, inaridire le labbra e deglutire in continuazione.


Prima di partire avevo deciso di non portarmi l'MP3. Poi ho pensato che l'avrei potuto utilizzare per registrare alcuni pensieri “filosofici” che saltavano fuori durante le pedalate. Ha preferito ascoltare il mondo intorno a me, ma qualche volta, quando il panorama era noioso, non c'erano persone da salutare, c'era molto traffico, mi sono messo gli auricolari e ora ho legato aluni momenti del viaggio ad alcune canzoni.
Qui sotto, per questa prima parte del viaggio le canzoni e i contesti a cui le sento legate, mi faranno rivivere bellissimi ricordi quando le riascoltero', come mi succede per ogni viaggio.


Full disclosure – Fugazi
Salita verso Pampas – Una delle prime durissime salite peruviane in cui mi sono ritrovato a spingere per ore, questo pezzo mi ha fatto cantare nel momento della difficoltà.

Panic – Smiths
Verso Cusco – Sono carico perchè mi sto avvicinando a una delle città che più mi attirano (proveranno a rubarmi la bici..) e il ritmo di Panic mi fa cantare all'unisono con la mia pedalata.

Starálfur – Sigur Ròs
Attorno al lago Titicaca in Peru – Il lago a sinistra, poca gente in giro, è ancora presto e questa canzone dolcissima mi ha accompagnato regalandomi brividi come poche sanno fare.

Malibu gas station – Sonic youth
Sulle montagne dopo Copacabana – In cima, scorgo le prime cime innevate e il ritmo della pedalata è continuo, non faticoso, ci sono solo io a 4000 mt gustandomi il panorama.

New directions – Gorilla Biscuits
Salita da La Paz a El Alto – Mattina presto, autopista trafficata, gente indaffarata a trovare un passaggio per il lavoro. Questo pezzo mi carica per portarmi in alto, e in più per la verità mi emoziona perchè mi riporta ai miei 20 anni, a ripensarci e a vedere dove mi trovo ora. Una fantastica chiusura del cerchio.

Il circuito affascinante – Moltheni
Arrivo a Challapata – Mi avvicino al Salar, la strada è asfaltata e corre lenta e noiosa e questo pezzo
mi aiuta a continuare sorridendo. Bucherò su un mattone...

I luoghi affascinanti vanno ascoltati, specie il silenzio del Salar di cui non conservo un ricordo musicale ma l'assenza di ogni rumore, il perfetto silenzio.

giovedì 18 novembre 2010

Salar!!!!!

Finalmente è finito l'asfalto!! Non è che sono impazzito, ma la fine del bitume porta con sé la durezza del pedalare quotidiano ma dall'altra parte si apre ad un panorama favoloso. Lasciando Oruro ho preso la decisione di cambiare i pesi della bicicletta e di aumentare quello nelle borse davanti, su consiglio di Obes, in maniera da alleggerire dietro in previsione dei salti continui a cui sarà sottoposta la bici con le calaminas. Sono praticamente speedbrakers naturali, ravvicinati e continui che rendono in alcuni tratti impossibile pedalare. Dopo circa 60 Km assaporo la gioia della prima bucata! Ma non è un buco qualsiasi, monto su un mattone, di quelli che cadono dai camion e che il vento e le auto portano sul ciglio della strada, proprio dove corro io. Si apre uno squarcio nel copertone posteriore. La cemara d'aria è riparata, mentre il copertone lo sostituisco con quello di scorta e riparto fino a raggiungere velocemente Challapata. Il giorno seguente è da annoverarsi tra i belli del viaggio, specie dopo la fine dell'asfalto. Parto con l'idea di percorrere almeno 80 km e di dormire in tenda. Ho acqua e cibo a sufficienza, e non ho altro da chiedere se non gustarmi quello che i 5 sensi mi offriranno. Pedalo in mezzo a migliaia di lama e vigogne che compaiono continuamente. Il vento è presente ma accettabile e forma dei turbini che vorrebbero assomigliare a piccoli tornado di sabbia. Arrivo alla grande dopo molti saliscendi a qualche km da Tambo Tambillo e decido di meritarmi, dopo 92 Km un bel “refresco”. Ma dov'è il portafoglio?!??!?! Penso e ripenso a dove potrebbe essere e decido di tornare indietro fino all'ultimo punto in cui mi sono fermato a mangiare, 5-6 saliscendi fa. Nel tragitto mi dico che alla peggio perdo poco denaro (i pezzi grossi li tengo divisi dentro le borse) una carta di credito e soprattutto la patente. Ma dopo aver ritrovato la bici, il perno del portapacchi di dietro in Peru, vuoi che non ritrovo anche il portafoglio? Fortuna e determinazione mi ridanno il tutto che era scivolato dalla tasca della giacca quando mi ero seduto su un'altura. Con un sorriso a 100 denti ritorno a ripercorrere per la terza volta gli stessi 6 Km ma il regalo in arrivo è una bella tempesta di sabbia che rende a volte impossibile camminare (il vento è perfettamente contrario) e a volte anche solo vedere a 50 metri. Arrivo dopo tanta spinta al pueblito in cui mi ero fermato ma tutto è chiuso, il tempo fuori ha costretto in casa tutti, ma non un professore di scuola a cui mi avvicino con gli occhi semichiusi per riparami dalla sabbia. “Desculpe, puedo poner la carpa aqui acerca de la escuela?” “Claro, puedes ponerla aqui afuera que hay poco viento”. E' fatta!, rimango solo e trovo un posto alternativo. E' una casupola che funge da cucina per la scuola. Lo spazio dentro è perfetto per farci stare bicicletta e tenda e il forno è un ripiano perfetto per il fornello. Le operazioni di montaggio e cucina vengono osservate da una scolaretta che si era dimenticata il quaderno a scuola che si ritrova una curiosa novità davanti agli occhi. Prima che sia buio, è pronta la mia zuppa di vermicelli in cui immergo una empanada di formaggio, delizia! Completo la cena con una polpetta di mais con ripieno di riso e verdure ed una mela, poi metto in ordine e mi infilo nel sacco a pelo. Questa mattina la temperatura in tenda è di 3° e mi vesto al calduccio del sacco, esco con un bel sorriso e con calma smonto la tenda e preparo la bici. Mi aspettano “solo” 50 Km, i peggiori di questo viaggio boliviano. Stanno rifacendo la strada e molti tratti sono pietrosi, con calaminas onnipresenti. La bici sobbalza continuamente e la velocità diminuisce. Al lato della strada ci sono altre sterrate che si sono formate con il passaggio di auto e camion alal ricerca di alternative più praticabili. Quando riesco le imbocco, ma spesso finisco in mezzo alla sabbia, e spingere è faticoso sul serio. Dopo un'infinità di saliscendi e aver terminato l'acqua giungo a Salinas, meta di giornata, mi trovo da dormire, una doccia, pulisco gli ingranaggi della bici e faccio provviste in attesa della tappa più attesa. E ieri è sttato il giorno fatidico. Ho dormito poco perchè il pensiero andava sempre al Salar, alle tante volte che ho sognato di calpestare quei metri di sale. I primi 30 km sono un incanto. Viaggio da solo, intorno a me il nulla, davanti il vulcano Tunupa. Gli giro attorno, so che il Salar si trova ietro al vulcano ma la certezza della strda non l'ho mai. Mi fermo in un villaggetto in cui una signora un po' sorda mi conferma che la direzione è giusta. Comincio a salire spingendo sui pedali nei molti tratti di sabbia. Sono carico, non vedo l'ora di cominciare a vedere bianco. Il sentiero sin inerpica e mi trovo in uno scenario da mountain bike sul nostro appennino, solo con la bici carica. Ad una scuola di un villaggio sperduto mi fermo di nuovo a chiedere e vengo subito accerchiato da bimbi curiosi. Il maestro mi spiega per filo e per segno le possibilità che ho di visitare i luoghi a lui conosciuti, ed alla fine mi indica la strada da seguire. Con concitazione proseguo la salita fino a che non scorgo una linea bianca. Nuvole? Ma che nuvole, ci siamo. Mi si bagnano gli occhi, l'emozione è forte e mi si stampa sulla faccia un sorriso che non mi caverò più per tutto il giorno. Scendo a palla nel paesino a valle che attrverso in un attimo dirigendomi verso una striscia di terra che si immerge nel salar. Le piste si biforcano ma la mia è senz'altro quella dritta. Mangio una mela, inforco Bomba e mi lancio nella più bella incredibile pedalata della mia vita. Il Salar de Uyuni (o di Tunupa) è di un bianco accecante che si perde all'orizzonte, Intorno a me solo sale che si modella a formare esagoni. Impiego 2 ore per arrivare all'Isola di Incahuasi senza mai incrociare una macchina. Io e basta e mi sembra un sogno. All'Isola arrivano di continuo jeep da Uyuni piene di turisti che si cimentano in foto acrobatiche o in composizioni sfruttando la profondità del panorama. Come unico ciclista provoco la curiosità di un po' di gente che mi saluta, viene a fare 2 chiacchiere per sapere da dove vengo, che giro sto facendo, e stupendosi ad ogni risposta. Non essere vincolato a tour o a orari mi dà quella libertà di cui vado in cerca. Avrei voluto dormire in tenda, ma il ale è troppo duro e non ho nulla da mettere sotto la tenda che quindi ho paura si taglierebbe in piu' punti, e mi serve ancora parecchio. Mi faccio dare le chiavi del rifugio che ha una vetrata che spazia sul Salar, mi cambio e mi concedo una birra mentre osservo l'isola svuotarsi. Rimango solo io e qualche abitante del luogo che l'indomani riprnderà a vendere cibo e biglietti di ingresso all'isola. Unico inquilino mi faccio una passeggiata al tramonto sfidando un vento fortissimo che in questi giorni è sempre presente nel pomeriggio. Niente luce nel rifugio, mi godo dalla vetrata un cielo stellato illuminato da una luna quasi piena.


Stamattina alle 6 cominciano ad arrivare i primi turisti, io mi preparo e quando sto per partire... “gli occhiali?!? Porc!” Torno tra i cactus ma niente, forse mi sono caduti ieri sera, poco male, devo solo farmi qualche ora sul Salar con il sole che picchia da sopra e da sotto per riflesso... Mi incremo per bene, mi copro ogni parte del corpo e per ovviare alla mancanza degli occhiali creo una specie di berretto sotto al cappuccio della giacca. La pista è moto più scorervole di ieri e la velocità si mantiene sui 30 Km/h. Lo spettacolo è quello di ieri, ma tutto molto più aceccante :-) Alcune jeep si fermano per farmi una foto, un ragazzo corre per riuscire a farmi uno scatto anche lui, un gruppo di ragazze all'hotel de sal (fatto tutto di sale in mezzo al Salar) sono “impressed” quando dico loro che vengo da Lima. Insomma l'uomo in calzamaglia attira l'attenzione! Esco dal Salar con una scorciatoia consigliatami da una guida e di nuovo sabbia e calaminas che mi accompagneranno con continuità sicuramente fino alla fine del tragitto boliviano. Uyuni proprio non mi piace. L'idea era di fermarmi un giorno ma la sensazione non è quella giusta e domani si va. Sono stato al mercato a fare un po' di compere alimentari per rendermi indipendente per almeno un paio di giorni. Mi lascerò dunque alle spalle il Salar, un luogo che rimarrà scolpito nella mente per il resto della mia vita, soprattutto per come l'ho vissuto.

Per le foto cliccate a destra sulle foto. L'album e' Salar!!!!


Qua sotto un video di una pedalatina sul Salar...

domenica 14 novembre 2010

Arrivo ad Oruro e gitarella a Cochabamba

A La Paz la notiziona e' che per uscire dalla citta' che si trova in una buca, devo di nuovo risalire a El Alto, quindi di primo mattino, con il fresco, mi metto in sella e comincio a pedalare su questa stradona in cui i mezzi sfrecciano e le persone sbucano da ogni dove per prendere un autobus. Una volta domata anche questa salita la strada si fa bella pianeggiante, sull'altopiano a 3700 mt , un po' su e un po' giu' ma bello liscio fino alla mia meta di giornata, Patacamaya. Solo una tappa intermedia verso Oruro che raggiungo il giorno dopo. In strada faccio anche 2 incontri con altri biciclisti, Victor e Marie una coppia francese che ha un progetto legato al microcredito (http://www.cyclocredit.com/) e Sebastian Diaz un argentino che mi ha fatto assaporare l'accento che fra qualche settimana mi accompagnera' fino alla fine del mio viaggio. Sto pedalando bene, il sorriso non mi manca e decido di mettere a riposo Bomba e di andare a trovare la famiglia Restelli a Cochabamba. La cognata di Alberto abita qui ad Oruro e mi fa il favore di tenermi la bicicletta, cosi' che mi infilo su un bus e in 4 ore sono a CBBA (cosi' viene abbreviato il nome della citta') dove incontro subito Daniele. Lui e sua moglie Elisa (http://www.iltarloboliviano.it/), che e' fisioterapista, sono in Bolivia da Gennaio 2010 e contano di restarci fino alla meta' del 2012 in una missione della diocesi di Bergamo. Elisa si occupa di fisioterapia sia in alcuni centri che a casa delle persone, alcune delle quali ho potuto conoscere ieri pomeriggio. Daniele lavora con i detenuti che ora stanno producendo biglietti natalizi gia' "ordinati" dall'Italia. Hanno poi in piedi il progetto di costruzione di un laboratorio per la produzione di carrozzine per disabili e la consegente formazione di personale locale che poi se ne occupi direttamente. La famiglia Restelli e' completata da Alessandro ed Irene, 2 bimbi felici che stanno sperimentando la diversita' e l'integrazione culturale. Crescere in un contesto "meno viziato" come e' sicuramente quello boliviano li arricchira' tanto come penso stia facendo con i loro genitori, premiandoli per la bella scelta che hanno fatto di trasferirsi per un tratto di vita in Bolivia. Davvero una bella famigliola a cui auguro un bell'avvenire.
A me invece il futuro riserva il tanto ambito Salar de Uyuni , una delle mete piu' attese del viaggio, che conto di raggiungere e attraversare nei prossimi 5-6 giorni lasciando l'asfalto per tornare allo sterratone che mi accompagnera' per un bel po'.
Non vedo l'ora di avere qualche metro di sale sotto le ruote!!!

Clicca sulla foto qui sotto per vederle tutte

mercoledì 10 novembre 2010

Bolivia!

E la prima frontiera è andata! L'emozione di avvicinarsi alla fine della prima parte di questo fantastico viaggio. Mi piace pensarlo diviso in 4 parti: Il Peru' con la sua cultura e le sue tradizioni, la Bolivia con la natura nella sua espresione più grandiosa, il nord dell'Argentina con le sue distese sconfinate e naturalmente la Patagonia che nel mio immaginario non ha bisogno di aggettivi. Al controllo boliviano quando mi chiedono quanto voglio restare faccio "se mi dai 60 giorni li prendo" e la risposta è stata un bel timbro sul passaporto. La notte arrivo a Copacabana, questo posto costruito per i turisti che una volta magari viveva di pesca e oggi vede pullman carichi di dollari arrivare in continuazione. Il mattino dopo parto presto con l'intenzione di farmi i "miei" 70 kilometri. I primi 40 kilometri sono di montagna e mi regalano i primi scorci su montagne innevate che mi bagnano gli occhi. In mezzo attraverso lo stretto di Tiquina. Io e Bomba saliamo su un affare di legno e una signora che sta su una macchina si fa il segno della croe poi si gir verso di me, mi indica in basso da dove filtra un po' d'acqua e mi dice di dire qualcosa al guidatore. "Ma va là sgnoura!". Dopo 70 kilometri mi fermo in un posto dove non c'è nulla per dormire. E' mezzogiorno, la strada ha un asfalto particolarmente liscio, mi dicono che non pioverà... che faccio? Via a pedalare con buona media e in 3 ore mi accoglie El Alto, il quartiere-città che sorveglia dall'alto la capitale. Dopo uno slalom di 40 minuti in questa zona popolare arrivo al desvio per La Paz L'emozione anche in questo caso è grande, vedere la città li, immensa, che ti appare di colpo.. Mi fiondo in un downhill di 400 metri su asfalto che mi spara dritto in centro dove mi trovo un qualunque albergo e contatto subito Alberto di GVC per sapere se hanno qualcosa in pentola per me. Il giorno dopo i ragazzi di GVC mi riservano un'accoglienza fantastica, di quelle che sei già amico di tutti dopo 10 minuti. Alberto in pochissimo tempo mi ha organizzato insieme agli altri 3 interviste con TV nazionali e locali e una radio. Mi "danno" un tecnico che mi aggiusta il PC che era andato in crash e mi stanno vicino per qualunque problema abbia. Davvero garzie ragazzi!
Il livello delle TV questa volta è stato molto alto anche perchè mi trovo nella capitale, e di questo devo ringraziare Gianfranco di Abancay che mi ha fornito il contatto. E' stata l'occasione per parlare di Sahara Occidentale, della sua storia, per creare curiosità ed interesse verso questo popolo. Per parlare degli ultimi gravi accadimenti di El Ayoun di cui qui non arriva nulla e ho trovato l'interesse dei conduttori. Mi sono poi anche divertito a vedermi nello studio con la divisa ufficiale del viaggio. Per chi non lo sapesse è la maglietta da ciclista di Fisioterapisti senza Frontiere (unica copia!!!!!), e il suo giallo accende l'allegria.

Questi 2 giorni sono stati molto intensi per me e per Franco Barron Quiroga, il ragazzo che mi sta aiutando nelle riprese video e nella realizzazione di un filmato professionale che è per me uno splendido regalo. Ieri notte siamo andati a letto all'una e questa mattina la prima intervista era alle 7 alla sede della TV, quindi necessità di un po' di riposo. E invece vengo svegliato alle 5 da rumori provenienti da un altra camera nel mio piano. Urla, mobili spostati, porte sbattute, gente che corre per le scale... fino a un vetro in frantumi. Ormai svegliato mi preparo e quando scendo per andarmene all'intervista c'è un tipo cubano placcato da 3 uomini dell'albergo che tenta di recuperare la valigia che la moglie aveva lanciato contro la finestra distruggendola. Dopo una colluttazione avvenuta mentre io montavo le borse, riesce ad andarsene con la valigia, ma il genio lascia il suo passaporto. Vorrà dire che tenterò di riposare stasera, anche perchè dopo 2 giorni e mezzo che sono fermo ho una gran voglia di rimettermi sui pedali.

giovedì 4 novembre 2010

Persone verso l'altopiano

A chiunque passasse per Cusco, consiglio di andare a trovare Vittoria che riserva un'accoglienza "alla buona", di quelle da farti sentire a casa dopo 5 minuti. Soldi spesi bene quelli nel suo albergo, ad aiutare il progetto CAITH (Centro di appoggio integrale per le lavoratrici domestiche). Mentre ero li ho conosciuto anche Bridgette una terapista comportamentale canadese che lavora in tutto il mondo (Kuwait, Bangladesh, Monaco, Canada, Arabia Saudita...) nella cura dell'autismo. Incontro molto interessante, sia per la modalità di lavoro che la porta a essere chiamata un po' da ogni parte del pianeta, e poi per la passione con cui raccontava ad esempio dell'ottima impressione che le aveva lasciato una collega di Lima di cui aveva osservato il lavoro nelle settimane precedenti. Se passa dalle mie parti ha già i riferimenti di AXIA, se vuole venire a vedere cosa facciamo noi. Il giorno di riposo a Cusco l'ho passato andando in visita a Moray, un sito Inca a qualche decina di Km da Cusco. Diciamo che mi sono piaciute di più le saline e la bella passeggiata a piedi per arrivarci. Poi dopo 20 giorni avevo voglia di salire sui bus locali.
Prima di partire decido che è ora di rendere meno austera e più simpatica Bomba e varo uno storico cambio di look...
Dopo un giorno di stop le gambe già fremevano e da Cusco al passo La Raya (4300 mt.) è stata una dolce salita che mi ha portato sull'altopiano a 3900 mt. Qui cambia tutto, la strada diventa un rettilineo infinito che segue le sinuosità della montagna La velocità aumenta e anche i kilometri percorsi. Mi muovo sulla mappa come una scheggia, a differenza delle centinaia di kilometri macinati su e giù per le montagne che si traducevano in pochi cm sulla mappa. Cambia il tempo, che qui sull'altopiano è terso, senza una nuvola, con un sole cocente ed un aria fresca che mitiga la cottura. Si pedala ben coperti, specie alla mattina quando la temperatura si aggira attorno ai 10°C.
Pedalando sull'altopiano il 2 di Novembre trovo cimiteri affollati. La cerimonia qui è del tutto particolare. Le famiglie si riuniscono sulla tomba del defunto e la coprono con tutto quello che a lui piaceva quando era in vita. Poi si fermano a mangiare e bere insieme nel ricordo di chi noon c'è più.
Ieri mentre pedalavo di buona lena, a Juliaca un signore mi dice "el tu amigo està adelante"... Capisco subito che davanti a me ci deve essere un altro ciclista e aumento la frequenza. Lo vedo in lontananza ma pedala alla grande, tanto che lo raggiungo dopo una decina di kilometri. E' Matt Kelly (www.pedalpanam.com) che, partito dall'Alaska ha un itinerario un po' ingarbugliato a causa dell'arrivo di un amico in Sudamerica e dell'organizzazione dell'incontro che non è esattamente sulla sua rotta.
All'ultima salita verso Puno, lo vedo sparire davanti a me. Con già 130 Km nelle gambe non ce la faccio a stargli dietro, poi la ruota posteriore sfrega e va regolata, quindi stancamente arrivo in fondo alla salita e piombo su una festante Puno che celebra il 4 di Novembre l'anniversario della fondazione della città. Mi trovo un bell'alberghetto con la connessione wi-fi per riposarmi un giorno. Ieri sera mi sono trovato il consueto ristorante vegetariano per una mangiatina e poi ho assistito alla sfilata dei diversi gruppi folkloristici in città. Oggi invece mi sono svegliato all'alba e dopo colazione ho portato Bomba dal dottore. E' stato un mago nel centrarmi la ruota posteriore attarverso un lento lavoro di regolazione dei raggi. Aveva una pompa che in qualche modo abbiamo regolato perchè funzionasse sulle mie camere d'aria, e poi colpo di magia, ha costruito da un vecchio "coprolino" di una camera d'aria, un adattatore per le mie camer in maniera che ora posso gonfiare le ruote ad ogni distributore!!!!!
Me ne sono tornato tutto tronfio all'albergo e sono ripartito per il porto per vedere di andare a farmi un giro in barca. Sono andato a visitare le isole galleggianti di Uros, costruite con una tecnica ingegnosa con le radici e la pianta di totora.
Domani si parte in direzione Bolivia, mancano solo 140 Km all'uscita dal Peru, che tanto mi sta dando.
Nel frattempo dopo le interviste di Abancay (qui sotto c'è la prima che ho fatto), è uscito un
articolo su "un ciclista italiano :-)" sul quotidiano di Cusco






domenica 31 ottobre 2010

Bomba! Bomba!

Mi hanno inculato la bici!!!! Arrivo a Cusco, entro in una tienda dove si fanno le telefonate, appoggio Bomba al muro tenendola sempre d'occhio. Mi giro per pagare e quando esco la bici non c'è piu'. Panico! Comincio a correre, la gente mi indica dove sta andando il ladro. Lui pedala e io a piedi, poi mi si affianca Gerard, un ragazzo peruviano che comincia a urlare "vai di la' che io vado di qua" e cminciamo a correre, ma i Km nelle gambe si fanno sentire e faccio fatica. Gerard è determinato, corre come un matto e non so come faccia non perde mai di vista il ladro. All'impazzata ci mettiamo in mezzo alla strada per fermare le macchine e farci aiutare con un passaggio. Finalmente uno si ferma e saliamo. Io continuo a non vedere nulla, ma Gerard ha sempre il ladro nel mirino, fino a un punto in cui prende una salita, e li col cambio che c'è su comincia a rallentare, scendiamo e gli corriamo dietro, quando si accorge di avere Gerard dietro molla la bici e sparisce in una via secondaria. Ci abbracciamo, io e il mio angelo custode, spuntato fuori dal nulla con una determinazione mai vista. Gli do un biglietto da 50 soles e un ringraziamento grosso una casa, senza di lui ciao ciao Bomba... Gerard Gamarra, aggiusta le biciclette ed era appena tornato da un giro in Europa, tra cui anche Roma, per andare dai genitori della morosa rumena. GRANDISSIMO!!!!!!!
La telefonata la stavo facendo a Christian, un ragazzo che lavora qui a Cusco in un centro dove si cerca di dare un futuro a ragazzine che per tradizione vengono a Cusco giovanissime a lavorare. Mi ha portato da Vittoria, una signora molto energica di Torino che è a capo del progetto ed ha un albergo, quello in cui mi trovo in questo momento. Senza tralasciare nulla diciamo che 2 giorni fa ad Abancay ho fatto 2 interviste a 2 TV locali di Abancay (appena riesco le metto sul blog) grazie al lavoro di Gianfranco (in Peru da 9 anni per il GVC) che mi ha riservato una splendida accoglienza. Mi ha fatto un po' strano parlare di Sahara Occidentale dall'altra parte del mondo a un pubblico all'oscuro del tema, comunque è stato carino nei 2 studi inversare davanti alle telecamere.
A parte l'inconveniente di questo pomeriggio, qui a Cusco rimarrò anche domani per andare a visitare un sito che mi hanno detto essere molto bello. Non andrò invece a Machu Picchu. Sono stato incerto fino all'ultimo ma ora come ora non mi va di infilarmi nel piu' grande trappolone per turisti del sudamerica. Pensate che la società che gestisce l'escursione a Machu Picchu, voleva fare saltare un ponte che permetteva a turisti intraprendenti di arrivarci per una via secondaria. Avrebbe comportato l'isolamento di una ventina di comunità. Anche Vittoria mi consiglia di saltarlo per la ressa e per il fatto che sembra che si sia quasi obbligati ad andarci se si arriva a Cusco, e io sono d'accordo. Qui in Peru sto vivendo un'esperienza speciale, in mezzo ai paesini, con la gente, con panorami mozzafiato. Mi sta dando tanto e tanto mi darà, per cui domani un bel trekking a fianco della cordillera blanca e poi si parte verso il lago Titicaca!

giovedì 28 ottobre 2010

Fine dello sterrato peruviano

A volte sono i posti piu' inaspettati a regalare qualche perla. Dopo circa 3 ore di buona pedalata da Andahuaylas in direzione di Abancay e soprattutto di un cielo nero sul serio, ho cominciato ad entrare nelle nuvole e a vedere, da dentro, i primi lampi e tuoni. Poi verso la cima (4100 metri) ha cominciato a piovere di brutto, tra l'altro con freddo e vento e di mezzo pure i lavori in corso con tutto il fango che ne consegue. Inizio nella nebbia la discesa con le mani intirizzite e il corpo sudato che non riusciva a scaldarsi. “Hay un pueblito mas abajo?” andavo chiedendo, e tutti mi dicevano di proseguire. In mezzo alla bruma arrivo a Kishuarà con l'intento di farmi una tazza di caffe' e decidere poi sul da farsi visto che era ancora presto. Entro dentro un “ristorante” e come almuerzo hanno una zuppa di verdure (miracolosamente con prezzemolo al posto del coriandolo) e arroz a la cubana, cioe' riso con platano fritto e un uovo sopra. Cosi' metto qualcosa di caldo nello stomaco e poi vado alla ricerca di un hospedaje. Ne trovo uno (ce ne sono 2) molto ma molto spartano, con una divisoria in compensato che mi ricorda tanto una stanza in cui avevo dormito a Managua una vita fa. Mi asciugo, di doccia non se ne parla nemmeno, poi mi vesto bene e me ne vado in mezzo alla nebbina a esplorare il pueblito che non ha niente di interessante e proprio per questo rappresenta alla perfezione il tipico paesino andino. Mentre giro, ho voglia di fare 2 chiacchiere, poi è presto , allora mi fermo a guardare un gruppetto di persone che stanno attaccando un insegna ad una casa. Il bottone si attacca subito, iniziamo a chiacchierare andando avanti per ore (sarebbe meglio dire che ho chiacchierato per ore, viste le molte domande) con una famiglia peruviana curiosissima. Mi hanno detto che era la prima volta che avevano avuto il piacere di parlare con uno straniero e conoscere un mondo così diverso come quello da cui provengo, spesso gli stranieri che incrociano non parlano spagnolo. Mi hanno chiesto consigli su come poter fare per far arrivare la propria figlia in Italia a lavorare. I peruviani per uscire dal loro Paese mi è stato raccontato che devono pagare per la VISA circa 8000 euro, il che rende molto difficile l'uscita dal Paese.

Oggi invece il tempo è decisamente migliorato e dopo una notte nella mia stanzetta a 9°C, ho iniziato a percorrere la discesona che mi ha portato al termine di questi durissimi ma anche indimenticabili 600 Km di sterrato. D'ora in poi asfalto fino in Bolivia, tante salite ancora mi aspettano, la prossima a 4900 mt, ma almeno Bomba avrà sotto le sue ruote un terreno che la lascerà un po' piu' tranquilla. Il conto di tutto lo sterrato e' stata la perdita di un perno di un pedale, qui difficilissimo da trovare (ma la soluzione trovata è stabile) e oggi di un pezzo fondamentale, di cui avevo comunque un ricambio, ma che per miracolo ho ritrovato in mezzo alla strada. Domani mi fermo per un giorno per conoscere Gianfranco, un italiano che vive qui ad Abancay. Con lui forse si farà un'intervista per una TV locale (mo pensa te?!??!)


martedì 26 ottobre 2010

Su e giu' su e giu'..

Il Peru di queste prime 2 settimane, quello interno, quello dei piccoli paesini sparsi qua e la sui monti e' un Paese che vive di agricoltura e soprattutto di allevamento. Per strada e' facile doversi fermare per lasciar passare un gruppo di maiali, di vacche, di cavalli, di asini, di pecore e capre. Mentre questa realta´rurale provede con il suo ritmo da centinaia di anni, intorno qualcosa succede. L´alfabetizzazione sembra procedere, almeno e' scritto su una quantita´sterminata di case. Le infrastrutture mancano ma si stanno costruendo, cosi´le strade vengono asfaltate anche se con ritmi che non sembrano essere frenetici. Si sta diffondendo lénergia elettrica e l´acqua potabile. Non si puo´paragonare alla Svizzera ma di spazzatura in giro ce n´e' molto poca.
Naturalmente stiamo parlando di un Paese in via di Sviluppo in cui i bambini spesso portano al pascolo gli animali, fanno il pieno di benzina ai clienti o gestiscono un negozietto alimentare. In cui ancora si vedono topi a pancia all´aria di fianco alla strada, e si respira benzina a pieni polmoni un po´ovunque.
Negli ultimi giorni la bassa quota e le giornate di pieno sole mi hanno costretto a spalmarmi di crema solare protezione 60.. Poi e' stato un continuo salire e scendere di 1000 metri ogni giorno godendo dello spettacolo del panorama a 4000 metri e rompendomi il culo nelle discese. Per questo mi sono dotato di un pratico tubetto di Diclofenac con cui mi sono massaggiato quella porzioncina di ciccia tra gli ischi e il sellino. Ora sono ad Andahuaylas e mancano 140 Km alla fine di questi 600 Km di sterrato. Poi finalmente l'asfalto, liscio, comodo, uniforme, compatto...

sabato 23 ottobre 2010

Dal freddo al caldo

"De freeeeente!!!" e' quello che ti dicono lanciando il braccio in avanti tutte le volte che chiedi un'informazione, anche perche' di strade non ce n'e' tante. Da Pampas con una pioggia incessante, dopo pensare e ripensare sul da farsi mi son detto che il problema in ogni caso non sarebbe stata la pioggia ma il fango, e che l'indomani il fango sarebbe stato lo stesso. Quindi mi sono impermeabilizzato e via! lungo una striscia di terra che sale fino quasi sopra le nuvole. Durante la salita la pioggia si e' attenuata e sono arrivato in un pueblito in cui mi sono fatto un dolcetto e un caffe'. Li mi hano detto di stare attento quando arivavo in cima e mimando il gesto della pistola. Sentito questo ho pensato che al limite mi sarebbe potuto servire un passaggio e intanto ho continuato la salita. Questa e' la regione una volta roccaforte di Sendero Luminoso e non mi andava di correre rischi, cosi' a un bivio mi ha raggiunto un camion, ed insieme a Feliz e Mary abbiamo percorso i 20 kilometri "rischiosi?" con Bomba caricata dietro in mezzo a frutta e verdura. Poi le nostre strade si sono divise e non e' rimasto altro, vista l'ora tarda (le 17) di cercarmi un posto dove piantare la tenda. E' cose' che ho passato una notte a 4300 metri, con montagne innevate davanti a me e un cielo che si scuriva, mentre il vento si stava alzando. Una zuppa con dentro quello che avevo con me (riso, formaggio fresco e un composto di soia e avena) e poi dentro il sacco a pelo. La mattina seguente mi sono goduto un'alba spettacolare dopo aver passato una notte con 1 grado nella tenda al calduccio nel mio sacco. Svegliarsi la mattina in questo posto fantastico ed essere soli e' stata davvero un'emozione forte. Poi sono sceso di 2000 metri tra bimbi in divisa che andavano a scuola nei piu' remoti dei paesini, gruppi di lama, laghetti, fino a raggiungere i 2000 metri attraverso un bosco di piante grasse in cui sembrava di stare dentro un film western. Arrivo a Huanta proprio mentre comincia a diluviare. Ora sono ad Ayacucho, definita come la perla del Peru' e devo dire che e' un posto molto attraente, con una vitalita' che contagia, poi con 25-30 gradi si sta muy bien. Domani si parte alla volta di Abancay per 370 Km di strada sterrata che sranno gli ultimi in Peru. Il resto e' asfaltato, con buona pace delle mia gambe :-) Tutte le volte che mi fermo a scrivere sul blog mi carico un sacco leggendo i commenti e sapendo che tanti amici mi stanno seguendo in questo viaggio che qui definirebbero in un solo modo "TONTERIA"....

mercoledì 20 ottobre 2010

Uno si porta le mappe...

Ieri sono arrivato a Huancayo, attraverso lunghi rettilinei piuttosto monotoni. Il benvenuto in citta' mi e' stato dato dal consueto sovraffollamento i minibus, taxi, ambulanti, polvere e gas di scarico. Dopo una decina di richieste di informazioni su dove fosse il centro alla fine ci sono arrivato e ho cominciato a dare un occhio in giro alla ricerca di un hospedaje e me ne sono trovato uno con il patio in cui conservare Bomba. Huancayo e' una citta' che non consigliereiper una visita in Peru, niente attrattive particolari e poi ha fatto un gran freddo. Coincidenza ha voluto che ci sia arrivato il giorno 18 di Ottobre che in Peru e la festissima del "Senor de los milagros" (indovinate chi e'...) . E' una festa che si celebra ogni ottobre nei giorni 8, 18, 28 e 31 e si porta a spasso in processione un'immagine sacra spargendo incenso e attraversando lungo il percorso delle composizioni fatte cn polvere colorata con soggetti religiosi. Me ne sono guardato un po' poi faceva freddo ed ero uscito coi braghini. Su internet le previsioni davano acqua fino a giovedi, quindi mi sono preparato di conseguenza il vestitino per il giorno dopo. Oggi sono partito di buon ora e dopo 10 Km mi sono inerpicato fino ad Abra Telleria (Abra vuol dire passo) a 3900 m., poi giu' in discesa col sorriso fino a un bivio in cui entrambe le strade andavano bene, allora chiedo un consiglio a un ragazzo che era li in attesa di un passaggio su quale fosse la migliore delle 2. Io mi ostino a chiedere info, lo so, sono testardo, conscio che le informazioni che mi daranno saranno completamente sbagliate ma lo faccio lo stesso. Ho una mappa del Peru, tedesca, che segna il passo Telleria a 3900 e non segna quello che mi sono dovuto ciucciare (l'avrei fatto comunque, ma a saperlo mi preparavo) a 4300 metri tutto su sterrato e per la bellezza di 22 Km di salita che mi sono fatto un po' pedalando, un po' a spinta, poi ho preso un po' dell'integratore in foglie e stavolta mi ha aiutato almeno nel diminuire l'affanno per la quota. Il tempo per fortuna ha retto, pure quando alla nuvola nera ci sono entrato dentro..
Mentre scendevo di altri 1000 metri tutto su sterrato ho incontrato un gruppo di persone attorno a un bus che si era ribaltato qualche giorno fa. Lo stavano smontando. Qui i choffeur rischiano la vita per guadagnare 5 minuti. Mah!


lunedì 18 ottobre 2010

Cani, mantra, soroche e tanto altro

Gli ultimi giorni sono passati in un Peru' di minatori, salendo, salendo, salendo, continuamente. E' una questione mentale, recitare un mantra che ti faccia tenere il ritmo, concentrazione e mai guardare avanti perche' scoraggerebbe. Qui la montagna si sale senza tornanti, solo lunghi drittoni con una pendenza costante. Da Lima al livello del mare fino a quasi 5000 m. E poi i cani, li vedi che ti guardano da lontano con la schiena e le orecchie dritte e sai gia' che cercheranno di azzannarti un polpaccio. Anche Obes mi aveva parlato del problema ma fortunatamente mi aveva anche passato una soluzione, quela di dotarmi di un bastone da agitare durante l'attacco. E devo dire che funziona, alcuni neanche lo estraggo, ma qui non ci sono solo i soliti cani "da terzo mondo", qui oggi mi e' corso dietro un rotweiler...
Comunque con questo trucco mi difendo bene, anche se quando sei in salita e non ce la fai, dover accelerare un po' sfianca. Un amico di Brescia mi aveva consigliato i petardi...
La salita e' stata estenuante e venerdi, proprio non ce la facevo piu' neanche ad arrivare al paesello che si trovava 200 metri sopra di me e ho chiesto ad un gruppetto se potevo piantare la tenda da qualche parte, e mi sono stabilito davanti a una cappelletta dove poi e' venuto a trovarmi un gruppo di studenti che vengono qui da tutto il Peru per sostenere un esame per diventare minatori, quindi tecniche, sicurezza ecc. Abbiamo chiacchierato naturalmente di me, di cosa ci faccio li ed immancabilmente del come faccio a sovvenzionarmi che qui va assolutamente per la maggiore. Tutti molto curiosi di sapere il costo delle cose.

Ieri sera invecemi sono fermato a Casapalca, a 4200 m. Nella mia stanza (8 gradi), con la TV via cavo e addirittura l'acqua calda mi sono messo a letto presto, poi la testa ha cominciato a pulsare al ritmo del cuore, poi un po' di vomito, poi febbre, allora ho preso un'aspirina, ma gia' sapevo quale era il problema, allora sono sceso e ho chiesto "tienes algo en contra del soroche?" Mi ha dato una pastiglietta contro il mal di montagna, ho pasato una notte a rvoltarmi nel sacco, ma stamatina stavo abbastanza bene, anche se ancora un po' sentivo la testa battere, e siccome oggi dovevo salire fino a 4818, ne ho ingurgitata subito un'altra e mi sono dotato di un sacchettino di foglie di coca che mi sono ficcato in bocca ma, a parte il gusto amaro, non mi hanno fatto granche'. Sono stati 15 Km di salita in rarefazione di ossigeno che mi hanno costretto a piu' soste e alla fine a spingere a piedi, ma quando sono arrivato in cima, beh li c'e' stata emozione. Tutto bardato (5 gradi la temperatura in vetta) mi sono fiondato nella mia prima discesa di questo viaggio con l'idea di fermarmi a La Oroya, ma siccome oggi c'era una festa, alla prima pensioncina a cui ho chiesto mi han detto che erano pieni. Era mezzogiorno, ho proseguito e mi sono ritrovato a pedalare in un contesto favoloso, incastonato tra le montagne, con il Rio Mantaro che scorreva alla mia destra, con gli immancabili clacson di saluto dei camionisti, con gli "Hola" dei bambini, passando pedaggi sempre a fianco del blocco di pagamento. Un po' di pioggia tropicale, tanta in poco tempo, giusto per sommare tutti i climi in un giorno solo visto il ghiaccino preso stamattina.
Mi sono fermato in un posto che si chiama Llocllapampa, dove la signora che ha il negozio da cui sto scivendo mi ha detto che mi poteva ospitare. La sistemazione si direbbe che "lascia un filo a desiderare", ma non ci sono problemi, dentro al mio sacco a pelo tutto passa :-)

venerdì 15 ottobre 2010

Chosica

Chosica e' una cittadina tranquilla a 850 metri (tranquilla per gli standard peruviani) in cui tutto scorre rilassato, c'e' un bel parco verde pieno di gente accarezzato da una brezzina fresca. Si perche' va detto che passare dal freddo di Lima al caldo di qua sembra proprio un controsenso visto che mi sono alzato di quasi 1000 metri, ma mi hanno spiegato che a Lima la corrente che arriva dal mare e porta freddo, si ferma contro le montagne e quindi quando a Lima e' inverno, in montagna e' estate... che storia. Fatto sta che questa mattina, dopo aver regolato il cerchioo posteriore che ballava, sono partito per affrontare la strada, e che strada, visto che ci ho messo piu' di un'ora per uscire da Lima, come sempre allertato da qualcuno su possibili pericoli. "Cuidado" me lo sono sentito dire gia' una decina di volte da quando sono arrivato. Naturale che sto attento, ma mi sembra un po come quando ti dicono di andare piano in macchina o di stare attento quando viaggi come se non lo facessi di tuo. Comunque oggi e¡ stato il primo emozionante giorno di pedalata che mi ha portato a lasciarmi alle spalle una citta' di una decina di milioni di abitanti per salire lentamente fino a qui. Gli autobus e i minibus ti sfrecciano di fianco e ti tagliano la strada per caricare chiunquedal marciapiede alzi anche solo un dito, ma sono bravi, hanno un'ottima mira, o meglio un'ottima misura (meglio non fare il bersaglio..) Polvere e benzina sono stati gli odori di oggi e credo che si diraderanno sempre piu' man mano che saliro'. Oggi dormo in un alberghetto da 5-6 euri con Bomba in camera con me, in cui mi sono fermato con la necessita' del bagno, impellente, ma proprio molto molto impellente. Il cambio di cucina si fa sentire, ma un po' di vitamine e un po' di frutta con lo yogurth hanno gia' rimesso tutto a posto. Domani punto Matucana a 2500 metri, ma adesso vado a spararmi una birretta.


Strada con pedaggio (non per me)


Pranzetto con zuppa di verdure e insalata con riso